Dr. Michael Murphy, Centro Invecchiamento della University of kentuckyA seguito dell'ennesimo studio clinico fallito per un farmaco di Alzheimer, uno scienziato veterano lamenta in un editoriale dell'edizione più recente del New England Journal of Medicine che "potremmo benissimo essere vicini all'estremità della corda dell'ipotesi-amiloide".
Il dott. Michael Murphy, professore del Sanders-Brown Center on Aging dell'Università del Kentucky, afferma che "anche se potrebbe non essere il momento di rinunciare all'immunoterapia amiloide-beta (Aβ) per il trattamento del morbo di Alzheimer (MA), sarebbe sciocco ignorare i continui fallimenti degli approcci anti-amiloidi".
Il suo commento accompagna un articolo che riporta i risultati deludenti dello studio EXPEDITION3 sul solanezumab, un anticorpo monoclonale umanizzato che è stato progettato per eliminare l'Aβ solubile dal cervello.
Nelle sue parole:
"C'è una montagna di prove a supporto del concetto che la amiloide-beta ha un ruolo fondamentale nell'MA, ma i trattamenti proposti per l'amiloide hanno finora mancato il bersaglio: il campo ha chiaramente bisogno di idee innovative".
"Questo non dovrebbe ancora essere la fine della strada per la terapia anti-amiloide, che potrebbe ancora essere efficace come misura preventiva".
"L'esperimento EXPEDITION3 ci fa considerare l'opportunità di concentrarci su farmaci che eliminano l'amiloide già depositata nel cervello invece di cercare di impedirne la produzione".
Murphy lavora da oltre 20 anni come ricercatore nei settori dell'invecchiamento e delle malattie neurodegenerative. Il suo laboratorio studia la produzione del peptide amiloide-β (Aβ), la regolazione di questi processi e il modo in cui il peptide infine forma strutture patologiche nel cervello. Murphy è stato coinvolto nello sviluppo di diversi modelli di topo che sono ampiamente utilizzati per la ricerca sull'Alzheimer.
Fonte: University of Kentucky via Newswise (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Michael Paul Murphy. Amyloid-Beta Solubility in the Treatment of Alzheimer’s Disease. N Engl J Med 2018; 378:391-392. DOI: 10.1056/NEJMe1714638
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