Uno studio che combina i dati genetici con la scansione cerebrale, progettato per identificare i geni associati ai depositi di placca amiloide che si trovano nei pazienti di Alzheimer, non solo ha identificato il gene APOE - da tempo associato allo sviluppo del morbo - ma ha anche scoperto un'associazione con un secondo gene, chiamato BCHE.
Un team di ricerca nazionale, guidato da scienziati della Facoltà di Medicina dell'Università dell'Indiana, riferisce i risultati dello studio in un articolo pubblicato online il 19 Febbraio su Molecular Psychiatry.
Si ritiene che sia il primo studio di associazione sull'intero genoma dei depositi di placca ad usare uno speciale tracciante PET che si lega all'amiloide. La ricerca è inoltre ritenuta la prima a coinvolgere le varianti nel gene BCHE nei depositi di placca viste nelle persone viventi con diagnosi di Alzheimer o che hanno il rischio di sviluppare la malattia. L'enzima codificato dal gene BCHE era già stato studiato in tessuti cerebrali post-mortem ed è noto per essere presente nelle placche.
"I risultati potrebbero dare nuovo impulso alle attività di ricerca che studiano i meccanismi molecolari che contribuiscono ai depositi di amiloide nel cervello nel corso dello sviluppo dell'Alzheimer, quando colpisce l'apprendimento e la memoria", dichiara Vijay K. Ramanan, primo autore dello studio, studente MD / Ph.D. della Scuola di Medicina dell'IU. La scoperta del gene BCHE "mette insieme due delle principali ipotesi circa lo sviluppo dell'Alzheimer", scrive Andrew J. Saykin, Psy.D., Professore "Raymond C. Beeler" di Radiologia e Scienze di Imaging dell'UI e ricercatore principale al nucleo di genetica dell'Alzheimer's Disease Neuroimaging Initiative.
Gli scienziati da tempo evidenziano che la perdita di un importante neurotrasmettitore cerebrale (l'acetilcolina, che è esaurito presto nello sviluppo della malattia), è un aspetto chiave della perdita di neuroni relativi alla memoria. Il gene BCHE è responsabile di un enzima che scompone l'acetilcolina nel cervello. L'altra grande ipotesi di Alzheimer sostiene che è lo sviluppo delle placche amiloidi la causa primaria dei sintomi debilitanti della malattia. Si scopre adesso che l'enzima codificato dal gene BCHE si trova in quantità significativa anche in tali placche.
"Questo studio collega due dei più grandi punti dell'Alzheimer", dice il Dott. Saykin, direttore dell'Alzheimer Indiana Disease Center e del Center for Neuroimaging del IU Health Neuroscience Center. "La scoperta che la variante del gene BCHE prevede l'amontare del deposito di placca nelle scansioni PET delle persone a rischio di Alzheimer può con probabilità dare nuovo impulso alla ricerca sui farmaci in grado di modificare la malattia, colpendo l'enzima BCHE o la sua via metabolica". Alcuni farmaci esistenti inibiscono questo enzima, ma non è chiaro se questo influenza i depositi di placca.
Nel complesso, i risultati sembrano offrire nuovi bersagli potenziali agli scienziati per farmaci che rallentino, invertano o addirittura prevengano la malattia. Il morbo di L'Alzheimer colpisce circa 5,4 milioni di americani e si è dimostrato resistente ai trattamenti che tentano di andare oltre il rallentamento temporaneo del peggioramento dei sintomi. I depositi di placca amiloide si accumulano anormalmente nel cervello dei pazienti di Alzheimer e si ritiene rivestano un ruolo importante nella perdita di memoria e negli altri problemi che affliggono i pazienti.
Lo studio si avvale di un agente di imaging (il florbetapir), ora approvato per l'uso da parte della Food and Drug Administration statunitense, che permette ai medici di vedere il livello di accumulo di placche nel cervello di un paziente, qualcosa che in precedenza poteva essere determinato solo con l'autopsia.
In uno studio di associazione dell'intero genoma, i ricercatori valutano versioni alternative di molti geni per determinare se particolari varianti genetiche sono associate a una particolare caratteristica; in questo caso, la quantità di depositi di placca amiloide che la scansione PET rivela nel cervello dei partecipanti allo studio. Usando l'agente di imaging che consente il rilevamento delle placche nel cervello, i ricercatori hanno condotto le scansioni PET su 555 partecipanti all'Alzheimer's Disease Neuroimaging Initiative, progetto di ricerca pubblico-privato di lungo termine, che include persone a rischio di Alzheimer, pazienti con malattia diagnosticata, e partecipanti senza sintomi.
Con sofisticate analisi statistiche, i dati di imaging sono stati combinati con l'analisi del DNA raccolto tra i 555 partecipanti per determinare se le varianti particolari del gene siano presenti con maggiore frequenza tra i pazienti con livelli più elevati di depositi di placca. L'analisi ha rilevato che una variante del BCHE era associata significativamente con i livelli di depositi di placca. Come ci si potrebbe aspettare, l'analisi ha anche scoperto una forte associazione con delle varianti di un altro gene, l'APOE, che è associato da tempo allo sviluppo dell'Alzheimer.
Tuttavia l'effetto del BCHE è indipendente dall'APOE. Inoltre, gli effetti dei due geni sono additivi: le persone con le varianti sospette di entrambi i geni hanno maggiori depositi di placca delle persone con una sola delle varianti associate con lo sviluppo della placca.
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Fonte: Indiana University.
Riferimento: VK Ramanan, SL Risacher, K Nho, S Kim, S Swaminathan, L Shen, TM Foroud, H Hakonarson, MJ Huentelman, PS Aisen, RC Petersen, RC Green, CR Jack, RA Koeppe, WJ Jagust, MW Weiner, AJ Saykin. APOE and BCHE as modulators of cerebral amyloid deposition: a florbetapir PET genome-wide association study. Molecular Psychiatry, 2013; DOI: 10.1038/mp.2013.19.
Pubblicato in Science Daily il 20 Febbraio 2013 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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