Uno studio su autopsie conferma che il trattamento con farmaci anti-ipertensivi bloccanti del recettore dell'angiotensina (ARB) è associato a minore patologia di tipo Alzheimer nel cervello.
Nei criteri per la neuropatologia stabiliti dal Consortium to Establish a Registry of Alzheimer Disease (CERAD), l'Alzheimer è stato confermato dopo la morte a un minor numero di pazienti che erano stati trattati con ARB nel corso della vita, rispetto a quelli trattati con altri agenti anti-ipertensivi (37% contro 54%, P = 0.005), secondo Ihab Hajjar, MD, e colleghi della University of California di Los Angeles.
I ricercatori segnalano online in Archives of Neurology che, dopo aver aggiustato i risultati per le covariate quali età, sesso, stato apolipoproteina E, e pressione sanguigna, il tasso di probabilità per la diagnosi della patologia di Alzheimer all'autopsia era dello 0,47 (95% CI da 0,27 a 0,81) per chi aveva usato ARB rispetto a quelli con altri agenti di abbassamento della pressione del sangue.
Studi osservazionali hanno suggerito che il trattamento con ARB può avere effetti protettivi sulla cognizione, e studi su animali hanno dimostrato che questi farmaci possono ridurre l'accumulo di beta-amiloide nel cervello, che è una caratteristica dell'Alzheimer. Poiché gli effetti degli ARB sulla beta-amiloide negli esseri umani erano sconosciuti, Hajjar e colleghi hanno eseguito un'analisi dei dati neuropatologici e clinici di 890 iscritti al National Alzheimer Coordinating Center, che è un archivio di dati da 29 centri di Alzheimer di tutto il paese.
I dati clinici includevano informazioni sulla storia medica e sulle terapie farmacologiche, e la storia neuropsichiatrica comprendeva i risultati di più test, come il Mini-Mental State Exam e il Clinical Dementia Rating Scale. Sono state utilizzate diverse misure per valutare lo stato neuropatologico all'autopsia, come ad esempio il punteggio CERAD, che comprende il numero e la composizione delle placche neuritiche in ogni regione corticale aggiustate per caratteristiche cliniche ed età, e i criteri Khachaturian del National Institute on Aging, che quantifica sia le placche che i grovigli neurofibrillari, anch'essi corretti per l'età. Inoltre, il punteggio Braak e Braak ha valutato le fasi di degenerazione neurofibrillari nelle varie regioni limbiche.
Tra gli iscritti allo studio, quasi l'80% aveva ricevuto farmaci anti-ipertensivi. Il 15% aveva ricevuto ARB, il 64% aveva ricevuto altri tipi di antipertensivi, e al resto non aveva ricevuto alcun trattamento. Quasi tutti i partecipanti erano bianchi, e più del 90% ha almeno una formazione di scuola superiore. Meno della metà erano donne, e l'età media al momento della morte era di 83 anni. Rispetto ai soggetti che avevano ricevuto altri antipertensivi diversi dagli ARB e a coloro che non erano mai stati trattati, coloro che usavano ARB erano più anziani quando sono morti (P <0.001) e avevano ottenuto un punteggio superiore al test di memoria logica (P = 0,01) e al MMSE ( P = 0.001). Avevano anche un punteggio più basso nella scala di valutazione della demenza (p = 0,01).
A seconda dei criteri patologici usati per identificare l'Alzheimer all'autopsia, la probabilità di avere la diagnosi era dal 32% al 35% inferiore se era stato utilizzato un anti-ipertensivo ARB, segnalano i ricercatori. Sui criteri Khachaturian, il tasso di probabilità multivariato per la patologia di Alzheimer era 0,43 (95% CI 0.21 a 0,91) per i ARB rispetto altri anti-ipertensivi, mentre lo stesso rapporto è dello 0,52 (95% CI 0,31-0,85) con il punteggio Braak e Braak. Il confronto diretto degli ARB con gli inibitori dell'enzima di conversione dell'angiotensina (ACE) ha trovato ancora meno deposizione di amiloide (OR 0,43, 95% CI 0,21-0,86, p = 0,02) e placca neuritica (OR 0.50, 95% CI 0,28-0,89, p = 0,02 ), suggerendo che il vantaggio viene direttamente dall'ARB.
Sulle misure di tipo vascolare della patologia, l'uso dell'ARB è associato ad una maggiore probabilità di aver avuto un ictus (p = 0.03), e anche di avere infarti ed emorragie delle grandi arterie, anche se queste associazioni non erano significative dopo l'aggiustamento per le covariate e l'esposizione agli anticoagulanti. Questa scoperta di una peggiore patologia vascolare tra gli utenti di ARB riflette probabilmente un confondimento da indicazione, perché questa classe di farmaci ha più probabilità di essere prescritta ai pazienti con maggior rischio vascolare, secondo i ricercatori.
Essi notano che i meccanismi per cui l'ARB potrebbe interferire con la deposizione di amiloide-beta non sono stati completamente esplorati, "ma il trattamento con ARB può ridurre il contenuto totale [di beta-amiloide] nel cervello, in parte agevolando l'eliminazione proteolitica dei peptidi [di beta-amiloide] mediata da enzima, degradando l'insulina associata alla membrana".
Limitazioni dello studio includono la sua popolazione, che era in gran parte bianca e istruita e si era offerta di partecipare allo studio, così come la mancanza di informazioni sulla durata dell'utilizzo di ARB. La ricerca futura dovrebbe concentrarsi su immagini ante mortem dell'amiloide cerebrale e valutare se il trattamento con ARB può avere effetti benefici cognitivi nei pazienti che presentano segni clinici di demenza.
Questo lavoro è stato finanziato dal National Institute on Aging. Gli autori non hanno rivelato informazioni finanziarie.
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Fonte: Archives of Neurology
Riferimento: Hajjar I, et al "Impact of angiotensin receptor blockers on Alzheimer disease neuropatholog in a large brain autopsy series" Arch Neurol 2012; DOI:10.1001/archneurol.2012.1010.
Scritto da Nancy Walsh, controllato da Zalman S. Agus, MD, Professore Emerito della Perelman School of Medicine dell'Università della Pennsylvania
Pubblicato in MedPageToday il 10 Settembre 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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