PIANO NAZIONALE DEMENZE - Strategie per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel settore delle demenze. (Allegato A dell'accordo, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, lett. c) del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, le province, i comuni e le comunità montane sul documento recante: «Piano nazionale demenze - Strategie per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel settore delle demenze». (Rep. atti n. 135/CU). (15A00130) (G.U. Serie Generale , n. 9 del 13 gennaio 2015)
La demenza è una malattia cronico degenerativa, la cui storia naturale è caratterizzata dalla progressione più o meno rapida dei deficit cognitivi, dei disturbi del comportamento e del danno funzionale con perdita dell'autonomia e dell'autosufficienza con vario grado di disabilità e conseguente dipendenza dagli altri, fino alla immobilizzazione a letto. è necessario pervenire il più rapidamente possibile ad una diagnosi precisa che permetta interventi farmacologici e/o psicosociali volti a contenere la progressione della malattia in relazione allo stadio, al grado di disabilità e dalla comorbilità; è altrettanto necessario ed irrinunciabile gestire tutti i problemi che si presentano nel percorso dei vari stadi.
La demenza è in crescente aumento nella popolazione generale ed è stata definita secondo il Rapporto OMS e ADI una priorità mondiale di salute pubblica: «nel 2010, 35,6 milioni di persone risultavano affette da demenza con stima di aumento del doppio nel 2030, il triplo nel 2050, con ogni anno 7,7 milioni di nuovi casi (1 ogni 4 secondi) e una sopravvivenza media dopo la diagnosi di 4-8-anni. La stima dei costi è di 604 mld di dollari/anno con incremento progressivo e continua sfida per i sistemi sanitari.
Tutti i Paesi devono includere le demenze nei loro programmi di salute pubblica; a livello internazionale, nazionale regionale e locale sono necessari programmi e coordinamento su più livelli e tra tutte le parti interessate. E' necessario assicurare la migliore qualità di vita possibile per il paziente ed un supporto adeguato per i familiari da parte dei sistemi sanitari, sociali, finanziari e giuridici. Pertanto si deve agire subito per:
- promuovere a livello mondiale una società in grado di comprendere ed includere le demenze;
- considerare le demenze una priorità sanitaria e sociale nazionale in tutti i Paesi;
- migliorare l'atteggiamento e la conoscenza del pubblico e dei professionisti rispetto alle demenze;
- investire nei sistemi sanitari e sociali per migliorare l'assistenza ed i servizi per i pazienti ed i loro familiari;
- aumentare la priorità data alle demenze nell'agenda della ricerca di salute pubblica.» (Ginevra 11 aprile 2012).
Il maggior fattore di rischio associato all'insorgenza delle demenze è l'età e, in una società che invecchia, l'impatto del fenomeno si prefigura di dimensioni allarmanti, ed è facile prevedere che queste patologie diventeranno, in tempi brevi, uno dei problemi più rilevanti in termini di sanità pubblica. Si sottolinea inoltre che il sesso femminile rappresenta un importante fattore di rischio per l'insorgenza della demenza di Alzheimer, la forma più frequente di tutte le demenze (circa il 60%).
Numerose evidenze disponibili in termini di prevenzione primaria e secondaria individuano sette fattori di rischio potenzialmente modificabili associati all'insorgenza della demenza di Alzheimer,quali il diabete, l'ipertensione in età adulta, l'obesità in età adulta, il fumo, la depressione, la bassa scolarizzazione e l'inattività fisica. Si stima che circa un terzo dei casi di demenza di Alzheimer siano potenzialmente attribuibili all'insieme di questi fattori. In tal senso alcuni studi condotti per diverse decadi su alcune popolazioni europee e americane sembrano documentare, negli anni più recenti, una riduzione della prevalenza della demenza da attribuire probabilmente ad una modifica degli stili di vita.
Con un simile scenario di riferimento non sorprende il fatto chela Commissione Europea, l'Organizzazione Mondiale della Sanità e recentemente anche il summit specifico del G8, tenutosi a Londra nel mese di dicembre 2013, abbiano ribadito che la demenza di Alzheimer rappresenta una priorità nell'agenda globale per i prossimi anni. In particolare il summit di Londra ha evidenziato la necessità di politiche a sostegno dell'innovazione nel settore della ricerca e dell'assistenza dei pazienti affetti da demenza.
Una segnalazione a parte merita la recente Joint Action Europea ALCOVE (Alzheimer Cooperative Valutation in Europe) sulle policy per le demenze. Questo progetto ha coinvolto 30 partner provenienti da 19 paesi, inclusa l'Italia che ha coordinato l'area di epidemiologia, ed ha avuto come obiettivo il miglioramento delle conoscenze sulla patologia e sulle sue conseguenze contribuendo a stimolare una riflessione sulla qualità della vita delle persone, sul concetto di autonomia e sui diritti di chi vive con una forma di demenza. Le raccomandazioni conclusive del progetto ALCOVE si sono indirizzate su quattro aree specifiche quali l'epidemiologia, la diagnosi, i sistemi di supporto alla gestione dei sintomi psicologici e comportamentali (BPSD) delle persone affette da demenza e gli aspetti etici (diritti,autonomia, dignità).
Per quanto attiene all'epidemiologia gli aspetti più rilevanti riguardano la necessità di promuovere ulteriori studi sia sulla prevalenza della demenza in generale, rispettando standard di elevata qualità come quelli definiti nell'Alzheimer Disease International Report del 2009, sia sulla prevalenza ed incidenza in persone con demenza al di sotto i 65 anni di età per definire al meglio la frequenza di un fenomeno ancora poco conosciuto e molto eterogeneo.Appare poi urgente migliorare la raccolta dei dati sull'uso degli antipsicotici nelle persone affette da demenza in modo prospettico e sistematico in differenti contesti (comunità, assistenza domiciliare, cliniche della memoria, Residenze Sanitarie Assistenziali - RSA) al fine di promuovere con campagne nazionali un uso appropriato di questi farmaci riducendo il rischio associato alloro uso.
Per la diagnosi si è raccomandata l'importanza della centralità della persona. In particolare la diagnosi tempestiva di demenza deve essere disponibile per tutti i cittadini che la richiedono nel momento in cui viene rilevata per la prima volta un'alterazione delle funzioni cognitive e/o comportamentali. Bisogna ridurre la paura e lo stigma riguardo alla demenza.
Le raccomandazioni relative ai sistemi di supporto alla gestione dei sintomi psicologici e comportamentali (BPSD) delle persone affette da demenza evidenziano come questi siano fonte di un notevole carico assistenziale e di depressione per i caregiver, cosi come di un aumento del tasso di istituzionalizzazione per le persone con demenza. Tutti gli Stati membri dovrebbero sviluppare una strategia olistica tridimensionale indirizzata allo sviluppo di strutture e organizzazioni assistenziali dedicate ai BPSD, ad interventi individualizzati per il paziente e il caregiver (Individualized Patient and Family Carers, IPCI) combinando interventi psicosociali e terapie farmacologiche ed infine ad assicurare la competenza dei professionisti socio-sanitari.
Le raccomandazioni relative ai diritti, l'autonomia e la dignità delle persone affette da demenza rappresentano una vera e propria emergenza dal punto di vista etico. Una persona con diagnosi di demenza non deve essere automaticamente considerata incapace di esercitare il suo diritto di scelta. La presunzione di competenza deve essere garantita alle persone con demenza durante l'intero corso della malattia, e vanno previsti anche tutti gli eventuali meccanismi di supporto in tale direzione.
L'Italia è uno dei Paesi al mondo con la più alta percentuale di persone anziane (età uguale o superiore a 65 anni). In Europa, secondo dati ISTAT al 1° gennaio 2013, si colloca al secondo posto dopo la Germania, con un numero di anziani di 12.639.000, pari a al 21,2% della popolazione totale. Anche l'indice di vecchiaia, definito come il rapporto percentuale tra la popolazione in età anziana (65anni e più) e la popolazione in età giovanile (meno di 15 anni), colloca l'Italia al secondo posto in Europa dopo la Germania, con un rapporto di 144 anziani ogni 100 giovani. Le proiezioni demografiche mostrano una progressione aritmetica di tale indicatore fino a giungere nel 2051 per l'Italia a 280 anziani per ogni 100 giovani.
Sono pertanto in aumento tutte le malattie croniche, in quanto legate all'età, e tra queste le demenze. La prevalenza della demenza nei paesi industrializzati è circa dell'8% negli ultrasessantacinquenni e sale ad oltre il 40% dopo gli ottanta anni. Il progressivo incremento della popolazione anziana comporterà un ulteriore consistente aumento della prevalenza dei pazienti affetti da demenza. In Italia, il numero totale dei pazienti con demenza è stimato in oltre un milione (di cui circa 600.000 con demenza di Alzheimer) e circa 3 milioni sono le persone direttamente o indirettamente coinvolte nell'assistenza dei loro cari. Secondo alcune proiezioni, i casi di demenza potrebbero triplicarsi nei prossimi 30 anni nei paesi occidentali.
Le conseguenza sul piano economico ed organizzativo sono facilmente immaginabili, tenendo conto che i soli costi annuali diretti per ciascun paziente vengono, in diversi studi europei, stimati in cifre variabili da 9000 a 16000 Euro, a seconda dello stadio di malattia. Stime di calcolo circa i costi socio-sanitari delle Demenze in Italia ipotizzano cifre complessive pari a circa 10-12 miliardi di Euro annui, e di questi 6 miliardi per la sola Malattia di Alzheimer.
La crescente già citata importanza attribuita agli interventi che hanno potenziale impatto sulla prevenzione della demenza, quali ad esempio quelli citati in precedenza, è testimoniata anche dal fatto che per la prima volta il Piano Nazionale Prevenzione (PNP) 2010-2012 aveva incluso la tematica delle demenze tra le priorità di azione, e il tema è attualmente in esame e definizione anche nella proposta del nuovo PNP quinquennale 2014-2018.
Il «modello della gestione integrata» è oggi considerato l'approccio più indicato per migliorare l'assistenza alle persone con malattie croniche. Queste persone, infatti, hanno bisogno, oltre che di trattamenti efficaci e modulati sui diversi livelli di gravità, anche di continuità di assistenza, informazione e sostegno per raggiungere la massima capacità di autogestione possibile. Per attuare un intervento di gestione integrata è fondamentale disporre:
- di processi e strumenti di identificazione della popolazione target;
- di linee guida basate su prove di efficacia;
- di modelli di collaborazione tra i diversi professionisti coinvolti per promuovere un'assistenza multidisciplinare;
- di strumenti psico-educativi per promuovere l'autogestione dei pazienti e dei familiari quale componente essenziale dell'assistenza ai malati cronici;
- di misure di processo e di esito;
- di sistemi informativi sostenibili e ben integrati sul territorio che incoraggino non solo la comunicazione tra medici ma anche tra medici, pazienti e familiari per ottenere un'assistenza coordinata e a lungo termine;
- di meccanismi e programmi di formazione/aggiornamento per specialisti e Medici di Medicina Generale (MMG).
Soprattutto per le patologie cronico-degenerative come le demenze, dunque, appare necessario definire un insieme di percorsi assistenziali secondo una filosofia di gestione integrata della malattia che, come è documentato in letteratura da diverse esperienze internazionali, risulta efficace ed efficiente in rapporto ad un miglioramento della storia naturale della malattia.
In Italia, nonostante gli sforzi delle Amministrazioni, delle Associazioni e della gran parte degli operatori dell'area socio-sanitaria, la gestione del problema Demenze è ancora affrontata in momenti e, spesso, con percorsi distinti: quello diagnostico, quello assistenziale e quello riabilitativo, dimenticando che solo un approccio integrato, a tutti i livelli, può rappresentare una efficace risposta alle complesse istanze che la patologia porta con sé.
L'attuale situazione dell'offerta sociosanitaria si concentra, in varia misura, sulle strutture specialistiche attivate nell'ambito del «Progetto CRONOS», varato dal Ministero della Sanità nel 2000. In attuazione del progetto vennero costituite in tutte le Regioni italiane circa 500 «Unità di Valutazione Alzheimer» (U.V.A.) per lo screening dei pazienti da avviare alla somministrazione dei farmaci anticolinesterasici inclusi nello studio, secondo un percorso predefinito volto a garantire la massima accessibilità a tutti i soggetti interessati.
In tali servizi operano ad oggi quasi 2000 operatori sanitari e socio-sanitari tra medici (che sono responsabili, in base alle decisione stabilite dall'AIFA, del piano terapeutico farmacologico), psicologi, tecnici della riabilitazione, assistenti sociali, infermieri, personale amministrativo.
I criteri suggeriti, nel protocollo del progetto, per la costituzione delle UVA erano centrati sulla identificazione di unità funzionali basate sul coordinamento delle competenze neurologiche,psichiatriche, internistiche e geriatriche presenti nell'ambito dei dipartimenti ospedalieri, dei servizi territoriali specialistici e di assistenza domiciliare delle aziende territoriali, nonché della medicina generale.
L'Italia è stato il primo paese che ha puntato sulla creazione di centri specialistici dove viene posta la diagnosi di demenza e si coordina una fase terapeutica. Successivamente anche Francia,Germania, Regno Unito, Austria e Irlanda hanno promosso la costituzione di «memory clinics», che si basano sugli stessi presupposti. In sintesi queste strutture, in raccordo con la medicina generale, hanno rappresentato e rappresentano il fulcro di un sistema dedicato alle demenze intorno alle quali bisogna costruire una rete integrata di servizi sanitari e socio-sanitari.
Negli anni scorsi, in alcune Regioni, però, l'istituzione delle UVA non si è basata su una programmazione che leggesse la realtà del fabbisogno e su di essa dimensionasse l'offerta di servizi, tanto che ad una valutazione eseguita sia nel 2002 che nel 2006 dall'Istituto Superiore di Sanità è emerso che in circa il 25% delle strutture il servizio è fornito un solo giorno a settimana e che in circa il 7% vi è un solo medico dedicato a questo lavoro.
Va inoltre considerato che circa il 20% delle UVA, nel corso delle indagini svolte in passato, non era stato raggiungibile.
A distanza di quasi quattordici anni tali strutture specialistiche rappresentano ancora, in molti casi, accanto alla medicina generale, il punto di accesso alla rete dei servizi socio-sanitari per i pazienti ed i loro familiari, ma necessitano, ormai, di interventi urgenti di adeguamento, razionalizzazione e/o potenziamento.
A titolo di esempio, basti citare il fatto che alcune Regioni hanno ritenuto opportuno cambiare in prima istanza la stessa denominazione dei centri specialistici dedicati, passando dalle UVA a «Unità di Valutazione delle Demenze» (UVD) e/o «Centri per il decadimento cognitivo», sottolineando cosi' il passaggio da una visione centrata sull'Alzheimer ad una più ampia estesa a tutte le forme di demenze (si ricorda che circa il 40% delle demenze sono di altra natura) o ad uno spettro più articolato di stadiazioni.
Un elemento di ulteriore criticità del sistema è rappresentato dalla scarsa integrazione dei servizi sanitari con quelli sociali, a conferma delle difficoltà che ancora oggi si incontrano nel perseguire l'obiettivo prioritario della costruzione e del coordinamento della rete.
Sulla scorta di quanto detto, appare dunque strategico promuovere un processo che miri ad individuare modalità e strutture che rappresentino il nodo di accesso alla rete integrata dell'offerta sanitaria e del supporto sociale, anche alla luce dell'esperienza maturata in questi anni in riferimento ai Punti unici di accesso (PUA) specificamente rivolti all'anziano ed al disabile.
Allo stesso tempo occorre dare forza alle eccellenze cliniche, in ambito diagnostico, terapeutico e riabilitativo ed alla esperienza acquisita dalle UVA in quasi quattordici anni di attività.
Oggi si ravvede l'importanza di una denominazione comune di queste ultime strutture sul territorio nazionale che possa innanzitutto caratterizzarle come chiaro punto di riferimento e possa inoltre rendere esplicito il fatto che esse effettuano la presa incarico delle persone affette da disturbi cognitivi e/o da demenza e ottemperano alle implicazioni sulla prescrizione dei farmaci previste dall'AIFA (ad esempio la nota 85 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale serie generale n. 65 del 1973/2009 e il Comunicato sull'uso degli antipsicotici del 8/5/2009).
La denominazione condivisa che appare recepire con maggiore chiarezza le diverse istanze è «Centro per Disturbi Cognitivi e Demenze (CDCD)».
Una rete integrata sanitaria, socio-sanitaria e sociale consentirà al paziente, al MMG e ai familiari di fruire in modo agevole di un qualificato riferimento clinico e assistenziale che utilizzi, in ogni fase in cui si renda necessario, il livello assistenziale adeguato, dagli specialisti all'ospedale per acuti, dall'ospedale diurno all'assistenza domiciliare integrata, dalle residenze sanitarie assistenziali alla ospedalizzazione a domicilio, al centro diurno, ecc.
La consapevolezza della complessità del fenomeno delle demenze, con tutte le sue implicazioni sulla tenuta del tessuto sociale, richiede pertanto un impegno straordinario da parte delle Istituzioni, centrali e regionali, in stretto raccordo con le Associazioni dei familiari e dei pazienti.
Questo impegno deve indirizzarsi verso lo sviluppo di una capacità di governance dei fenomeni complessi, indispensabile ad affrontare una vera e propria emergenza socio-sanitaria.
A tal fine il «Piano nazionale demenze» intende fornire indicazioni strategiche per la promozione e il miglioramento degli interventi nel settore, non soltanto con riferimento agli aspetti terapeutici specialistici, ma anche al sostegno e all'accompagnamento del malato e dei familiari lungo tutto il percorso di cura.
Per omogeneizzare gli interventi sul territorio nazionale il Piano è aggregato intorno ad alcuni Obiettivi prioritari da cui discendono una serie di Azioni.
Tali azioni dovranno essere poi opportunamente declinate ed articolate sulla base dei bisogni specifici e delle esperienze maturate, attraverso una razionalizzazione dell'uso delle risorse finalizzate al raggiungimento degli obiettivi stessi.
Appare infine urgente la necessità di un articolato sviluppo della ricerca scientifica con particolare enfasi su quelle evidenze direttamente trasferibili alla sanità pubblica in quanto capaci di supportare adeguatamente le azioni di prevenzione, di diagnosi tempestiva, di cure appropriate e di riabilitazione.
Il Piano focalizza dunque la propria attenzione su tutte le opportune misure di sanità pubblica che possano promuovere interventi appropriati ed adeguati, di contrasto allo stigma sociale,di garanzia dei diritti, di conoscenza aggiornata, di coordinamento delle attività, nel loro complesso finalizzati ad una corretta gestione integrata della demenza.
Obiettivo 1: Interventi e misure di Politica sanitaria e sociosanitaria:
- Aumentare le conoscenze della popolazione generale, delle persone con demenze e dei loro familiari, nonché dei professionisti del settore, ciascuno per i propri livelli di competenza e coinvolgimento, circa la prevenzione, la diagnosi tempestiva, il trattamento e l'assistenza delle persone con demenza con attenzione anche alle forme ad esordio precoce;
- Conseguire, attraverso il sostegno alla ricerca, progressi di cura e di miglioramento della qualità della vita delle persone con demenza e dei loro carer;
- Organizzare e realizzare le attività di rilevazione epidemiologica finalizzate alla programmazione e al miglioramento dell'assistenza, per una gestione efficace ed efficiente della malattia.
- Azioni:
- 1.1. Promozione di strategie per la prevenzione primaria e secondaria;
- 1.2. Realizzazione di una mappa aggiornata dell'offerta sanitaria, sociosanitaria e sociale anche in collaborazione con le amministrazioni comunali;
- 1.3. Promozione di interventi mirati alla creazione di una rete assistenziale regionale integrata, con articolazione locale, basata su criteri di qualità organizzativi e strutturali valutabili e condivisi;
- 1.4. Presenza di obiettivi specifici connessi agli interventi per le demenze nella valutazione dei direttori generali e dei direttori delle strutture operative individuate dalla programmazione regionale;
- 1.5. Promozione e coordinamento a livello nazionale di attività di ricerca nell'ambito della sanità pubblica, con particolare attenzione agli aspetti epidemiologici, clinici e sociali;
- 1.6. Attivazione di un tavolo di confronto permanente per le demenze, tra Ministero della salute e Regioni, queste ultime eventualmente organizzate in un tavolo interregionale (sul modello di quanto già avviene per altre aree di intervento), che si avvale del contributo scientifico dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS) e dell'AGENAS, nonché di quello delle Associazioni nazionali dei familiari dei pazienti. Si ritiene importante che il tavolo sia integrato dalle rappresentanze della componente sociale, nelle sue articolazioni nazionale, regionale e locale;
- 1.7. Realizzazione di un sistema informativo sulle demenze, a partire dalla valorizzazione dei flussi già esistenti, che consenta il dialogo tra il livello regionale e quello nazionale e sia utilizzato a supporto delle funzioni di: monitoraggio del fenomeno e programmazione degli interventi basati su indicatori di appropriatezza e qualità; sostegno alla verifica di attuazione del presente Piano; ricerca mirata.
- 1.1. Promozione di strategie per la prevenzione primaria e secondaria;
Obiettivo 2: Creazione di una rete integrata per le demenze e realizzazione della gestione integrata:
- Promuovere la prevenzione, la diagnosi tempestiva, la presa incarico, anche al fine di ridurre le discriminazioni, favorendo adeguate politiche di intersettorialità;
- Rendere omogenea l'assistenza, prestando particolare attenzione alle disuguaglianze sociali e alle condizioni di fragilità e/o vulnerabilità socio-sanitaria.
- Azioni:
- 2.1. Creazione, riorganizzazione e potenziamento di una rete di servizi e funzioni, a partire dal CDCD, che si configura come sistema integrato in grado di garantire la diagnosi e la presa in carico tempestiva, la continuità assistenziale ed un corretto approccio alla persona ed alla sua famiglia nelle diverse fasi della malattia e nei diversi contesti di vita e di cure (MMG, ambulatori per le demenze, Centri Diurni, ADI dedicata, etc.), con particolare attenzione agli aspetti etici.
- 2.2. Strutturazione, sulla base della specifica programmazione regionale, di questa rete di servizi e funzioni in modo che risponda a precisi criteri di qualità dell'offerta e percorsi di cura condivisi, con particolare riferimento ai seguenti aspetti:
- il dimensionamento dell'offerta di servizi basato sulla stima del fabbisogno dei diversi territori;
- l'individuazione di servizi, funzioni e competenze che garantiscano la risposta corretta ad ogni necessità di cura del paziente in ogni livello assistenziale, dalle cure primarie ai servizi specialistici ambulatoriali, a quelli residenziali e semire-sidenziali, ai servizi ospedalieri;
- la messa in rete delle professionalità necessarie all'approccio multidisciplinare e multidimensionale, garantendo la disponibilità delle figure professionali indispensabili (MMG geriatra, neurologo, psichiatra, psicologo, infermiere, assistente sociale, terapista occupazionale, fisioterapista, operatore sociosanitario, etc.);
- l'accessibilità e fruibilità dei servizi, in termini di localizzazione, congruo numero di ore di apertura giornaliera e settimanale;
- la condivisione ed implementazione di percorsi di cura /percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziali (PDTA) che assicurano la gestione integrata.
- 2.3. Formulazione di una Carta dei servizi specifica in cui siano contenute indicazioni riguardanti informazioni generali sulla operatività dei servizi e sulle modalità assistenziali dell'intero percorso, a garanzia della trasparenza dell'offerta.
- 2.1. Creazione, riorganizzazione e potenziamento di una rete di servizi e funzioni, a partire dal CDCD, che si configura come sistema integrato in grado di garantire la diagnosi e la presa in carico tempestiva, la continuità assistenziale ed un corretto approccio alla persona ed alla sua famiglia nelle diverse fasi della malattia e nei diversi contesti di vita e di cure (MMG, ambulatori per le demenze, Centri Diurni, ADI dedicata, etc.), con particolare attenzione agli aspetti etici.
Obiettivo 3: Implementazione di strategie ed interventi per l'appropriatezza delle cure:
- Migliorare la capacità del SSN nell'erogare e monitorare i Servizi, attraverso l'individuazione e l'attuazione di strategie che perseguano la razionalizzazione dell'offerta e che utilizzino metodologie di lavoro basate soprattutto sull'appropriatezza delle prestazioni erogate;
- Migliorare la qualità dell'assistenza delle persone con demenza al proprio domicilio, presso le strutture residenziali e semiresidenziali e in tutte le fasi di malattia;
- Promuovere l'appropriatezza nell'uso dei farmaci, delle tecnologie e degli interventi psico-sociali.
- Azioni:
- 3.1 Sviluppo di Linee Guida e documenti di consenso:
- 3.1.1 Sviluppo delle Linee Guida (LG) che si rendano necessarie nel panorama della promozione di corrette pratiche preventive e clinico-assistenziali basate sulle evidenze scientifiche, con attenzione alle aree di particolare criticità;
- 3.1.2 Elaborazione di tali LG nell'ambito del Sistema nazionale linee guida (SNLG), con il coinvolgimento di tutti gli attori istituzionali (Ministero della salute, Istituto Superiore di sanità, Regioni, AGENAS) e la collaborazione delle maggiori Associazioni di pazienti e familiari e delle principali Società scientifiche;
- 3.1.3 Monitoraggio della diffusione e dell'implementazione delle LG, nonché dell'aderenza ad esse, effettuato a livelloregionale attraverso l'uso di indicatori condivisi;
- 3.1.4 Formulazione e approvazione di ulteriori documenti di consenso che, pur non configurandosi come LG perché pertinenti ad aree di maggiore incertezza, siano comunque ritenuti utili strumenti di appropriatezza e qualità;
- 3.1.5 Dotazione e adozione, da parte delle Regioni, di un documento relativo ai percorsi di cura/percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziali (PDTA), che garantiscono la gestione integrata in quanto essi sono finalizzati non solo a migliorare la qualità della cura, ma anche a ridurre i ritardi nell'erogazione di trattamenti appropriati e a migliorare l'uso delle risorse;
- 3.2 Formazione e aggiornamento:
- 3.2.1 Promozione di un adeguamento dei percorsi di formazione specialistica in medicina generale organizzati ed attivati dalle Regioni;
- 3.2.2 Attivazione di percorsi di formazione/aggiornamento rivolti a tutte le figure professionali che operano nei servizi sanitari e sociosanitari, con modalità integrate ed inserendoli nell'ambito della formazione continua ECM aziendale e regionale;
- 3.2.3 Promozione di occasioni formative in collaborazione con le associazioni dei familiari che prevedano la partecipazione di tutte le figure professionali sociosanitarie e dei familiari/caregivers informali;
- 3.2.4 Promozione di una sistematica attività di audit quale strumento di autovalutazione dei professionisti sanitari e di miglioramento della pratica clinica.
- 3.1 Sviluppo di Linee Guida e documenti di consenso:
Obiettivo 4: Aumento della consapevolezza e riduzione dello stigma per un miglioramento della qualità della vita:
- Supportare le persone con demenza e i loro familiari fornendo loro corrette informazioni sulla malattia e sui servizi disponibili per facilitare un accesso ad essi quanto più tempestivo possibile;
- Migliorare la qualità di vita e della cura e promuovere la piena integrazione sociale per le persone con demenze anche attraverso strategie di coinvolgimento personale e familiare;
- Favorire tutte le forme di partecipazione, in particolare attraverso il coinvolgimento delle famiglie e delle Associazioni,sviluppando non solo l'empowerment delle persone ma anche quello della comunità. In questo contesto le amministrazioni regionali si attivano per il coinvolgimento anche delle Associazioni locali.
- Azioni:
- 4.1. Promozione di eventi informativi di rilievo nazionale e regionale, mirati alla sensibilizzazione della popolazione generale,alla lotta allo stigma sociale, alla promozione del rispetto e della dignità delle persone con demenza, anche utilizzando i sistemi di comunicazione via web;
- 4.2. Sviluppo di interventi di coinvolgimento attivo e consapevole dei familiari/caregiver con parallela offerta di sostegno personalizzato, formazione ed informazione mirate;
- 4.3. Utilizzo di strumenti di monitoraggio delle condizioni di salute e di tutela dei caregiver;
- 4.4. Sostegno e valorizzazione delle associazioni dei familiari e delle reti di volontariato, e delle loro attività dedicate ai caregiver;
- 4.5. Incentivazione di tutte le opportunità a bassa soglia e ad alta capacità di contatto per il coinvolgimento delle persone con demenza e dei loro familiari ed il sostegno informale (come ad esempio i caffè Alzheimer o altre iniziative sul territorio di provata efficacia).
- 4.1. Promozione di eventi informativi di rilievo nazionale e regionale, mirati alla sensibilizzazione della popolazione generale,alla lotta allo stigma sociale, alla promozione del rispetto e della dignità delle persone con demenza, anche utilizzando i sistemi di comunicazione via web;
L'attività di monitoraggio del presente Piano verrà realizzata nell'ambito delle funzioni di confronto di cui al punto 1.6.
Nel primo anno di emanazione verrà effettuato il monitoraggio del recepimento formale del Piano e successivamente il monitoraggio riguarderà specificamente la sua applicazione, valutata sulla base degli indicatori che verranno individuati nell'ambito della funzione di confronto permanente per le demenze prevista dall'Obiettivo 1.
A questa funzione viene attribuito anche il compito di evidenziare tutte le criticità presenti nell'applicazione del Piano, quali ad esempio la disomogenea collocazione dei Centri nell'organizzazione aziendale, la disponibilità e lo stato di realizzazione dei flussi informativi correnti nelle diverse regioni, che dovrebbero essere canalizzati in un sistema informativo integrato, come ugualmente previsto dall'Obiettivo 1.
In questo ambito si prevede espressamente la possibilità di redigere successivi documenti di approfondimento, da sottoporre al percorso di approvazione quali Accordi in Conferenza Unificata, per argomenti che rivestono carattere di particolare criticità e delicatezza.
Accanto a quelli già citati si segnalano inoltre:
- la definizione di indicatori e criteri di qualità per le strutture incluse nella rete della gestione integrata;
- la formulazione di linee di indirizzo per promuovere corretti approcci nelle fasi di comunicazione della diagnosi,nell'acquisizione del consenso informato, e nell'utilizzo degli istituti giuridici (ad es. amministratore di sostegno);
- la valutazione di alcuni aspetti etici, quali il tema delle direttive anticipate del trattamento inclusa la possibilità di accedere alle cure palliative nella fase terminale di malattia;
- la promozione della stesura di linee di indirizzo per gli operatori a supporto e tutela del paziente in età lavorativa;
- l'approfondimento delle problematiche legate alle specificità delle demenze ad esordio precoce.
Fonte: Ministero della Salute