Ricercatori della University of California di Los Angeles (UCLA) hanno identificato un nuovo biomarcatore che potrebbe aiutare a misurare l'efficacia con cui il sistema immunitario è in grado di eliminare dal cervello il beta amiloide, le placche considerate uno dei tratti distintivi dell'Alzheimer.
Lo studio pilota, attualmente pubblicato online sul Journal of Alzheimer's Disease, dimostra come il gene immunitario MGAT3, che è essenziale nella eliminazione del beta amiloide, è espresso in modo diverso nei diversi pazienti di Alzheimer. La scoperta può essere utile nel fornire previsioni maggiormente individualizzate sulla malattia in futuro.
Può inoltre aiutare i ricercatori a capire quali pazienti risponderanno alla terapia con vitamina D3 e curcumina, una sostanza chimica trovata nella spezia curcuma; in precedenti studi di questo gruppo di ricerca alla UCLA, entrambi hanno dimostrato di contribuire a stimolare specifiche cellule del sistema immunitario per eliminare beta amiloide in test di laboratorio. I geni contengono le istruzioni per creare le proteine che determinano tutti i processi del corpo, dal fluire nel sangue attraverso le vene alla stimolazione del sistema immunitario. Il genoma di ogni cellula, che si compone di informazioni ereditarie, invia messaggi che "accendono" geni diversi in base alle effettive esigenze.
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In precedenti ricerche, il team dell'UCLA ha dimostrato che i malati di Alzheimer possono difettare nella comunicazione del gene MGAT3, contribuendo a spiegare perché queste persone non riescono a eliminare efficacemente il beta amiloide. In questo studio, i ricercatori hanno utilizzato un marcatore biologico a base di sangue per individuare tre modi anormali di elaborazione delle informazioni del gene MGAT3, che potrebbero portare a prognosi diverse della malattia. "La malattia di Alzheimer priva una persona dell'identità ed è un onere enorme per le famiglie, gli operatori sanitari e della società", ha detto l'autore dello studio il dottor Milan Fiala, ricercatore presso la David Geffen School of Medicine dell'UCLA e il Veterans Affairs Greater Los Angeles Healthcare System. "Questo è uno dei primi studi che mostrano il ruolo del sistema immunitario per aiutare a individuare la prognosi dell'Alzheimer e l'impatto delle terapie".
Per lo studio, gli scienziati hanno preso campioni di sangue da 20 pazienti con Alzheimer e da 20 soggetti sani di controllo e hanno quindi isolato le cellule immunitarie critiche del sangue chiamate macrofagi, deputate all'assorbimento del beta amiloide e di altri prodotti di scarto nel cervello e nel corpo. Hanno incubato le cellule immunitarie per l'intera notte con beta amiloide per testarne la capacità di "accendere" l'MGAT3. Hanno anche aggiunto una forma sintetica di curcumina ad alcune delle cellule per valutare l'effetto sull'espressione del MGAT3 e l'assorbimento di beta amiloide.
Sulla base dei risultati, i ricercatori hanno identificato tre gruppi di pazienti di Alzheimer:
- Tipo 0: Questo gruppo aveva un'espressione molto bassa di MGAT3 e tassi di assorbimento molto bassi di beta amiloide.
- Tipo I: Anche questo gruppo ha avuto una bassa espressione dell'MGAT3 e bassi tassi di assorbimento di beta amiloide, ma la forza del messaggio del MGAT3 e l'assorbimento di beta amiloide è aumentata quando i ricercatori hanno stimolato i macrofagi con curcumina sintetica.
- Tipo II: questo gruppo aveva inizialmente elevati tassi di assorbimento di beta amiloide, ma quando gli scienziati hanno aggiunto la curcumina sintetica, l'espressione del MGAT3 è diminuita e l'assorbimento è stato ridotto.
Inoltre, i ricercatori hanno scoperto che per i pazienti di tipo I e II, l'eliminazione di beta amiloide dipendeva dalla vitamina D3, un tipo di vitamina D che si trova naturalmente in queste cellule. Quando hanno bloccato l'uso della vitamina D3 da parte dei macrofagi in laboratorio, hanno scoperto che l'assorbimento di beta amiloide si è fatto più sofferto. "Questi risultati dimostrano tre livelli molto diversi di immunità e possibili reazioni alle terapie naturali con vitamina D3 e curcumina" ha detto Fiala. "Queste differenze potrebbero puntare a un nuovo modo di monitorare la progressione dell'Alzheimer e l'efficacia di queste terapie naturali basate sulla risposta immunitaria di ogni singolo paziente".
Quattordici dei 20 pazienti con Alzheimer sono stati seguiti per due anni, e i ricercatori hanno notato che coloro che erano di tipo 0, hanno avuto una prognosi peggiore di due anni per quanto riguarda la perdita della loro capacità di vivere in maniera indipendente, rispetto agli altri due tipi di pazienti. Fiala ha detto che il 45 per cento dei pazienti di Alzheimer in studio erano di tipo 0, nella loro espressione di immunità del MGAT3, mentre solo il 10 per cento dei controlli sani è compreso in questo tipo di paziente. Gli effetti della vitamina D3 e della curcumina non sono stati ancora adeguatamente studiati in pazienti di tipo 0.
Il gruppo di controllo sano, composto da professori universitari, uomini d'affari e caregivers di Alzheimer, hanno mostrato risultati diversi nella loro capacità di assorbire il beta amiloide. Nel complesso, i professori universitari hanno dimostrato assorbimento di beta amiloide da buono a eccellente, e i caregivers hanno mostrato tassi di assorbimento più bassi. Fiala ha rilevato che lo sforzo di prendersi cura dei malati di Alzheimer può danneggirare anche il sistema immunitario del caregiver.
Fiala ha aggiunto che uno studio clinico più grande deve essere completato per convalidare i risultati di questo studio pilota. Ha detto che, mentre la vitamina D3 sembra essere utile alla maggioranza delle persone, i benefici della curcumina sintetica sono più individualizzati, a seconda del paziente. In futuro un test in grado di verificare l'immunità del MGAT3 sarà messo in commercio.
Durante lo studio, i ricercatori hanno anche notato che un paziente di tipo II, che aveva subito la chirurgia dell'anca, ha avuto disfunzioni cognitive temporanee legate all'anestesia chirurgica generale, un fenomeno che può succedere. I ricercatori hanno verificato l'immunità del MGAT3 del paziente e hanno scoperto che la capacità del paziente di eliminare il beta amiloide era diminuito dopo l'intervento chirurgico, ma migliorato nei mesi successivi, insieme con la funzione cognitiva, forse a causa del supplemento di vitamina D3 assunto dal paziente - anche se questo non faceva parte dello studio.
Secondo Fiala, questo potrebbe essere un esempio di come la vitamina D3 può aiutare a migliorare l'eliminazione del beta amiloide. Egli ha osservato che si tratta di un inizio di ricerca e che nessun dosaggio di vitamina D o curcumina può essere raccomandato in questo momento. Sono in programma studi più grandi con più pazienti. Questo studio è stato finanziato dall'Associazione Alzheimer. Co-autori sono Michelle Mahanian, Mark Rosenthal, Eric Tse, Tiffany Cho e Rachel Weitzman del Dipartimento di Medicina, Greater Los Angeles VA Medical Center e della David Geffen School of Medicine dell'UCLA; Matthew T. Mizwicki del Dipartimento di Biochimica dell'Università di California di Riverside; James Sayre del Dipartimento di Biostatistica della Scuola di Medicina Pubblica dell'Università di California a Los Angeles; e Porter Verna del Dipartimento di Neurologia della David Geffen School of Medicine dell'UCLA.
Fonte: Materiale fornito dalla University of California di Los Angeles. L'articolo originale è stato scritto da Rachel Champeau.
Riferimenti: Milan Fiala, Michelle Mahanian, Mark Rosenthal, Matthew T. Mizwicki, Eric Tse, Tiffany Cho, James Sayre, Rachel Weitzman, Verna Porter. MGAT3 mRNA: A Biomarker for Prognosis and Therapy of Alzheimer's Disease by Vitamin D and Curcuminoids . Journal of Alzheimer's Disease , March 02, 2011 DOI: 10.3233/JAD-2011-101950.
Pubblicato su ScienceDaily il 17 Marzo 2011 Traduzione di Franco Pellizzari.
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