Il ricovero in ospedale per un'infezione potrebbe comportare un rischio maggiore di malattia mentale, secondo un recente studio pubblicato su JAMA Psychiatry, che ha attinto ai dati medici di giovani in Danimarca fino all'età di 17 anni.
Gli autori hanno anche scoperto che l'uso di antibiotici era associato a un rischio ancora maggiore di malattia mentale. Si ritiene che questa connessione dipenda, almeno in parte, dagli antibiotici che danneggiano i batteri nel microbioma intestinale.
Lo studio - che supporta le teorie emergenti sull'interazione funzionale tra infezione, microbioma intestinale e malattia mentale - è uno dei circa 50 già pubblicati che hanno usato i dati del Danish Psychiatric Central Research Register dalla seconda metà del 2018.
Questo registro tiene traccia, per la prima volta, dei dati clinici di oltre un milione di persone; in questo caso, i dati dal 1995 in poi di danesi che sono stati curati per malattie mentali nei primi 17 anni di vita, in ospedale o in ambulatorio. Ogni misura dello stato di salute generale e mentale, comprese le prescrizioni e le storie familiari, è stata documentata per ogni individuo con gli anni.
Le dimensioni di questo registro stanno fornendo ai ricercatori internazionali opportunità senza precedenti di rispondere a domande mirate sui legami tra storia di vita e stato di salute mentale.
Antibiotici, autismo e depressione
È stato suggerito che il microbioma intestinale, la comunità batterica estremamente diversificata che ospitiamo nel nostro intestino, invia segnali al cervello, modulando il nostro stato d'animo e, probabilmente, la nostra predisposizione alle malattie mentali.
Studi su modelli animali hanno già documentato l'associazione tra batteri e depressione.
- Un gruppo di ricerca ha dimostrato che i topi trattati con antibiotici mostrano alterazioni nella diversità del microbioma intestinale e vanno peggio nei test di memoria.
- Gli animali impoveriti di batteri intestinali usando antibiotici ad ampio spettro hanno mostrato cambiamenti in vari disturbi, tra cui quelli dello spettro autistico, le neurodegenerazioni come l'Alzheimer e la depressione.
- In un altro studio notevole, campioni fecali di pazienti umani con depressione, trapiantati nei ratti, hanno conferito sintomi di tipo depressivo.
- In uno studio, i trapianti da pazienti con ansia hanno creato topi ansiosi.
Anche se questi studi indicano il legame tra microbioma e stato di salute mentale, la natura o le basi molecolari di questo collegamento rimangono sconosciute.
I batteri come trattamento per la depressione?
Un'area promettente di ricerca, che mira a definire i legami tra microbioma e cervello umano, si concentra sull'identificazione dei composti neuroattivi prodotti o consumati dai batteri nell'intestino.
Nel lavoro pubblicato su Nature Microbiology nel dicembre 2018, Philip Strandwitz e i colleghi della Northeastern University di Boston, hanno studiato un raro tipo di batterio intestinale, chiamato KLE1738. Questi batteri rari mangiano acido gamma-aminobutirrico (GABA). Un tipo diverso di batteri, i Bacteroides, produce GABA, mantenendo in vita i batteri KLE1738, alimentandoli.
Questi risultati sottolineano come diversi tipi di batteri lavorano insieme nell'intestino. Questo è importante per noi perché il GABA è un composto neuroattivo richiesto per il normale funzionamento del sistema nervoso centrale. I principali disturbi depressivi sono associati a livelli ridotti di GABA.
Strandwitz ha ipotizzato che il microbioma contenente più batteri produttori di GABA sarebbe associato a un ospite umano più felice. In un piccolo studio pilota condotto su 23 pazienti, anche quelli con livelli più elevati di Bacteroides fecali (i batteri che producono GABA) hanno avuto una depressione relativamente lieve.
Anche se i risultati non erano conclusivi, la tendenza supporta un possibile ruolo dei batteri nel modificare la gravità della depressione.
Il legame tra intestino e salute mentale
I risultati di questo piccolo studio pilota erano ambigui perché il numero di pazienti era piccolo e lo studio non ha controllato i farmaci assunti dai soggetti. Un numero significativo di questi pazienti stava prendendo antidepressivi di vario tipo, tutti fattori che avrebbero dovuto avere un effetto.
Oltre all'uso di farmaci, ci si aspetta che altre caratteristiche di ciascun paziente, come età, sesso e patrimonio genetico influenzino il dialogo che avviene tra intestino e cervello.
Con la sua scala enorme, il registro della psichiatria danese promette di cambiare tutto questo. Documentando ogni aspetto clinico nelle giovani vite di oltre un milione di persone trattate in ospedale per malattie mentali, offre l'opportunità di isolare e studiare ogni variabile clinica.
Anche dopo essere stati classificati sulla base dell'età, del genere, del tipo di malattia mentale, della storia dei farmaci o di alcune varianti genetiche, ci sarà ancora un numero sufficiente di pazienti per consentire confronti significativi. Per chiarire il legame tra intestino e salute mentale, il registro danese potrebbe fare di più di qualsiasi altra cosa esistente, a causa delle sue dimensioni.
Collegamento con altri database su larga scala
L'immenso valore del registro può essere pienamente rivelato quando è collegato con altri sforzi su vasta scala, come quelli che studiano le interazioni batteriche nell'intestino o le varianti genetiche di pazienti con malattia mentale.
Ad esempio, lo studio pilota del microbioma intestinale in 23 pazienti citato in precedenza potrebbe essere rivisitato usando una coorte di pazienti molto più ampia e meglio definita, per generare risultati convincenti che potrebbero eventualmente essere tradotti in miglioramenti nella cura del paziente.
Il potenziale del registro psichiatrico danese per migliorare il trattamento della malattia mentale ha ispirato altri paesi a fare lo stesso. Nel novembre 2016, ad esempio, l'American Psychiatric Association ha annunciato il lancio di un registro nazionale della salute mentale chiamato PsychPRO.
Come i danesi, gli psichiatri americani prevedono che un registro nazionale contribuirà a spingere i futuri sforzi di ricerca e stimolerà anche lo sviluppo di nuovi e migliori modi di trattare e prevenire le malattie psichiatriche.
Fonte: Christine Bear, professoressa della Facoltà di Medicina all'Università di Toronto
Pubblicato su The Conversation (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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