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Immunoterapia puntata su proteine che coagulano il sangue protegge topi con Alzheimer

leaks in blood brain barrier

Di norma la fibrina, una proteina del sangue, non entra nel cervello. Ma in molti disturbi neurologici, la barriera emato-encefalica, che impedisce alle grandi molecole nel sangue di entrare nel cervello, diventa anormalmente permeabile, permettendo alla fibrina di penetrare nel cervello e scatenare l'infiammazione.


Prove emergenti indicano che, nelle malattie del cervello che causano neurodegenerazione, un evento precoce è costituito da perdite alla barriera ematoencefalica. In effetti, questo processo può portare alla morte delle cellule nervose nella sclerosi multipla, nell'Alzheimer e in altri disturbi.


Fino ad ora, tuttavia, non erano disponibili trattamenti per impedire al sangue di danneggiare il cervello. Sebbene studi su pazienti con sclerosi multipla o Alzheimer (e sui modelli animali correlati) indichino che la fibrina può avere un ruolo nella promozione di questi disturbi, la maggior parte dei ricercatori ha evitato di puntare la fibrina per curare malattie neurologiche, a causa delle preoccupazioni che la proteina possa alterare il suo ruolo benefico nella coagulazione del sangue, che previene il sanguinamento eccessivo dopo gli infortuni.


Gli scienziati degli istituti Gladstone potrebbero aver superato questa sfida con una nuova immunoterapia. Un team guidato dall'investigatrice senior Katerina Akassoglou PhD, ha sviluppato un anticorpo che blocca l'attività infiammatoria e ossidativa della fibrina (che contribuisce alla neurodegenerazione nel cervello), senza compromettere la funzione di coagulazione della proteina.


Per ottenere un anticorpo molto preciso e altamente efficace, i ricercatori hanno concentrato il puntamento su una piccola regione della proteina fibrina coinvolta nell'attivazione del sistema immunitario nel cervello. In questo modo, hanno evitato di interferire con la parte della proteina responsabile della coagulazione.


"Abbiamo sviluppato un anticorpo monoclonale per colpire un importante colpevole del sangue che danneggia il cervello", ha detto la Akassoglou, che è anche professoressa nel Dipartimento di Neurologia dell'UC San Francisco. "L'immunoterapia che punta la fibrina potrebbe proteggere il cervello dagli effetti tossici della perdita di sangue e può anche avere effetti benefici in altri organi affetti da condizioni infiammatorie con danno vascolare".


Per il loro nuovo studio, pubblicato online il 15 ottobre sulla rivista Nature Immunology, la Akassoglou e i suoi colleghi hanno usato modelli di neurodegenerazione che simulano le due malattie cerebrali principali associate a perdite di barriera emato-encefalica, infiammazione cronica e anomalie vascolari: sclerosi multipla e Alzheimer.


L'anticorpo terapeutico della fibrina è entrato nel cervello, si è accumulato in aree ricche di fibrina e ha protetto dalla neuroinfiammazione e dalla neurodegenerazione entrambi i modelli di malattia. L'analisi molecolare ha mostrato che il trattamento riduce anche l'attivazione di percorsi biochimici che contribuiscono all'infiammazione e allo stress ossidativo, una potenziale fonte di molecole che possono avvelenare le cellule, inclusi i neuroni.


"Abbiamo scoperto che la fibrina contribuisce anche alla malattia del cervello attraverso lo stress ossidativo - un risultato inatteso", ha spiegato il primo autore Jae Kyu Ryu PhD, ricercatore del gruppo della Akassoglou. "Il trattamento con l'anticorpo mette un freno a questo meccanismo ossidativo guidato dalla fibrina, che può contribuire a molte malattie neurodegenerative diverse".


Nel topo modello di Alzheimer, gli animali sono stati trattati con l'anticorpo dopo aver già sviluppato accumuli di proteine ​​amiloidi nel cervello, un segno distintivo della malattia. Rispetto ai topi trattati con placebo, i topi trattati con l'anticorpo hanno avuto meno infiammazione del cervello e hanno perso meno neuroni.


Allo stesso modo, il trattamento con l'anticorpo ha ridotto l'attivazione delle cellule infiammatorie e il loro accumulo nei siti di infiammazione nel topo modello di sclerosi multipla. Inoltre, ha ridotto la perdita di assoni nervosi, che spesso degenerano nei pazienti con sclerosi multipla.


"Il nostro studio conferma che il danno vascolare che porta alla neurodegenerazione immuno-guidata può essere un filo conduttore tra le malattie con diverse eziologie, con perdite alla barriera emato-encefalica", ha detto la Akassoglou. "Puntare la fibrina con l'immunoterapia è un nuovo approccio che potrebbe essere usato per testare i benefici terapeutici della soppressione di questo meccanismo patogeno in più contesti di malattia".


Con questo approccio, la Akassoglou e il suo team potrebbero essere in grado di raggiungere la neuroprotezione in diversi disturbi senza arrestare le risposte immunitarie protettive o la coagulazione del sangue.


Il prossimo passo sarà fare una versione dell'anticorpo che possa essere usata nei pazienti umani. Dato che il trattamento ha come obiettivo una risposta immunitaria e un fattore di coagulazione del sangue, la Akassoglou avverte, tuttavia, che i test di monitoraggio del sistema immunitario e della coagulazione del sangue saranno importanti durante la valutazione clinica.

 

 

 


Fonte: Julie Langelier in Gladstone Institutes (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Jae Kyu Ryu, Victoria A. Rafalski, Anke Meyer-Franke, Ryan A. Adams, Suresh B. Poda, Pamela E. Rios Coronado, Lars Østergaard Pedersen, Veena Menon, Kim M. Baeten, Shoana L. Sikorski, Catherine Bedard, Kristina Hanspers, Sophia Bardehle, Andrew S. Mendiola, Dimitrios Davalos, Michael R. Machado, Justin P. Chan, Ioanna Plastira, Mark A. Petersen, Samuel J. Pfaff, Kenny K. Ang, Kenneth K. Hallenbeck, Catriona Syme, Hiroyuki Hakozaki, Mark H. Ellisman, Raymond A. Swanson, Scott S. Zamvil, Michelle R. Arkin, Stevin H. Zorn, Alexander R. Pico, Lennart Mucke, Stephen B. Freedman, Jeffrey B. Stavenhagen, Robert B. Nelson, Katerina Akassoglou. Fibrin-targeting immunotherapy protects against neuroinflammation and neurodegeneration. Nature Immunology, 2018; DOI: 10.1038/s41590-018-0232-x

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