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Quello che non uccide può far vivere più a lungo: inatteso legame tra suicidio cellulare e longevità

Molte persone credono che i radicali liberi, le molecole a volte tossiche prodotte dal nostro corpo nell'elaborare l'ossigeno, sono il colpevole che sta dietro l'invecchiamento.


Tuttavia, una serie di studi negli ultimi anni hanno fornito la prova che può essere vero il contrario.


Ora dei ricercatori della McGill University hanno fatto fare a questa scoperta un passo avanti ulteriore, mostrando come i radicali liberi promuovano la longevità in un organismo modello sperimentale, il nematode C. elegans.
Il team ha scoperto con sorpresa che i radicali liberi - noti anche come ossidanti - agiscono su un meccanismo molecolare che, in altre circostanze, direbbe ad una cellula di suicidarsi.


La morte cellulare programmata (apoptosi) è un processo mediante il quale le cellule danneggiate si suicidano in varie situazioni: per evitare di diventare cancerose, per evitare di indurre malattie auto-immuni, o per uccidere i virus che hanno invaso la cellula.
Il meccanismo molecolare principale che la induce è ben conservato in tutti gli animali, ma è stato scoperto nel C. elegans, una scoperta che ha fatto guadagnare un premio Nobel.


I ricercatori della McGill hanno scoperto che questo stesso meccanismo, quando è stimolato nel modo giusto dai radicali liberi, in realtà rinforza le difese della cellula e ne aumenta la durata di vita.
I loro risultati sono riportati in uno studio pubblicato online l'8 maggio nella rivista Cell.


"Le persone credono che i radicali liberi siano dannosi e causino l'invecchiamento, ma la cosiddetta «teoria dell'invecchiamento dei radicali liberi» non è corretta", dice Siegfried Hekimi, professore del Dipartimento di Biologia e autore senior dello studio della McGill. "Abbiamo capovolto questa teoria dimostrando che la produzione di radicali liberi aumenta durante l'invecchiamento perché i radicali liberi in realtà combattono - non causano - invecchiamento. Infatti nel nostro organismo modello possiamo elevare la produzione di radicali liberi e quindi indurre una durata di vita sostanzialmente più lunga".


I risultati hanno implicazioni importanti:
"Mostrare che i meccanismi molecolari reali con cui i radicali liberi possono avere un effetto pro-longevità fornisce delle nuove prove forti sui loro effetti benefici come molecole di segnalazione", dice Hekimi. "Significa anche che la segnalazione dell'apoptosi può essere usata per stimolare i meccanismi che rallentano l'invecchiamento. Dal momento che il meccanismo dell'apoptosi è stato ampiamente studiato nelle persone, a causa della sua importanza medica nell'immunità e nel cancro, esistono già molti strumenti farmacologici per manipolare la segnalazione apoptotica. Ma questo non significa che sarà facile".


Stimolare la segnalazione apoptotica pro-longevità potrebbe essere particolarmente importante nelle malattie neurodegenerative, dice Hekimi.
Nel cervello la segnalazione apoptotica potrebbe essere particolarmente incline verso l'aumento della resistenza allo stress delle cellule danneggiate, piuttosto che ucciderle, spiega Hekimi. Ecco perché è più difficile sostituire i neuroni morti rispetto ad altri tipi di cellule, in parte a causa della complessità delle connessioni tra i neuroni.

 

 

 

 

 


FonteMcGill University  (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti:  Callista Yee, Wen Yang, Siegfried Hekimi. The Intrinsic Apoptosis Pathway Mediates the Pro-Longevity Response to Mitochondrial ROS in C. elegans. Cell, 2014; 157 (4): 897 DOI: 10.1016/j.cell.2014.02.055

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