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In USA rinnovate le linee guida per la diagnosi di Alzheimer

Circa 5.2 milioni di americani vivono con l'Alzheimer (AD). Di questi, 5 milioni hanno più di 65 anni. L'AD è la terza causa di morte degli anziani ed è l'unica tra le prime dieci negli Stati Uniti senza alcuna possibilità di alterazione del corso della malattia o di un trattamento dimostrato per la prevenzione.


Pur con questi numeri, è sorprendente che la diagnosi effettiva della malattia sia tuttora problematica. Mancando di fare la domanda "Ci sono cambiamenti nel pensiero o nella memoria?" in molte visite mediche di routine, molti casi di demenza restano senza diagnosi o classificazione.


Questa tendenza inquietante, associata al numero impressionante di casi di demenza previsti nei prossimi anni, ha portato l'Istituto Nazionale dell'Invecchiamento e l'Alzheimer's Association  (NIA-AA) a collaborare e a proporre che sia condotta una revisione critica della ricerca esistente con l'obiettivo di raccomandare nuovi criteri diagnostici aggiornati e linee guida per l'AD.


Nel 2011, una serie di articoli è stato rilasciato dal Gruppo di Lavoro NIA-AA. I nuovi criteri diagnostici risultanti hanno incorporato due importanti cambiamenti: la discussione sulle fasi iniziali dell'AD, nonché l'introduzione della terminologia 'Alzheimer pre-sintomatico' e l'importanza dei test sui biomarcatori per aiutare nella diagnosi di AD.

 

Fuori le vecchie linee guida e dentro le nuove

Le linee guida precedenti per la diagnosi di demenza e di AD erano affidate fortemente al giudizio clinico del professionista sanitario curante (PSC) sulla causa dei sintomi della persona, in base a quanto riferito dall'individuo, dal coniuge, da un famigliare o da un amico, oltre ai 'dati' ottenuti dalla valutazione clinica (test cognitivi, esame neurologico, scansione del cervello e esame del sangue).


Spesso, però, la diagnosi di demenza rappresentava una sfida clinica diagnostica perché i segni e i sintomi clinici, in particolare all'inizio, potrebbero essere coerenti con più di una sindrome cognitiva.


Questa difficoltà, associata alla variabilità della conoscenza clinica e dell'esperienza del PSC nella diagnosi e nel trattamento dei pazienti affetti da demenza e i test clinici non conclusivi che potrebbero segnalare una demenza, ha solo aumentato la confusione che circonda la diagnosi e la successiva cura di pazienti con disturbi cognitivi.

 

L'Alzheimer in tre fasi

Ecco i nuovi criteri per l'AD che hanno proposto tre stadi distinti: l'Alzheimer preclinico, la lieve compromissione cognitiva (MCI) dovuta all'Alzheimer e la demenza da Alzheimer. L'importanza di questo sistema multistadio non può che essere enfatizzata. È stata la prima volta che un sistema di fasi per l'AD ha tentato di combinare sintomi clinici con prove di cambiamenti cerebrali (tramite biomarcatori).


La proposta delle tappe è risultata dall'evidenza dei dati di biomarcatori che suggerivano che l'AD inizia prima dello sviluppo dei sintomi clinici e che la tecnologia emergente potrebbe identificare i cambiamenti cerebrali che precedono lo sviluppo dei sintomi.

 

Allora, cosa significa esattamente ogni fase?

  1. Le persone con Alzheimer preclinico hanno cambiamenti misurabili nel cervello, nel liquido cerebrospinale e / o nei biomarcatori del sangue che possono essere i primi segni della malattia, ma non hanno ancora sviluppato sintomi come la perdita di memoria. Questo stadio preclinico o pre-sintomatico riflette il nostro attuale pensiero che i cambiamenti cerebrali connessi con l'AD possono iniziare 20 anni prima dei sintomi. Anche se i criteri di questo "stadio preclinico" di AD sono attivi, di solito non sono usati dai PSC. Devono essere fatte ulteriori ricerche nel campo dei biomarcatori e sul loro valore prognostico come test per prevedere lo sviluppo della demenza prima che i PSC inizino a usare universalmente questo termine e a fare diagnosi di 'Alzheimer preclinico' nei loro pazienti.

  2. Al contrario, l'MCI da Alzheimer ha acquisito un maggior riconoscimento tra la comunità medica e la terminologia viene sempre più usata dai PSC. Gli individui con MCI hanno modifiche lievi ma misurabili nelle abilità di pensiero che sono evidenti agli individui colpiti, ai colleghi di lavoro o agli amici, ma questi sintomi non sono abbastanza gravi da incidere sulla capacità dell'individuo di svolgere le attività quotidiane.

  3. La demenza da Alzheimer è la terza fase della classificazione della malattia. In questa fase, le persone hanno cambiamenti tipici della memoria, del comportamento e altri del pensiero che sono abbastanza gravi da compromettere la capacità di funzionamento nella vita quotidiana e che si ritiene siano causati dalle modifiche cerebrali dell'AD.


C'è ancora altro da fare per indagare i nuovi fattori di rischio di AD, comprendendo il modo in cui i biomarcatori possono contribuire a stabilire il rischio di demenza, determinando come i fattori di rischio variano in base al sesso e traducendo questi risultati nella pratica clinica.


La Society for Women’s Health Research’s Interdisciplinary Network on Alzheimer’s Disease è impegnata a sostenere questi obiettivi, per informare la prevenzione, fornire indicazioni alla ricerca, alle sperimentazioni cliniche e alla politica.

 

 

 


Fonte: Neelum T. Aggarwal MD, Rush Alzheimer’s Disease Center

Pubblicato in Huffington Post (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Referenze dell'autore:

  1. Sperling, R.A., Aisen, P.S., Beckett, L.A., Bennett, D.A., Craft, S., Fagan, A.M. et al. Toward defining the preclinical stages of Alzheimer’s disease: Recommendations from the National Institute on Aging-Alzheimer’s Association workgroups on diagnostic guidelines for Alzheimer’s disease. Alzheimer’s & Dementia. 2011; 7 (3): 280–292.
  2. Albert, M.S., DeKosky, S.T., Dickson, D., Dubois, B., Feldman, H.H., Fox, N.C. et al. The diagnosis of mild cognitive impairment due to Alzheimer’s disease: Recommendations from the National Institute on Aging-Alzheimer’s Association workgroups on diagnostic guidelines for Alzheimer’s disease. Alzheimer’s & Dementia. 2011; 7 (3): 270–279.
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