Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Il cervello è 10 volte più attivo di quello che si pensava

Il cervello è 10 volte più attivo di quello che si pensava

Un nuovo studio eseguito alla University of California di Los Angeles potrebbe cambiare la comprensione degli scienziati di come funziona il cervello, e potrebbe portare a nuovi approcci per il trattamento di disturbi neurologici e per lo sviluppo di computer che 'pensano' in modo più simile agli esseri umani.


La ricerca si è focalizzata sulla struttura e funzione dei dendriti, che sono dei componenti dei neuroni, le cellule nervose nel cervello. I neuroni sono grandi strutture ad albero, composte da un corpo (soma) con numerosi rami chiamati dendriti che si estendono verso l'esterno. Il soma genera impulsi elettrici brevi chiamati 'picchi' che lo collegano, e gli permettono di comunicare, con altri neuroni. Gli scienziati in generale credevano che i picchi somatici attivassero i dendriti, che quindi inviassero passivamente la corrente al soma di altri neuroni, ma finora questo non era mai stato testato direttamente.


Questo processo è la base della formazione e dell'immagazzinamento dei ricordi, e gli scienziati credevano che fosse il ruolo primario dei dendriti. Ma il team dell'UCLA ha scoperto che i dendriti non sono solo condotti passivi. La loro ricerca ha dimostrato che i dendriti sono elettricamente attivi negli animali che si muovono liberamente, generando quasi 10 volte il numero di picchi del soma. La scoperta sfida la convinzione che sono i picchi nel soma il modo principale in cui avviene la percezione, l'apprendimento e la formazione della memoria.


"I dendriti costituiscono oltre il 90 per cento del tessuto neurale", ha detto Mayank Mehta, neurofisico dell'UCLA e autore senior dello studio. "Sapere che sono molto più attivi del soma cambia radicalmente la natura della nostra comprensione di come il cervello elabora le informazioni. Potrebbe aprire la strada alla comprensione e al trattamento di disturbi neurologici, e allo sviluppo di computer simili al cervello".


La ricerca è pubblicata nel numero dello scorso 9 marzo della rivista Science.


Gli scienziati in genere credevano che i dendriti inviassero semplicemente la corrente ricevuta dalla sinapsi della cellula (la giunzione tra due neuroni) al soma, che a sua volta genera un impulso elettrico. Quelle brevi raffiche elettriche, chiamate picchi somatici, erano ritenuti il centro dell'elaborazione neurale e dell'apprendimento. Ma il nuovo studio ha dimostrato che i dendriti generano i loro picchi 10 volte più spesso rispetto al soma.


I ricercatori hanno anche scoperto che i dendriti generano grandi fluttuazioni di tensione in aggiunta ai picchi; i picchi sono eventi binari, tutto-o-niente. Il soma genera solo picchi tutto-o-niente, proprio come fanno i computer digitali. Oltre a produrre picchi simili, i dendriti generato anche grandi tensioni che variano lentamente, che sono ancora più grandi dei picchi, il che suggerisce che i dendriti eseguono un calcolo analogico.


"Abbiamo scoperto che i dendriti sono ibridi che fanno calcoli sia analogici che digitali, che sono quindi sostanzialmente diversi dai computer puramente digitali, ma in qualche modo simili ai computer quantistici che sono analogici", ha detto Mehta, professore di fisica e astronomia, di neurologia e neurobiologia all'UCLA. "Una convinzione fondamentale nel campo delle neuroscienze è che i neuroni sono dispositivi digitali: generano un picco o no. Questi risultati mostrano che i dendriti non si comportano puramente come un dispositivo digitale. I dendriti generano picchi digitali, tutto-o-niente , ma mostrano anche ampie fluttuazioni analogiche che non sono tutto-o-niente. Questo è uno scostamento importante da quello che i neuroscienziati credono da circa 60 anni".


Poiché i dendriti sono quasi 100 volte più grandi in termini di volume dei nuclei neuronali, secondo Mehta, il gran numero di picchi dendritici potrebbe implicare che il cervello ha una capacità di calcolo più di 100 volte superiore a quanto si pensava finora.


Studi recenti su porzioni di cervello hanno dimostrato che i dendriti possono generare picchi, ma non era chiaro se accade durante il comportamento naturale, né quanto spesso. La misurazione dell'attività elettrica dei dendriti durante il comportamento naturale finora era difficile perché sono molto delicati: negli studi con ratti di laboratorio, gli scienziati hanno scoperto che l'applicazione di elettrodi ai dendriti stessi, mentre gli animali si muovevano, in realtà uccideva le cellule. Ma il team dell'UCLA ha sviluppato una nuova tecnica che prevede il posizionamento degli elettrodi vicino ai dendriti, invece che direttamente su di loro.


Con questo approccio, gli scienziati hanno misurato l'attività dei dendriti per un massimo di quattro giorni nei ratti che potevano muoversi liberamente all'interno di un grande labirinto. Prendendo le misure dalla corteccia parietale posteriore, la parte del cervello che ha un ruolo chiave nella pianificazione del movimento, i ricercatori hanno trovato molta più attività nei dendriti che nel soma, un numero di picchi circa 5 volte maggiore mentre i ratti dormivano, e fino a 10 volte di più quando stavano esplorando.


"Molti modelli precedenti presupponevano che l'apprendimento avvenga quando i corpi cellulari di due neuroni sono attivi allo stesso tempo", ha detto Jason Moore, ricercatore post-dottorato dell'UCLA e primo autore dello studio. "I nostri risultati indicano che l'apprendimento può avvenire quando il neurone che invia il segnale è attivo nello stesso momento di un dendrite, e potrebbe essere che diverse parti di dendriti siano attivi in ​​tempi diversi, il che suggerirebbe molta più flessibilità nel modo in cui l'apprendimento avviene in un singolo neurone".


Esaminare il soma per capire come funziona il cervello ha fornito un quadro di riferimento per numerose questioni mediche e scientifiche, dalla diagnosi e trattamento delle malattie a come costruire i computer. Ma, secondo Mehta, tale quadro si basa sulla comprensione che è il corpo cellulare a prendere le decisioni, e che il processo è digitale.


"Quello che abbiamo trovato indica che tali decisioni vengono prese molto più spesso nei dendriti che nel corpo cellulare, e che tali calcoli non sono solo digitali, ma anche analogici", ha detto Mehta. "A causa di difficoltà tecnologiche, la ricerca sulle funzioni del cervello è in gran parte concentrata sul corpo cellulare. Ma abbiamo scoperto la vita segreta dei neuroni, in particolare nei vasti rami neuronali. I nostri risultati cambiano notevolmente la comprensione di come calcolano i neuroni".

 

 

 


Fonte: Dan Gordon in University of California - Los Angeles (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Jason J. Moore et al. Dynamics of cortical dendritic membrane potential and spikes in freely behaving rats. Science, March 2017 DOI: 10.1126/science.aaj1497

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

LATE: demenza con sintomi simili all'Alzheimer ma con cause diverse

3.05.2019 | Ricerche

È stato definito un disturbo cerebrale che imita i sintomi del morbo di Alzheimer (MA), ...

Chiarito il meccanismo che porta all'Alzheimer e come fermarlo

30.08.2017 | Ricerche

Nel cervello delle persone con Alzheimer ci sono depositi anomali di proteine ​​amiloide-beta e ​...

Studio cinese: 'Metti spezie nel tuo cibo per tenere a bada l'Alzhei…

13.01.2022 | Ricerche

Proprio come 'una mela al giorno toglie il medico di torno', sono ben noti i benefici di...

Scoperta nuova causa di Alzheimer e di demenza vascolare

21.09.2023 | Ricerche

Uno studio evidenzia la degenerazione delle microglia nel cervello causata dalla tossicità del ferro...

Menopausa precoce e terapia ormonale ritardata alzano il rischio di Alzheimer

17.04.2023 | Ricerche

Le donne hanno più probabilità degli uomini di sviluppare il morbo di Alzheimer (MA), e ...

I ricordi perduti potrebbero essere ripristinati: speranza per l'Alzheime…

21.12.2014 | Ricerche

Una nuova ricerca effettuata alla University of California di ...

L'Alzheimer inizia all'interno delle cellule nervose?

25.08.2021 | Ricerche

Uno studio sperimentale eseguito alla Lund University in Svezia ha rivelato che la prote...

Alzheimer e le sue proteine: bisogna essere in due per ballare il tango

21.04.2016 | Ricerche

Per anni, i neuroscienziati si sono chiesti come fanno le due proteine ​​anomale amiloid...

Trovato legame tra amiloide-beta e tau: è ora possibile una cura per l'Al…

27.04.2015 | Ricerche

Dei ricercatori hanno assodato come sono collegate delle proteine che hanno un ruolo chiave nell...

L'esercizio fisico genera nuovi neuroni cerebrali e migliora la cognizion…

10.09.2018 | Ricerche

Uno studio condotto dal team di ricerca del Massachusetts General Hospital (MGH) ha scop...

A 18 come a 80 anni, lo stile di vita è più importante dell'età per il ri…

22.07.2022 | Ricerche

Gli individui senza fattori di rischio per la demenza, come fumo, diabete o perdita dell...

Scoperta inaspettata: proteine infiammatorie possono rallentare il declino cog…

5.07.2021 | Ricerche

Finora la ricerca aveva collegato l'infiammazione al morbo di Alzheimer (MA), però scien...

Livelli di ossigeno nel sangue potrebbero spiegare perché la perdita di memori…

9.06.2021 | Ricerche

Per la prima volta al mondo, scienziati dell'Università del Sussex hanno registrato i li...

Perché la tua visione può prevedere la demenza 12 anni prima della diagnosi

24.04.2024 | Ricerche

 

Gli occhi possono rivelare molto sulla salute del nostro cervello: in effetti, i p...

IFITM3: la proteina all'origine della formazione di placche nell'Alz…

4.09.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dall'accumulo...

Malato di Alzheimer: la casa di cura la paga lo Stato?

25.05.2023 | Normativa

Chi si fa carico delle spese per un malato di Alzheimer ricoverato in una casa di riposo? Scopriamo ...

Zen e mitocondri: il macchinario della morte rende più sana la vita

20.11.2023 | Ricerche

Sebbene tutti noi aspiriamo a una vita lunga, ciò che è più ambito è un lungo periodo di...

Scoperta ulteriore 'barriera' anatomica che difende e monitora il ce…

11.01.2023 | Ricerche

Dalla complessità delle reti neurali, alle funzioni e strutture biologiche di base, il c...

Perché dimentichiamo? Nuova teoria propone che 'dimenticare' è in re…

17.01.2022 | Ricerche

Mentre viviamo creiamo innumerevoli ricordi, ma molti di questi li dimentichiamo. Come m...

Scoperto un fattore importante che contribuisce all'Alzheimer

22.08.2022 | Ricerche

Una ricerca guidata dai dott. Yuhai Zhao e Walter Lukiw della Luisiana State University ...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)