Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Perché non riusciamo a trovare un farmaco per la demenza

Trovare una cura per le malattie neurodegenerative come l'Alzheimer è impegnativo. Sono difficili da diagnosticare e i farmaci hanno difficoltà a entrare nel cervello poiché l'apporto di sangue del cervello è in gran parte separato dal resto del corpo.


Non sorprende che diverse società abbiano lasciato questo territorio negli ultimi anni. Questa settimana, il gigante farmaceutico Pfizer ha annunciato che interromperà la ricerca sullo sviluppo di farmaci per il trattamento del morbo di Alzheimer (MA), dopo i costosi tentativi falliti nell'ultimo decennio.


Negli ultimi anni alcuni studi clinici che hanno coinvolto potenziali farmaci per la demenza hanno avuto battute d'arresto deludenti. Nel 2012, Pfizer e Johnson & Johnson hanno interrotto lo sviluppo del farmaco anticorpo bapineuzumab, dopo che ha fallito negli studi avanzati per trattare pazienti con MA da lieve a moderato.


Nonostante l'annuncio di questa settimana, il sostegno della Pfizer al Dementia Discovery Fund del Regno Unito, un'iniziativa che coinvolge il governo, le principali società farmaceutiche e l'Alzheimer's Research UK, potrebbe essere il modo in cui i loro soldi possono avere il massimo impatto in questo spazio. Il fondo mira a incrementare gli investimenti per la ricerca sulla demenza finanziando progetti di sviluppo di farmaci in fase iniziale. E altre società farmaceutiche, come Eli Lilly, Biogen e Novartis, hanno continuato a perseguire lo sviluppo di farmaci per la demenza con un successo modesto, ma promettente, fino ad oggi.


Quindi cosa rende la demenza una condizione così difficile da trattare con i farmaci, e sono stati compiuti progressi verso un trattamento?

 

Perché la demenza è così difficile da trattare

Nonostante il vasto numero di persone colpite a livello globale, con una stima di 46,8 milioni di persone che attualmente vivono con una demenza, non esiste attualmente alcuna cura. Mentre i trattamenti attuali gestiscono i sintomi (l'ultimo farmaco a ottenere l'approvazione della FDA è stato la memantina, nel 2003) non offrono alcuna prospettiva di recupero.


Parte della difficoltà a trovare trattamenti per la demenza deriva dal fatto che non si tratta di una singola malattia, ma di un complesso problema di salute con più di 50 cause sottostanti. Demenza può essere considerata meglio come termine generico che descrive una serie di condizioni che fanno sì che parti del cervello si deteriorino progressivamente.


La maggior parte dei trattamenti farmacologici attualmente in fase di sviluppo hanno preso di mira la patologia del'MA, la forma più comune di demenza, che rappresenta circa il 60-70% di tutti i casi.


Trovare un trattamento efficace per i malati di MA presenta due ostacoli principali: il primo è che non sappiamo ancora abbastanza sulla biologia di fondo della malattia. Ad esempio, non sappiamo cosa regola esattamente l'accumulo tossico delle placche di amiloide-β e dei grovigli di tau nel cervello presenti nei pazienti di MA, quali tipi specifici di questi sono tossici, o perché la malattia progredisce a ritmi diversi in persone diverse.


Non aiuta che i sintomi del'MA si sviluppano gradualmente e lentamente e una diagnosi può essere fatta solo anni dopo che il cervello ha iniziato a subire cambiamenti neurodegenerativi. In aggiunta, non è insolito che l'Alzheimer sia presente insieme ad altre forme di demenza.


Il secondo ostacolo principale alla ricerca di un trattamento è che i farmaci devono prima attraversare la barriera emato-encefalica. Questo filtro denso è una difesa dagli agenti patogeni e le tossine che possono essere presenti nel nostro sangue, e esiste di proposito per tenere lontane le sostanze estranee dal cervello. Il rovescio della medaglia è che impedisce anche alla maggior parte dei potenziali trattamenti farmacologici di raggiungere il cervello.

 

Passi promettenti nella giusta direzione

I farmaci attualmente disponibili, come quelli che bloccano le azioni di un enzima che distrugge un messaggero chimico nel cervello importante per la memoria (inibitori dell'acetilcolinesterasi) o blocca gli effetti tossici di un altro messaggero, il glutammato (memantina), gestiscono temporaneamente i sintomi. Ma i nuovi trattamenti sono focalizzati sul rallentamento o sull'inversione del processo patologico stesso, prendendo di mira la biologia sottostante.


Un approccio, chiamato immunoterapia, prevede la creazione di anticorpi che si legano a sviluppi anomali nel cervello (come l'amiloide-β o la tau) e li marcano per essere distrutti da una serie di meccanismi. L'immunoterapia sta vivendo un forte aumento di interesse e sono in corso numerosi studi clinici che hanno come bersaglio sia l'amiloide-β sia la tau.


L'aducanumab, un anticorpo che ha come obiettivo l'amiloide-β, ha mostrato risultati promettenti negli studi clinici e sono attualmente in corso studi di fase 3, così come diverse strategie basate sulla tau. Se qualcuno avesse successo, avremmo un vaccino per l'MA.


Si stima che solo lo 0,1% degli anticorpi circolanti nel sangue entrano nel cervello, questo include anche gli anticorpi terapeutici attualmente utilizzati negli studi clinici. Un approccio che il mio team sta adottando consiste nell'usare gli ultrasuoni per aprire temporaneamente la barriera emato-encefalica, aumentando l'assorbimento dei farmaci o dei frammenti di anticorpi dell'MA.


Abbiamo avuto successo nei topi, trovando ultrasuoni in grado di eliminare gruppi di proteine ​​tau tossiche, e quella combinazione di ultrasuoni con un trattamento con frammenti di anticorpi è più efficace di qualunque trattamento singolo per la rimozione della tau e la riduzione dei sintomi di MA. La prossima sfida sarà tradurre questo successo in sperimentazioni cliniche umane.


Il compito dello sviluppo di farmaci per la demenza non è un'impresa facile e richiede collaborazione tra governo, industria e università. In Australia, la Rete Nazionale della Demenza serve bene a questo scopo. È solo attraverso la perseveranza e il continuo investimento nella ricerca che un giorno avremo un trattamento per la demenza.

 

 

 


Fonte: Jürgen Götz, direttore del Center for Ageing Dementia Research dell'Università del Queensland (Australia)

Pubblicato su The Conversation (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali colelgamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Studio cinese: 'Metti spezie nel tuo cibo per tenere a bada l'Alzhei…

13.01.2022 | Ricerche

Proprio come 'una mela al giorno toglie il medico di torno', sono ben noti i benefici di...

Sintomi visivi bizzarri potrebbero essere segni rivelatori dell'Alzheimer…

1.02.2024 | Ricerche

Un team di ricercatori internazionali, guidato dall'Università della California di San F...

I ricordi potrebbero essere conservati nelle membrane dei tuoi neuroni

18.05.2023 | Ricerche

Il cervello è responsabile del controllo della maggior parte delle attività del corpo; l...

Stimolazione dell'onda cerebrale può migliorare i sintomi di Alzheimer

15.03.2019 | Ricerche

Esponendo i topi a una combinazione unica di luce e suono, i neuroscienziati del Massach...

Dosi basse di radiazioni possono migliorare la qualità di vita nell'Alzhe…

6.05.2021 | Ricerche

Individui con morbo di Alzheimer (MA) grave hanno mostrato notevoli miglioramenti nel co...

Nuova terapia che distrugge i grovigli di tau si dimostra promettente

30.09.2024 | Ricerche

Degli scienziati hanno sviluppato potenziali terapie che rimuovono selettivamente le proteine ​​t...

L'esercizio fisico dà benefici cognitivi ai pazienti di Alzheimer

29.06.2015 | Ricerche

Nel primo studio di questo tipo mai effettuato, dei ricercatori danesi hanno dimostrato che l'ese...

Interleuchina3: la molecola di segnalazione che può prevenire l'Alzheimer…

20.07.2021 | Ricerche

Una nuova ricerca su esseri umani e topi ha identificato una particolare molecola di seg...

Preoccupazione, gelosia e malumore alzano rischio di Alzheimer per le donne

6.10.2014 | Ricerche

Le donne che sono ansiose, gelose o di cattivo umore e angustiate in me...

Perché dimentichiamo? Nuova teoria propone che 'dimenticare' è in re…

17.01.2022 | Ricerche

Mentre viviamo creiamo innumerevoli ricordi, ma molti di questi li dimentichiamo. Come m...

La lunga strada verso la demenza inizia con piccoli 'semi' di aggreg…

20.11.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) si sviluppa nel corso di decenni. Inizia con una reazione a c...

Svolta per l'Alzheimer? Confermato collegamento genetico con i disturbi i…

26.07.2022 | Ricerche

Uno studio eseguito in Australia alla Edith Cowan University (ECU) ha confermato il legame tra Alzhe...

Proteine grumose induriscono i capillari del cervello: nuovo fattore di rischi…

11.09.2020 | Ricerche

I depositi di una proteina chiamata 'Medin', che è presente in quasi tutti gli anziani, ...

Nuovo sensore nel cervello offre risposte all'Alzheimer

12.03.2021 | Ricerche

Scienziati della Università della Virginia (UVA) hanno sviluppato uno strumento per moni...

Livelli di ossigeno nel sangue potrebbero spiegare perché la perdita di memori…

9.06.2021 | Ricerche

Per la prima volta al mondo, scienziati dell'Università del Sussex hanno registrato i li...

Scoperto perché l'APOE4 favorisce l'Alzheimer e come neutralizzarlo

10.04.2018 | Ricerche

Usando cellule di cervello umano, scienziati dei Gladstone Institutes hanno scoperto la ...

Riprogrammare «cellule di supporto» in neuroni per riparare il cervello adulto…

21.11.2014 | Ricerche

La porzione del cervello adulto responsabile del pensiero complesso, la corteccia cerebrale, non ...

Ricercatori del MIT recuperano con la luce i ricordi 'persi'

29.05.2015 | Ricerche

I ricordi che sono stati "persi" a causa di un'amnesia possono essere richiamati attivando le cel...

LipiDiDiet trova effetti ampi e duraturi da intervento nutrizionale all'i…

9.11.2020 | Ricerche

Attualmente non esiste una cura nota per la demenza, e le terapie farmacologiche esisten...

Capire l'origine dell'Alzheimer, cercare una cura

30.05.2018 | Ricerche

Dopo un decennio di lavoro, un team guidato dal dott. Gilbert Bernier, ricercatore di Hô...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)