Recenti progressi nella genetica molecolare hanno dimostrato che l'Alzheimer può diffondersi, come un'infezione, in tutte le aree strettamente connesse del cervello.
Queste scoperte sottolineano la necessità di una ricerca volta a monitorare la sua diffusione nei primi punti di origine nel cervello, in modo da sviluppare terapie che puntano tali aree.
Una collaborazione internazionale tra Nathan Spreng, assistente professore di sviluppo umano della Cornell University, Rebecca Q. e James C. Morgan del College of Human Ecology, e Taylor Schmitz dell'Università di Cambridge, ha esaminato l'area del prosencefalo basale, dove la degenerazione del tessuto neuronale causata dall'Alzheimer appare ancor prima che emergano i sintomi cognitivi e comportamentali della malattia.
La loro ricerca, pubblicata il 4 novembre su Nature Communications, ha usato i dati dell'Alzheimer's Disease Neuroimaging Initiative (ADNI).
Il prosencefalo basale contiene neuroni molto grandi e densamente connessi che sono particolarmente vulnerabili alla malattia. Schmitz e Spreng dimostrano che, con la progressione del morbo, la degenerazione del prosencefalo basale predice la successiva degenerazione delle aree del lobo temporale del cervello coinvolte nella memoria.
Questo modello è coerente con altre ricerche che hanno dimostrato che l'Alzheimer si diffonde davvero in tutte le aree del cervello nel corso del tempo, ma lo studio sfida la convinzione diffusa che la malattia ha origine nel lobo temporale. "Speriamo che questo lavoro spinga un po' di ripensamento nel settore, riesaminando il punto dove origina la malattia", ha detto Spreng. "Questo potrebbe aprire nuove strade per l'intervento; di sicuro lo farebbe per il rilevamento".
Il rapporto è il risultato di uno studio di due anni, su un ampio campione di anziani coetanei. All'interno di questo campione, un gruppo era cognitivamente normale, secondo i test standard, mentre il resto era caratterizzato da differenti livelli di deterioramento cognitivo:
- individui con decadimento cognitivo lieve (MCI) che non erano passati all'Alzheimer;
- individui con MCI passati all'Alzheimer dopo un anno;
- individui classificati con Alzheimer per tutta la durata dello studio.
Attraverso l'analisi della risonanza magnetica anatomica ad alta risoluzione sul volume del cervello, eseguita tre volte durante il periodo di due anni di studio, i ricercatori sono riusciti a determinare che le persone con MCI o Alzheimer mostrano perdite maggiori nel volume della materia grigia sia nel prosencefalo basale che nel lobo temporale, rispetto ai controlli cognitivamente normali. E' interessante notare che nei due anni la degenerazione del tessuto neurale nel prosencefalo basale ha previsto la successiva degenerazione dei tessuti nel lobo temporale, ma non il contrario.
Un campione di liquido spinale prelevato da adulti sani è in grado di rilevare un livello anormale di amiloide-beta, che indica l'Alzheimer, ha scritto Spreng. I risultati dei test hanno mostrato che i lobi temporali sembravano uguali indipendentemente dal livello di amiloide, ma il prosencefalo basale ha mostrato una notevole degenerazione negli adulti apparentemente sani con livelli di amiloide anomali.
Spreng ammette che essere in grado di prevedere chi avrà la malattia non vuol dire molto senza un protocollo per trattarla e, infine, curarla. "E potrebbe indurre più ansia", ha detto. Ma più riusciamo a capire, ha detto, meglio è.
"Il lavoro futuro sulla genetica molecolare è molto promettente per sviluppare strategie terapeutiche per prevenire la diffusione della patologia nelle fasi del declino cognitivo che precede l'Alzheimer", ha detto Schmitz. "Il nostro chiarimento del punto iniziale di propagazione dell'Alzheimer è pertanto della massima importanza per guidare gli sforzi per combattere questa malattia devastante".
Questo lavoro è stato finanziato dai National Institutes of Health e dall'Alzheimer's Association.
Fonte: Tom Fleischman in Cornell University (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Ansgar J. Furst et al. Basal forebrain degeneration precedes and predicts the cortical spread of Alzheimer’s pathology. Nature Communications, 2016; 7: 13249 DOI: 10.1038/ncomms13249
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