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Depressione può accelerare il processo di invecchiamento cerebrale e di demenza

Anche se un declino della funzione cognitiva è una parte inevitabile dell'invecchiamento, e anche se i disturbi affettivi sono comuni negli anziani, si è scoperto che la depressione può effettivamente accelerare e peggiorare il declino della funzione del cervello.


Nel loro studio, John et al. (2018) hanno trovato un'associazione significativa tra depressione e declino cognitivo. Dopo aver rivisto diversi studi longitudinali di tutto il mondo che avevano analizzato i problemi affettivi e la funzione cognitiva, gli autori hanno scoperto che la depressione era un predittore continuo di declino cognitivo significativo. Inoltre, gli anziani con depressione clinica e/o sintomi depressivi, misurati con Mini Mental State Examination (MMSE) e Geriatric Depression Scale (GDS), hanno evidenziato un maggiore declino cognitivo rispetto a quelli senza depressione.


Questi risultati corroborano la nozione che la depressione, che è dannosa in sé e per sé, può effettivamente avere altri effetti deleteri e inaspettati sulla salute.


Come si è scoperto, i disturbi affettivi sono stati di recente associati ad un aumento del rischio di sviluppare la demenza, sia come fattore di rischio, sia come prodromo, della condizione. Questo rischio di acquisire la demenza è aumentato con gravità e frequenza maggiore dei sintomi depressivi (da Silva et al., 2013).


Inoltre, si è in genere trovato che i pazienti con depressione mostrano alterazioni nelle seguenti aree cognitive: elaborazione affettiva, memoria, controllo esecutivo e sensibilità di reazione. Ciascuna di queste aree sembra essere collegata a diverse regioni della corteccia prefrontale che lavorano in tandem con regioni subcorticali e strutture temporali, come l'amigdala, l'ippocampo e il talamo.


Ad esempio, i pazienti anziani depressi hanno mostrato un volume ridotto di materia grigia ippocampale rispetto ai coetanei non depressi (Clark, Chamberlain, & Sahakian, 2009). Funzionalmente, questo si è tradotto in un deterioramento della memoria di lavoro, dell'attenzione e della pianificazione avanzata visti nel disturbo depressivo maggiore (MDD) (Elliott et al., 1996, Rogers et al. 2004).


Vale la pena sottolineare la differenza tra i risultati delineati qui e quelli della 'pseudo-demenza', in cui i pazienti geriatrici che sono curati per la disabilità cognitiva sono valutati per la depressione che può manifestarsi con segni di compromissione della cognizione e della memoria, e che è risolvibile affrontando la depressione sottostante. Quello che sto delineando qui è che questi risultati hanno suggerito che la depressione è stata trovata, in questo studio, come associata a un successivo aumento del rischio di acquisire la demenza nel seguito nella vita.


Si potrebbe intuire quindi che, se la depressione dovesse essere collegata al deterioramento cognitivo, il trattamento con un antidepressivo dovrebbe migliorare i risultati cognitivi. Questo è stato valutato da studi come quello longitudinale di Shilyansky et al. (2016), in cui i partecipanti sono stati trattati con antidepressivi escitalopram, sertralina o venlafaxina. Per l'inibizione della risposta, l'attenzione, la velocità decisionale, l'elaborazione delle informazioni e la memoria verbale, gli autori hanno rilevato che, indipendentemente dal quale antidepressivo è stato usato, non c'era alcun miglioramento notevole in nessuno di questi domini.


Tuttavia, si è trovato che il trattamento con antidepressivi ha generato un piccolo miglioramento della flessibilità cognitiva (la capacità di adattare il pensiero in base alle variazioni dell'ambiente) e della funzione esecutiva. Ciò suggerisce che ci possa essere un effetto multifattoriale della depressione sul deterioramento cognitivo e sul declino, e che ogni elemento della cognizione è unico nella sua risposta (o nella sua mancanza) al trattamento.


Allo stesso tempo, la recente valutazione di un altro 'inibitore selettivo di ricaptazione della serotonina' (SSRI) e modulatore del recettore della serotonina, la vortioxetina, ha indicato risultati molto migliori su più domini cognitivi, come la velocità di elaborazione, l'apprendimento, la funzione esecutiva e la memoria, per i pazienti con MDD. Ciò si manifestava con prestazioni migliorate su un Digit Symbol Substitution Test e sul Rey Auditory Verbal Learning Test. Questi miglioramenti degli esiti cognitivi sembrano essere indipendenti dai suoi effetti sul miglioramento della depressione (Frampton, 2016).


Mentre si sta facendo ricerca per affrontare l'uso dei farmaci, dovremmo concentrarci e indagare se la psicoterapia, come la terapia cognitivo-comportamentale, può migliorare non solo la depressione ma anche il declino cognitivo che ne deriva. Ad oggi, c'è ancora carenza di ricerca per studiare l'effetto della psicoterapia sugli esiti cognitivi degli ​​individui depressi. Questa è una strada che deve essere esplorata di più.


Tutto ciò evidenzia quanto è complicato affrontare il declino cognitivo in realtà, e quante più ricerche sono necessarie per trovare sia una terapeutica farmacologica efficace che una corrispondente psicoterapia, per garantire il benessere cognitivo a lungo termine dei pazienti con depressione.


In ogni caso, questa scoperta supporta ancora di più il fatto che la depressione e le condizioni di salute mentale devono essere prese sul serio e affrontate di conseguenza. Inoltre, con una popolazione in crescita, e più longeva, dobbiamo prenderci cura della nostra popolazione anziana e assicurarci che siano soddisfatte le loro esigenze di salute mentale.


Molti devono affrontare problemi inevitabili della salute fisica a causa dell'invecchiamento. L'ultimo di cui hanno bisogno è quello di dover combattere la depressione. Aggiungiamo a ciò il rischio elevato di declino cognitivo e peggio ancora, di demenza, che accompagna la depressione, e possiamo iniziare a vedere quanto è davvero cruciale per gli anziani lottare per la salute mentale.

 

 

 


Fonte: Racheed Mani in Psychology Today (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti:

  1. Clark, L., et al. (). Neurocognitive Mechanisms in Depression: Implications for Treatment. Annual Review of Neuroscience, 2009, DOI
  2. da Silva, J. D., et al. Affective disorders and risk of developing dementia: Systematic review. British Journal of Psychiatry, 2013, DOI
  3. Elliott R, et al. Neuropsychological impairments in unipolar depression: the influence of perceived failure on subsequent performance. Psychol. Med. 1996, DOI
  4. Frampton, J. E. Vortioxetine: A Review in Cognitive Dysfunction in Depression. Drugs,2016, DOI
  5. John, A., et al. Affective problems and decline in cognitive state in older adults: A systematic review and meta-analysis. Psychological Medicine, 2018, DOI
  6. Rogers MA, et al. Executive and prefrontal dysfunction in unipolar depression: a review of neuropsychological and imaging evidence. Neurosci. Res., 2004, DOI
  7. Shilyansky, C., et al. Effect of antidepressant treatment on cognitive impairments associated with depression: a randomised longitudinal study. The Lancet Psychiatry, 2016, DOI

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Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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