Ricercatori Australiani dicono che i depositi anomali nel cervello, ritenuti causa dell'Alzheimer, possono essere rilevati decenni prima dell'insorgenza della malattia che uccide la memoria, una scoperta che aiuterà a guidare i futuri trattamenti.
I medici dell'Austin Hospital di Melbourne hanno seguito per più di tre anni 200 anziani, comprese persone con Alzheimer e deterioramento cognitivo lieve, per tracciare ogni declino della cognizione e delle dimensioni del cervello in seguito alla deposizione di proteine anomale nel cervello.
Hanno scoperto che ci vogliono circa 20 anni perchè i depositi, conosciuti come beta amiloide, possano portare alla demenza. I risultati, pubblicati oggi sulla rivista medica Lancet Neurology, suggeriscono che i medici hanno una grande finestra di opportunità per rallentare potenzialmente, o addirittura invertire, l'accumulo di beta amiloide, e allontanare l'insorgenza dell'Alzheimer. La malattia è la principale causa di demenza, che colpisce 35,6 milioni di persone nel mondo, un numero che secondo la Organizzazione Mondiale della Sanità raddoppierà entro il 2030 e triplicherà entro il 2050.
"E' ormai chiaro che è un processo molto lento, graduale, che dura un paio di decenni", dice Christopher Rowe (foto), primario di medicina nucleare dell'Austin Hospital. "Perchè si sviluppi l'Alzheimer, il cervello ha bisogno di accumulare grandi quantità di amiloide, che deve restare lì per un lungo periodo di tempo", dichiara Rowe, coautore dello studio, in un'intervista telefonica da Firenze in Italia. Tutti i pazienti di Alzheimer hanno depositi di amiloide nel cervello, anche se non tutte le persone con i depositi hanno la malattia, secondo Rowe.
Studi Post-Mortem
"Sappiamo da molto tempo, dagli studi post-mortem, che a quanto pare le persone normali possono avere amiloide nel cervello, ed è stato ipotizzato che questo sia un lento accumulo verso l'Alzheimer, mentre loro non avevano sviluppato la demenza al momento della morte", dice. "E' molto probabile che l'amiloide sia l'innesco, ma il processo dell'Alzheimer ha bisogno che accadano altre cose, che non capiamo ancora del tutto".
I partecipanti sono stati sottoposti ad un esame neuropsicologico, a risonanza magnetica (MRI) e a tomografia ad emissione di positroni (PET), scansioni della testa ogni 18 mesi per almeno tre anni. I ricercatori hanno trovato che, nel progredire dell'Alzheimer, il ritmo di deposizione dell'amiloide rallenta. I dati indicano che c'è un lungo periodo in cui il beta amiloide forma placche nel cervello senza che ci siano i sintomi della malattia, dicono gli autori. Ancora prima dll'insorgenza della demenza, circa quattro anni prima, avviene un restringimento nella parte del cervello legata alla memoria e all'attenzione , e la memoria è compromessa circa tre anni prima.
Primi segni
"Abbiamo messo a confronto il momento iniziale in cui si vedono le modifiche in una risonanza magnetica e il test sulla memoria, e possiamo individuarle circa sette anni prima della demenza", ha detto Rowe. L'estrapolazione dei dati suggerisce che la deposizione di beta amiloide può portare a demenza in soli 10 anni, con una media di 19 anni, ha detto. C'è anche un periodo in cui avviene la fase iniziale dei depositi di amiloide che però non è rilevabile. "L'intero processo sembra richiedere più di 25 anni", ha detto Rowe. "Questo è molto di più di quanto ci aspettassimo".
I pazienti con istruzione superiore e quelli con il cervello più grande prima della formazione di depositi di amiloide possono tollerare alti livelli di proteina anomala, dice. Rowe e colleghi stanno ora studiando potenziali terapie per ostacolare le placche amiloidi prima che abbiano avuto la possibilità di danneggiare e, alla fine uccidere, le cellule del cervello. Se ci riusciranno, "esploderà" l'uso di scansioni PET - che costano da 1,500 dollari australiani a 3,500 l'una, dice Rowe.
"Ci sono maggiori possibilità di fermare una malattia del cercare di riparare un cervello che è gravemente danneggiato", ha detto. "Questa è la grande speranza adesso". Pfizer Inc, Roche Holding AG, Eli Lilly & Co, GlaxoSmithKline Plc, Elan Corp. e Prana Biotechnology Ltd sono tra i produttori di farmaci in corsa per sviluppare trattamenti per l'Alzheimer. Ci sono stati 101 tentativi falliti dal 1998, secondo Pharmaceutical Research and Manufacturers of America. Le terapie attuali danno qualche miglioramento sintomatico temporaneo.
"Il problema con l'Alzheimer è che non c'è una terapia efficace, ma possiamo certamente fare una diagnosi migliore con scansioni dell'amiloide; possiamo essere più precisi su quello che sta succedendo nel paziente e qual è la prognosi, ma non possiamo cambiare il corso della malattia", ha detto Rowe.
of this article is here.
Riferimento: Dr Victor L Villemagne MD, Samantha Burnham PhD, Pierrick Bourgeat PhD, Belinda Brown PhD, Kathryn A Ellis PhD, Olivier Salvado PhD, Cassandra Szoeke MBBS, S Lance Macaulay PhD, Prof Ralph Martins PhD, Paul Maruff PhD, Prof David Ames MD, Prof Christopher C Rowe MD, Prof Colin L Masters MD, for the Australian Imaging Biomarkers and Lifestyle (AIBL) Research Group. Amyloid β deposition, neurodegeneration, and cognitive decline in sporadic Alzheimer's disease: a prospective cohort study. The Lancet Neurology, Early Online Publication, 8 March 2013. doi:10.1016/S1474-4422(13)70044-9
Pubblicato da Jason Gale in Bloomberg.com il 8 Marzo 2013 - Traduzione di Franco Pellizzari.
Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.
Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari proposti da Google sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.
Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.
Sostieni l'Associazione; una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e continuare ad informarti. Clicca qui a destra: |