Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Prendersi cura di una persona con demenza: è stressante ma anche gratificante

La demenza è destinata a diventare una delle più grandi sfide globali per la salute della nostra generazione. Solo nel Regno Unito ci sono circa 850.000 persone che vivono con la malattia e si prevede che questa cifra sarà più che doppia entro il 2051.


Quelli di noi che non sviluppano la demenza probabilmente finiranno per prendersi cura di qualcuno che ce l'ha. Secondo il Carers Trust, in GB ci sono circa 700.000 caregiver familiari di persone con demenza. Senza questi caregiver non retribuiti, l'economia della GB dovrebbe trovare 11 miliardi di sterline all'anno per coprire i costi dell'assistenza alla demenza. Questo rende i caregiver di demenza una risorsa inestimabile per le persone di cui si occupano e per la società nel suo insieme.


Come psicologo, sono affascinato dalla 'forza nascosta' che consente ad alcuni caregiver di prosperare. Una cosa che i ricercatori chiamano 'resilienza', definita come "il processo di negoziazione, gestione e adattamento a fonti significative di stress o trauma".


Nella nostra precedente ricerca del 2014, abbiamo esaminato se i coniugi caregiver di demenza potevano ottenere resilienza e, in tal caso, a quali risorse attingevano per facilitare la loro capacità di resilienza. Abbiamo scoperto che poco meno della metà dei caregiver erano resilienti secondo la definizione di cui sopra.


La ricerca mostra che i caregiver di demenza resilienti hanno maggiori probabilità di essere protetti dai sintomi depressivi; i caregiver di demenza sono in genere più depressi e hanno livelli di benessere più bassi rispetto ai caregiver che non si prendono cura della demenza. I caregiver resilienti hanno anche meno probabilità di trasferire prematuramente il loro caro in una struttura di assistenza.

 

 

Forza e coraggio

Nell'ambito della nostra ricerca, la sig.ra Wi, una 69enne che si prendeva cura del marito da quattro anni, ha spiegato il suo ruolo come "un contratto che non firmeresti mai". Ma nonostante riconoscesse il peso del caregiving, la sig.ra Wi ha accettato la diagnosi del marito e ha messo in atto misure per poter continuare a vivere in modo indipendente: "Lui usciva ogni lunedì e ogni venerdì per giocare a biliardo e questo non si è interrotto ... Ho detto ai suoi amici fin dall'inizio che [lui] aveva l'Alzheimer".


Un'altra caregiver, la sig.ra C, non mostrava segni di angoscia e ha adottato un atteggiamento positivo nei nove anni del suo caregiving. In riferimento alla diagnosi del marito, la sig.ra C ha detto: "Ho cercato di essere positiva e dire che tutto quello che hanno fatto è dargli un nome. Sei sempre la stessa persona che eri ieri".


Ho intervistato due volte i caregiver tra il 2011 e il 2014. In quel periodo molto era cambiato. Tutti hanno riferito un deterioramento della salute del loro caro, alcuni lo hanno trasferito in una struttura di assistenza e altri hanno avuto un lutto. Alcuni erano passati attraverso entrambe le esperienze.


Eppure erano di più le persone diventate resilienti rispetto a quelle che non lo erano diventate. Ciò suggerisce che la resilienza non è fissa: i caregiver possono diventare resilienti nonostante lo stress associato al caregiving.

 

 

Cantare e ridere

Dalla nostra ricerca è chiaro che l'umorismo e la positività sono facilitatori importanti della resilienza, come spiega il sig. G: "Rido e canto, e lei ride ... il mio vicino ha detto che è una buona cosa che abbiamo una casa indipendente".


Anche il sostegno sociale è importante, soprattutto dagli amici: "Siamo come una famiglia ... ci scambiamo storie tristi o storie liete ogni settimana ... Penso che sia per questo che sono così stabile perché parlo con così tante persone che si trovano nella stessa barca" (Sig.ra L).


Anche i caregiver che si occupavano di servizi che consentivano loro di 'dare indietro' avevano maggiori probabilità di essere resilienti: "Faccio volontariato ... Sono una caregiver che parla ai caregiver ... So che sembra sciocco ma è un momento di pausa, è diverso eppure stai aiutando gli altri" (Si.ra Wi).


Il sostegno familiare è ben considerato da tutti i caregiver che vi hanno avuto accesso, ma solo alle loro condizioni, in modo da non rinunciare ai sentimenti di indipendenza e autonomia.


Naturalmente, nessuno nega che la cura della demenza è stressante, ma è chiaro che molti caregiver si sono adattati con successo al ruolo. Attingono alle proprie caratteristiche e risorse individuali all'interno del loro ambiente sociale, sia immediato che più ampio, per costruire la propria resilienza. Questo è importante perché dimostra che le persone possono vivere bene come caregiver alla demenza.


Gli attuali servizi di assistenza e di ricerca sulla demenza sono generalmente incentrati sui problemi e progettati per alleviare il carico di lavoro. Ma promuovendo la resilienza e gli aspetti positivi e gratificanti del caregiving, possiamo aiutare a migliorare la vita quotidiana sia dei caregiver che delle persone di cui si prendono cura.

 

 

 


Fonte: Warren Donnellan, docente dell'Università di Liverpool

Pubblicato su The Conversation (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Pressione bassa potrebbe essere uno dei colpevoli della demenza

2.10.2019 | Esperienze & Opinioni

Invecchiando, le persone spesso hanno un declino della funzione cerebrale e spesso si pr...

La lunga strada verso la demenza inizia con piccoli 'semi' di aggreg…

20.11.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) si sviluppa nel corso di decenni. Inizia con una reazione a c...

Invertita per la prima volta la perdita di memoria associata all'Alzheime…

1.10.2014 | Ricerche

La paziente uno aveva avuto due anni di perdita progressiva di memoria...

Perché la tua visione può prevedere la demenza 12 anni prima della diagnosi

24.04.2024 | Ricerche

 

Gli occhi possono rivelare molto sulla salute del nostro cervello: in effetti, i p...

Perché le cadute sono così comuni nell'Alzheimer e nelle altre demenze?

4.09.2020 | Esperienze & Opinioni

Le cadute hanno cause mediche o ambientali

Una volta che si considerano tutte le divers...

Subiamo un 'lavaggio del cervello' durante il sonno?

4.11.2019 | Ricerche

Una nuova ricerca eseguita alla Boston University suggerisce che questa sera durante il ...

Variante della proteina che causa l'Alzheimer protegge dalla malattia

15.02.2021 | Ricerche

Le scoperte di un nuovo studio sul morbo di Alzheimer (MA), guidato da ricercatori dell...

Cerca il tuo sonno ideale: troppo e troppo poco legati al declino cognitivo

28.10.2021 | Ricerche

Come tante altre cose buone della vita, il sonno fa meglio se è moderato. Uno studio plu...

Molecola 'anticongelante' può impedire all'amiloide di formare …

27.06.2018 | Ricerche

La chiave per migliorare i trattamenti per le lesioni e le malattie cerebrali può essere nelle mo...

Perché il diabete tipo 2 è un rischio importante per lo sviluppo dell'Alz…

24.03.2022 | Ricerche

Uno studio dell'Università di Osaka suggerisce un possibile meccanismo che collega il diabete all'Al...

IFITM3: la proteina all'origine della formazione di placche nell'Alz…

4.09.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dall'accumulo...

Stimolazione dell'onda cerebrale può migliorare i sintomi di Alzheimer

15.03.2019 | Ricerche

Esponendo i topi a una combinazione unica di luce e suono, i neuroscienziati del Massach...

Interleuchina3: la molecola di segnalazione che può prevenire l'Alzheimer…

20.07.2021 | Ricerche

Una nuova ricerca su esseri umani e topi ha identificato una particolare molecola di seg...

Nuovo sensore nel cervello offre risposte all'Alzheimer

12.03.2021 | Ricerche

Scienziati della Università della Virginia (UVA) hanno sviluppato uno strumento per moni...

Effetti della carenza di colina sulla salute neurologica e dell'intero si…

23.01.2023 | Ricerche

Assorbire colina a sufficienza dall'alimentazione è cruciale per proteggere il corpo e il cervello d...

Perché dimentichiamo? Nuova teoria propone che 'dimenticare' è in re…

17.01.2022 | Ricerche

Mentre viviamo creiamo innumerevoli ricordi, ma molti di questi li dimentichiamo. Come m...

Colpi in testa rompono i 'camion della spazzatura' del cervello acce…

5.12.2014 | Ricerche

Un nuovo studio uscito ieri sul Journal of Neuroscience dimostra che un...

Laser a infrarossi distrugge le placche di amiloide nell'Alzheimer

7.08.2020 | Ricerche

L'aggregazione di proteine ​​in strutture chiamate 'placche amiloidi' è una caratteristi...

Ritmi cerebrali non sincronizzati nel sonno fanno dimenticare gli anziani

18.12.2017 | Ricerche

Come l'oscillazione della racchetta da tennis durante il lancio della palla per servire un ace, l...

Come dormiamo oggi può prevedere quando inizia l'Alzheimer

8.09.2020 | Ricerche

Cosa faresti se sapessi quanto tempo hai prima che insorga il morbo di Alzheimer (MA)? N...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)