Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Per proteggere il tuo cervello, non essere (troppo) gentile!

Il morbo di Alzheimer (MA), la principale causa di demenza negli anziani, è una malattia neurodegenerativa causata dalla distruzione irreversibile delle reti neuronali in alcune strutture cerebrali, che danneggia la memoria. Anche se conosciamo alcuni fattori di rischio, come l'ipertensione o il diabete, si comincia a scoprire il ruolo potenziale dei fattori non biologici.


Scienziati dell'Università di Ginevra (UNIGE) e degli Ospedali Universitari di Ginevra (HUG) in Svizzera, attraverso scansioni cerebrali e valutazioni psico-cognitive condotte nell'arco di diversi anni in una coorte comunitaria di persone anziane, hanno dimostrato che alcuni tratti della personalità proteggono le strutture cerebrali dalla neuro-degenerazione.


Questi tratti comprendono la scarsa gentilezza accoppiata a naturale curiosità e poco conformismo: le persone con queste caratteristiche mostrano una migliore conservazione delle regioni cerebrali che tendono a perdere di volume, sia nel normale invecchiamento che nel MA. Questi risultati, pubblicati sulla rivista Neurobiology of Aging, evidenziano l'importanza di prendere in considerazione la personalità nei disturbi neuropsichiatrici e aprono la strada a strategie di prevenzione più precise contro la neurodegenerazione.


Da diversi decenni, gli specialisti del MA cercano, senza riuscirci, di sviluppare vaccini terapeutici che possono riparare i danni cerebrali causati dall'accumulo di amiloide, una piccola proteina che, quando è in eccesso, danneggia il sistema nervoso centrale e distrugge i neuroni.


Oggi si comincia a esplorare un nuovo percorso di ricerca: è possibile limitare il danno agendo su fattori non biologici? Certi individui sono più protetti di altri a causa della loro personalità o stile di vita?


“Tra la distruzione dei primi neuroni e la comparsa dei primi sintomi, passano 10/12 anni”, dice il prof. Panteleimon Giannakopoulos, psichiatra della Facoltà di Medicina della UNIGE e capo della Divisione Misure Istituzionali dell'HUG, che ha diretto questo lavoro. “Il cervello è in grado di compensare per molto tempo, attivando reti alternative. Tuttavia, quando appaiono i primi segni clinici è spesso troppo tardi. Per gestire efficacemente la malattia è quindi essenziale identificare biomarcatori precoci”.

 

Uno studio di diversi anni

A tal fine, gli specialisti hanno reclutato un'ampia coorte di persone con più di 65 anni di età in uno studio longitudinale. Hanno usato varie metodologie, comprese le scansioni cerebrali funzionali e strutturali, per valutare l'accumulo di amiloide e il volume del cervello. L'atrofia di alcune regioni del cervello è infatti una delle principali caratteristiche che precedono la perdita di memoria e il MA.


“Per ottenere un quadro più completo possibile, abbiamo deciso di guardare ai determinanti non lesionali del danno cerebrale, vale a dire l'ambiente, lo stile di vita e la psicologia”, dice il prof. Giannakopoulos. “Perciò abbiamo condotto valutazioni cognitive e della personalità”.


Per garantire la validità statistica del loro lavoro, hanno usato un modello restrittivo per controllare le eventuali devianze demografiche, socio-economiche o psichiatriche. Alla fine, hanno esaminato 65 persone (uomini e donne), più volte nel corso di un periodo di cinque anni.

 

Un appello all'egoismo?

I risultati sono sorprendenti: le persone che sono sgradevoli, che non hanno paura dei conflitti e che mostrano un certo anticonformismo hanno un cervello più protetto. Inoltre, questa protezione avviene proprio nei circuiti della memoria che sono danneggiati dal MA.


“Un livello elevato di simpatia caratterizza personalità altamente adattabili, che vogliono prima di tutto essere in linea con i desideri degli altri, per evitare conflitti, e cercare la cooperazione”, osserva lo specialista. “Questo differisce dall'estroversione. Si può essere molto estroversi e non molto simpatici, come lo sono le personalità narcisistiche, per esempio. Il determinante importante è il rapporto con l'altro: ci adeguiamo agli altri a nostre spese?"

 

Anche l'apertura mentale è importante

Un'altra caratteristica della personalità sembra avere un effetto protettivo, ma in modo meno chiaro: l'apertura all'esperienza. “Questo è meno sorprendente, perché sapevamo già che il desiderio di imparare e l'interesse per il mondo che ci circonda protegge dall'invecchiamento cerebrale”.


Ma perché? Quali sono i meccanismi biologici al lavoro? Per il momento, questo rimane un mistero, che il team di Ginevra vorrebbe decifrare, così come la stabilità delle loro osservazioni. Il fenomeno dura realmente per decenni? E come si possono usare questi risultati per la prevenzione?


“Anche se sembra difficile cambiare profondamente la propria personalità, soprattutto in età avanzata, è essenziale tenere conto di ciò in una prospettiva di medicina personalizzata, per valutare tutti i fattori protettivi e di rischio del MA. Si tratta di una parte importante di un puzzle complesso”, concludono gli autori.

 

 

 


Fonte: University of Geneva (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Panteleimon Giannakopoulos, Cristelle Rodriguez, Marie-Louise Montandon, Valentina Garibotto, Sven Haller, François R. Herrmann. Less agreeable, better preserved? A PET amyloid and MRI study in a community-based cohort. Neurobiology of Aging, 19 Feb 2020, DOI

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

10 Consigli dei neurologi per ridurre il tuo rischio di demenza

28.02.2023 | Esperienze & Opinioni

La demenza colpisce milioni di persone in tutto il mondo, quasi un over-65 su 10. Nonost...

Nuova terapia che distrugge i grovigli di tau si dimostra promettente

30.09.2024 | Ricerche

Degli scienziati hanno sviluppato potenziali terapie che rimuovono selettivamente le proteine ​​t...

Il ruolo sorprendente delle cellule immunitarie del cervello

21.12.2020 | Ricerche

Una parte importante del sistema immunitario del cervello, le cellule chiamate microglia...

Il caregiving non fa male alla salute come si pensava, dice uno studio

11.04.2019 | Ricerche

Per decenni, gli studi nelle riviste di ricerca e la stampa popolare hanno riferito che ...

Perché vivere in un mondo ‘incredibilmente tossico’ aumenta il rischio di Alzh…

6.05.2020 | Denuncia & advocacy

Sei preoccupato per la minaccia del morbo di Alzheimer (MA), e ti stai chiedendo che cos...

Un nuovo modello per l'Alzheimer: fenotipi di minaccia, stati di difesa e…

23.04.2021 | Esperienze & Opinioni

Che dire se avessimo concettualizzato erroneamente, o almeno in modo incompleto, il morb...

L'invecchiamento è guidato da geni sbilanciati

21.12.2022 | Ricerche

Il meccanismo appena scoperto è presente in vari tipi di animali, compresi gli esseri umani.

Qualità della vita peggiora quando l'Alzheimer è complicato dal cancro

28.04.2023 | Esperienze & Opinioni

Che considerazioni si possono fare per una persona con Alzheimer che riceve anche la diagnosi di can...

Svelata una teoria rivoluzionaria sull'origine dell'Alzheimer

28.12.2023 | Ricerche

Nonostante colpisca milioni di persone in tutto il mondo, il morbo di Alzheimer (MA) man...

Vecchio farmaco per l'artrite reumatoide suscita speranze come cura per l…

22.09.2015 | Ricerche

Scienziati dei Gladstone Institutes hanno scoperto che il salsalato, un farmaco usato per trattar...

I ricordi potrebbero essere conservati nelle membrane dei tuoi neuroni

18.05.2023 | Ricerche

Il cervello è responsabile del controllo della maggior parte delle attività del corpo; l...

Interleuchina3: la molecola di segnalazione che può prevenire l'Alzheimer…

20.07.2021 | Ricerche

Una nuova ricerca su esseri umani e topi ha identificato una particolare molecola di seg...

Rete nascosta di enzimi responsabile della perdita di sinapsi nell'Alzhei…

8.12.2020 | Ricerche

Un nuovo studio sul morbo di Alzheimer (MA) eseguito da scienziati dello Scripps Researc...

Aumentano le evidenze di origini alternative delle placche di Alzheimer

13.06.2022 | Ricerche

I risultati di uno studio potrebbero spiegare perché i farmaci progettati per rimuovere i depositi d...

Perché la tua visione può prevedere la demenza 12 anni prima della diagnosi

24.04.2024 | Ricerche

 

Gli occhi possono rivelare molto sulla salute del nostro cervello: in effetti, i p...

Il girovita può predire il rischio di demenza?

6.11.2019 | Ricerche

Il primo studio di coorte su larga scala di questo tipo ha esaminato il legame tra il girovita in...

Goccioline liquide dense come computer cellulari: nuova teoria sulla causa del…

22.09.2022 | Ricerche

Un campo emergente è capire come gruppi di molecole si condensano insieme all'interno de...

Identificazione dei primi segnali dell'Alzheimer

7.03.2022 | Ricerche

Un team multidisciplinare di ricerca, composto da ricercatori del progetto ARAMIS, dell...

Malato di Alzheimer: la casa di cura la paga lo Stato?

25.05.2023 | Normativa

Chi si fa carico delle spese per un malato di Alzheimer ricoverato in una casa di riposo? Scopriamo ...

Perché il diabete tipo 2 è un rischio importante per lo sviluppo dell'Alz…

24.03.2022 | Ricerche

Uno studio dell'Università di Osaka suggerisce un possibile meccanismo che collega il diabete all'Al...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.