Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


C'è collegamento tra infiammazione e mente indolente, 'nebbiosa'?

Scienziati dell'Università di Birmingham, collaborando con colleghi dell'Università di Amsterdam, hanno scoperto una possibile spiegazione dell'indolenza mentale che spesso accompagna le malattie.


Si stima che 12 milioni di cittadini della Gran Bretagna abbiano una condizione medica cronica, e molti di loro riferiscono un grave affaticamento mentale che definiscono ‘indolenza’ o ‘nebbia del cervello’. Questa condizione è spesso debilitante come la malattia stessa.


Un team nel Centre for Human Brain Health dell'università ha studiato il legame tra questa nebbia mentale e l'infiammazione, che è la risposta del corpo alla malattia. In uno studio pubblicato su Neuroimage, mostrano che l'infiammazione sembra avere un particolare impatto negativo sulla prontezza del cervello a raggiungere e mantenere uno stato di allerta.


Il dott. Ali Mazaheri e la prof.ssa Jane Raymond sono gli autori senior dello studio. Il dott. Mazaheri dice:

“Gli scienziati sospettano da tempo la presenza di un legame tra infiammazione e cognizione, ma è molto difficile essere chiari su causa ed effetto. Ad esempio, le persone che vivono con una condizione medica o che sono molto sovrappeso potrebbero lamentare un deterioramento cognitivo, ma è difficile dire se questo è a causa dell'infiammazione associata con queste condizioni“, o se ci sono altre ragioni. “La nostra ricerca ha identificato un processo cruciale specifico all'interno del cervello che è chiaramente influenzato quando è presente l'infiammazione”.


Lo studio si è focalizzato in particolare su una zona del cervello responsabile dell'attenzione visiva. Ha preso parte un gruppo di 20 giovani volontari di sesso maschile, che ha ricevuto un vaccino contro la salmonella tifoidea che provoca infiammazione temporanea, ma ha pochi altri effetti collaterali.


Un paio d'ore dopo l'iniezione sono stati testati nelle risposte cognitive a semplici immagini sullo schermo del computer, per misurare la loro capacità di controllo dell'attenzione. È stata misurata l'attività cerebrale mentre eseguivano i test di attenzione.


Il giorno prima, o quello dopo, hanno ricevuto un'iniezione di acqua (un placebo) e hanno fatto lo stesso test di attenzione. Per ogni giorno di prova non sapevano quale iniezione avevano ricevuto. Il loro stato infiammatorio è stato misurato con l'analisi del sangue prelevato lo stesso giorno del test.


I test usati per lo studio hanno valutato tre processi di attenzione distinti, ognuno coinvolgeva parti distinte del cervello. Questi processi sono: 'allertare' che riguarda il raggiungere e mantenere uno stato di allerta; 'orientare', che coinvolge selezionare e dare la priorità a informazioni sensoriali utili; e 'controllo esecutivo' che decide a cosa prestare attenzione quando le informazioni disponibili sono in conflitto.


I risultati hanno dimostrato che l'infiammazione influenzava specificamente l'attività cerebrale correlata allo stare in allerta, mentre gli altri processi dell'attenzione non sono apparsi influenzati dall'infiammazione.


“Questi risultati mostrano chiaramente che c'è una parte molto specifica della rete cerebrale che è colpita dall'infiammazione”, dice il dott. Mazaheri. “Questo potrebbe spiegare la «nebbia del cervello»".


La prof.ssa Raymond dice: “Questo risultato di ricerca è un passo avanti importante per capire i legami tra la salute fisica, cognitiva e mentale e ci dice che anche la più mite delle malattie può ridurre la prontezza”.


La dott.ssa Leonie Balter, prima autrice dello studio che faceva parte del suo dottorato di ricerca, ha concluso:

“Capire meglio le relazioni tra infiammazione e funzione del cervello ci aiuterà a indagare su altri modi per trattare alcune di queste condizioni. Ad esempio, ulteriori ricerche potrebbero mostrare che i pazienti con condizioni associate all'infiammazione cronica, come l'obesità, le malattie renali o l'Alzheimer, potrebbero trarre beneficio da farmaci anti-infiammatori, contribuendo a conservare o migliorare la funzione cognitiva”.

“Inoltre, dei sottili cambiamenti nella funzione del cervello possono essere usati come primi marcatori di deterioramento cognitivo nei pazienti con malattie infiammatorie”.


Il passo successivo per il team sarà testare gli effetti dell'infiammazione sulle altre aree del funzionamento del cervello, come la memoria.

 

 

 


Fonte: University of Birmingham (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Leonie JT. Balter, Jos A. Bosch, Sarah Aldred, Mark T. Drayson, Jet JCS. Veldhuijzen van Zanten, Suzanne Higgs, Jane E. Raymond, Ali Mazaheri. Selective effects of acute low-grade inflammation on human visual attention. NeuroImage, 15 Nov 2019, DOI

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Puoi distinguere il delirium dalla demenza? È solo questione di tempi

17.06.2021 | Esperienze & Opinioni

Quante volte hai sentito qualcuno esclamare "Tu deliri!" o "Sei un demente!", nell'incre...

La lunga strada verso la demenza inizia con piccoli 'semi' di aggreg…

20.11.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) si sviluppa nel corso di decenni. Inizia con una reazione a c...

Subiamo un 'lavaggio del cervello' durante il sonno?

4.11.2019 | Ricerche

Una nuova ricerca eseguita alla Boston University suggerisce che questa sera durante il ...

Età degli organi biologici prevede il rischio di malattia con decenni di antic…

11.03.2025 | Ricerche

I nostri organi invecchiano a ritmi diversi e un esame del sangue che determina quanto ciascuno è...

Le donne possono vivere meglio con una dieta migliore

22.07.2022 | Ricerche

Mangiare frutta e verdura di colori più brillanti può aiutare i problemi di salute delle donne.

...

'Tau, disfunzione sinaptica e lesioni neuroassonali si associano di più c…

26.05.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) comporta il deperimento caratteristico di alcune regioni del ...

Aumentano le evidenze di origini alternative delle placche di Alzheimer

13.06.2022 | Ricerche

I risultati di uno studio potrebbero spiegare perché i farmaci progettati per rimuovere i depositi d...

I possibili collegamenti tra sonno e demenza evidenziati dagli studi

24.11.2017 | Ricerche

Caro Dottore: leggo che non dormire abbastanza può aumentare il rischio di Alzheimer. Ho avuto pr...

Questo approccio di medicina di precisione potrebbe aiutarti a ritardare la de…

5.12.2025 | Ricerche

Secondo un nuovo studio condotto alla Università della California di San Francisco, la c...

Variante della proteina che causa l'Alzheimer protegge dalla malattia

15.02.2021 | Ricerche

Le scoperte di un nuovo studio sul morbo di Alzheimer (MA), guidato da ricercatori dell...

L'Alzheimer è in realtà un disturbo del sonno? Cosa sappiamo del legame t…

28.02.2020 | Esperienze & Opinioni

Il morbo di Alzheimer (MA) è una forma di demenza che insorge quando c'è un accumulo di ...

Nuove case di cura: 'dall'assistenza fisica, al benessere emotivo�…

5.11.2018 | Esperienze & Opinioni

Helen Gosling, responsabile delle operazioni della Kingsley Healthcare, con sede a Suffo...

Il girovita può predire il rischio di demenza?

6.11.2019 | Ricerche

Il primo studio di coorte su larga scala di questo tipo ha esaminato il legame tra il girovita in...

Svolta per l'Alzheimer? Confermato collegamento genetico con i disturbi i…

26.07.2022 | Ricerche

Uno studio eseguito in Australia alla Edith Cowan University (ECU) ha confermato il legame tra Alzhe...

Riprogrammare «cellule di supporto» in neuroni per riparare il cervello adulto…

21.11.2014 | Ricerche

La porzione del cervello adulto responsabile del pensiero complesso, la corteccia cerebrale, non ...

Nuova terapia che distrugge i grovigli di tau si dimostra promettente

30.09.2024 | Ricerche

Degli scienziati hanno sviluppato potenziali terapie che rimuovono selettivamente le proteine ​​t...

Il Protocollo Bredesen: si può invertire la perdita di memoria dell'Alzhe…

16.06.2016 | Annunci & info

I risultati della risonanza magnetica quantitativa e i test neuropsicologici hanno dimostrato dei...

Con l'età cala drasticamente la capacità del cervello di eliminare le pro…

31.07.2015 | Ricerche

Il fattore di rischio più grande per l'Alzheimer è l'avanzare degli anni. Dopo i 65, il rischio r...

Cosa accade nel cervello che invecchia

11.03.2020 | Esperienze & Opinioni

Il deterioramento del cervello si insinua sulla maggior parte di noi. Il primo indizio p...

Preoccupazione, gelosia e malumore alzano rischio di Alzheimer per le donne

6.10.2014 | Ricerche

Le donne che sono ansiose, gelose o di cattivo umore e angustiate in me...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)