Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Cosa possono rivelare le capre che danno testate sulle neurodegenerazioni

Le lotte a testate tra i bovidi maschi (la famiglia che comprende bovini, buoi, capre, pecore e bufali) sembrano drammatiche.


"Colpiscono molto forte", afferma Nicole Ackermans, che guida il laboratorio Comparative Vertebrate Neurodegeneration dell'Università dell'Alabama. "Stiamo lavorando con capre nane in questo momento e anche loro colpiscono con forza".


Tutti i bovidi maschi sfruttano le corna per impressionare potenziali compagni, ma alcune specie, in particolare pecore, capre e buoi muschiati, ingaggiano lotte con testate potenti per il dominio della mandria. I maschi si mettono uno di fronte all'altro, abbassano la testa e caricano alla massima velocità, sbattendo testa-con-testa, a volte dozzine di volte di fila.


È naturale chiedersi cosa faccia quel tipo di forze reiterate al cervello degli animali, afferma la Ackermans, che studia il cervello degli animali che si danno testate per capire meglio come le lesioni possono sommarsi e portare alla neurodegenerazione. La Ackermans spera che questa ricerca possa colmare le lacune nella nostra conoscenza di come si sviluppano nel tempo nell'uomo i disturbi neurodegenerativi, come l'Alzheimer e l'encefalopatia traumatica cronica (CTE).

 

Il costo del dominio

Il suggerimento che gli animali che danno testate possono incorrere in lesioni cerebrali non è nuovo, ma la Ackermans è stata tra i primi ricercatori a cercare specificamente prove di lesioni cerebrali naturali nei bovidi selvatici. In uno studio pubblicato l'anno scorso (rif. 2), lei e i suoi colleghi hanno esaminato al microscopio il cervello di buoi muschiati e pecore delle Montagne Rocciose (bighorn) per scoprire prove di trauma cranico. Le analisi hanno rivelato accumuli di tau fosforilato, una proteina rilasciata da neuroni feriti e morenti.


"Inoltre, gli animali sembravano in una fase iniziale di CTE del cervello umano, in quanto c'erano molti danni intorno ai solchi corticali, le pieghe del cervello"
, afferma la Ackermans. È qui che le forze di impatto della testa sono più concentrate e potrebbero creare danni cellulari, quindi "questo schema deve essere dovuto al trauma e non solo all'invecchiamento".


A prima vista, questi risultati potrebbero sembrare controintuitivi: perché gli animali dovrebbero essersi evoluti per impegnarsi in un comportamento che si traduce in lesioni cerebrali? In un nuovo documento pubblicato su Trends in Neurosciences (rif. 1), la Ackermans descrive il compromesso evolutivo che ha permesso ai combattimenti con testate di persistere tra i bovidi.


Fondamentalmente, i maschi di capre, pecore e buoi muschiati non serve che siano in grado di resistere completamente a impatti ripetuti sulla testa:

"Tutto quello che devono fare è vivere abbastanza a lungo per riprodursi, e questo è ciò che conta", afferma la Ackermans. "Mi piace dire: «Le pecore bighorn non hanno bisogno di fare cruciverba». Non importa se hanno la demenza, purché passino avanti i loro geni".


Come la maggior parte dei bovidi, le pecore bighorn hanno una società harem con un maschio dominante che si accoppia con tutte le femmine nella mandria. I combattimenti a testate sono il modo in cui si determina il dominio. La Ackermans sospetta che i maschi possano possedere alcune caratteristiche che li proteggono a breve termine, come teschi più spessi, ma che, nel tempo, il trauma cerebrale possa accumularsi.


"Se un maschio continua a vincere sfide a testate, potrebbe avere un po' di danni al cervello, ma arriva anche a procreare la successiva generazione"
, afferma la Ackermans. "Le pecore bighorn vivono comunque solo circa 10 anni in natura, quindi probabilmente non è un tempo sufficiente per accumulare lesioni cerebrali davvero gravi e croniche".

 

La scuola dei colpi duri

Nell'uomo, è tuttora poco chiaro come e quando la lesione cerebrale traumatica acuta diventa neurodegenerazione cronica.

"Non sappiamo di quante lesioni cerebrali c'è bisogno, quanto dure devono essere e a che punto le lesioni acute si trasformano in qualcosa di più cronico", afferma la Ackermans.


Queste domande sono complesse da affrontare nel cervello umano vivo, quindi i ricercatori si sono rivolti a modelli animali di lesioni cerebrali, principalmente roditori. La Ackermans afferma che questi modelli possono essere preziosi per alcune applicazioni specifiche, ma i risultati possono spesso essere difficili da tradurre negli esseri umani. Lei pensa che i bovidi domestici, come pecore e capre, abbiano un potenziale come modello più naturalistico delle lesioni cerebrali traumatiche.


Il cervello dei bovidi è più vicino per dimensioni e anatomia a quello degli umani (ad esempio, ha pieghe cerebrali, mentre quello dei topi è liscio). I bovidi vivono anche più a lungo dei topi, consentendo di studiare i processi neurodegenerativi su scale temporali estese. È stato persino dimostrato che le pecore domestiche sviluppano cambiamenti cerebrali simili all'Alzheimer, potenzialmente esacerbati dalle testate.


Ma il laboratorio della Ackermans non si limita solo ai bovidi. "C'è tutta una varietà di specie che danno colpi di testa", afferma. "Ogni volta che parlo di questo argomento, qualcuno di un campo diverso mi porta un altro esempio".


Esempi che includono uccelli come i picchi, i suli, i martin pescatore (uccelli subacquei che colpiscono l'acqua in modo estremamente duro) e i buceri dell'elmo, che si scontrano per primo con la testa a mezz'aria. Lo scaride (pesce) e alcune specie di irocheri (specie di suini) danno testate. La testata è persino un comportamento di corteggiamento visto nei capodogli maschi. "Non so se la testata produce danni al loro cervello", afferma la Ackermans. "Nessuno mi ha ancora dato un cervello di capodoglio".


La Ackerman afferma che, nel complesso, studiare le conseguenze degli impatti duri della testa in natura può insegnarci come prevenire o migliorare la neurodegenerazione nell'uomo:

"Esistono molti tipi diversi di animali che battono la testa come parte del comportamento naturale", afferma. "Se insorgono lesioni cerebrali è la nuova domanda che vogliamo studiare".

 

 

 


Fonte: Mary Bates PhD in Psychology Today (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti:

  • NL Ackermans. Neurobiological tradeoffs of headbutting b... Trends Neurosci., Sep 2023, DOI
  • NL Ackermans et al. Evidence of traumatic brain injury in h... Acta Neuropathol., 2022, DOI

Copyright: Tutti i diritti di testi o marchi inclusi nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Il sonno resetta i neuroni per i nuovi ricordi del giorno dopo

11.09.2024 | Ricerche

Tutti sanno che una buona notte di sonno ripristina l'energia di una persona; ora un nuo...

I dieci fattori legati a un aumento del rischio di Alzheimer

27.07.2020 | Esperienze & Opinioni

Anche se non c'è ancora alcuna cura, i ricercatori stanno continuando a migliorare la co...

Diagnosi di Alzheimer: prenditi del tempo per elaborarla, poi vai avanti con m…

4.12.2023 | Esperienze & Opinioni

Come posso accettare la diagnosi di Alzheimer?

Nathaniel Branden, compianto psicoterape...

Scienziati dicono che si possono recuperare i 'ricordi persi' per l…

4.08.2017 | Ricerche

Dei ricordi dimenticati sono stati risvegliati nei topi con Alzheimer, suggerendo che la...

Menopausa precoce e terapia ormonale ritardata alzano il rischio di Alzheimer

17.04.2023 | Ricerche

Le donne hanno più probabilità degli uomini di sviluppare il morbo di Alzheimer (MA), e ...

Sciogliere il Nodo Gordiano: nuove speranze nella lotta alle neurodegenerazion…

28.03.2019 | Ricerche

Con un grande passo avanti verso la ricerca di un trattamento efficace per le malattie n...

Smontata teoria prevalente sull'Alzheimer: dipende dalla Tau, non dall�…

2.11.2014 | Ricerche

Una nuova ricerca che altera drasticamente la teoria prevalente sull'or...

Il gas da uova marce potrebbe proteggere dall'Alzheimer

15.01.2021 | Ricerche

La reputazione dell'[[acido solfidrico]] (o idrogeno solforato), di solito considerato v...

Rete nascosta di enzimi responsabile della perdita di sinapsi nell'Alzhei…

8.12.2020 | Ricerche

Un nuovo studio sul morbo di Alzheimer (MA) eseguito da scienziati dello Scripps Researc...

Zen e mitocondri: il macchinario della morte rende più sana la vita

20.11.2023 | Ricerche

Sebbene tutti noi aspiriamo a una vita lunga, ciò che è più ambito è un lungo periodo di...

Districare la tau: ricercatori trovano 'obiettivo maneggiabile' per …

30.01.2019 | Ricerche

L'accumulo di placche di amiloide beta (Aβ) e grovigli di una proteina chiamata tau nel ...

Nuova terapia che distrugge i grovigli di tau si dimostra promettente

30.09.2024 | Ricerche

Degli scienziati hanno sviluppato potenziali terapie che rimuovono selettivamente le proteine ​​t...

Scoperto un fattore importante che contribuisce all'Alzheimer

22.08.2022 | Ricerche

Una ricerca guidata dai dott. Yuhai Zhao e Walter Lukiw della Luisiana State University ...

Cerca il tuo sonno ideale: troppo e troppo poco legati al declino cognitivo

28.10.2021 | Ricerche

Come tante altre cose buone della vita, il sonno fa meglio se è moderato. Uno studio plu...

Ritmi cerebrali non sincronizzati nel sonno fanno dimenticare gli anziani

18.12.2017 | Ricerche

Come l'oscillazione della racchetta da tennis durante il lancio della palla per servire un ace, l...

Identificata nuova forma di Alzheimer ad esordio molto precoce

16.06.2020 | Ricerche

Ricercatori della Mayo Clinic hanno definito una forma di morbo di Alzheimer (MA) che co...

LATE: demenza con sintomi simili all'Alzheimer ma con cause diverse

3.05.2019 | Ricerche

È stato definito un disturbo cerebrale che imita i sintomi del morbo di Alzheimer (MA), ...

Fruttosio prodotto nel cervello può essere un meccanismo che guida l'Alzh…

29.09.2020 | Ricerche

Una nuova ricerca rilasciata dalla University of Colorado propone che il morbo di Alzhei...

Invertita per la prima volta la perdita di memoria associata all'Alzheime…

1.10.2014 | Ricerche

La paziente uno aveva avuto due anni di perdita progressiva di memoria...

Rivelato nuovo percorso che contribuisce all'Alzheimer ... oppure al canc…

21.09.2014 | Ricerche

Ricercatori del campus di Jacksonville della Mayo Clinic hanno scoperto...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.