Una nuova ricerca si propone di delineare esattamente come si sviluppa l'Alzheimer nel cervello umano. Dei cambiamenti biologici possono accadere prima di quanto gli scienziati avessero pensato finora, secondo un nuovo modello della malattia.
Questo suggerisce che i primi segnali di rischio potrebbero diventare potenzialmente obiettivi di trattamento molto prima che i sintomi del morbo comincino ad apparire, dicono i ricercatori. "Si sta delineando meglio ciò che accade durante le fasi asintomatiche [senza sintomi] della malattia", ha detto Dean Hartley, direttore delle iniziative scientifiche dell'Alzheimer's Association, che però non è coinvolto nella nuova ricerca.
Gli scienziati dietro la nuova ricerca hanno identificato fasi distinte, ma sovrapposte, del decorso dell'Alzheimer, ognuna rilevabile con "marcatori" biologici che mostrano i cambiamenti fisici del cervello. Inoltre hanno perfezionato il loro modello per distinguere questi "biomarcatori" di Alzheimer da quelli del normale invecchiamento.
Il modello suggerisce che
- nella prima fase della malattia, appaiono per primi i marcatori cerebrali che segnalano variazioni nella proteina beta-amiloide. Le placche di beta-amiloide sono pezzi di proteine (provenienti dalla membrana di grasso che circonda le cellule nervose) che si aggregano insieme, contribuendo alla disfunzione nervosa.
- nella seconda fase della malattia, compaiono segni di degenerazione e morte delle cellule cerebrali.
- nella terza fase sono evidenti i sintomi della demenza, secondo il nuovo modello.
Il raffinato modello dovrebbe aiutare i ricercatori a progettare meglio la ricerca, guidare la selezione dei partecipanti allo studio, suggerire il momento ideale per iniziare il trattamento e contribuire a misurare l'impatto del trattamento, ha detto il dottor Clifford Jack Jr., l'autore principale di uno dei tre studi sulla materia presentati lo scorso Martedì alla International Conference dell'Alzheimer's Association a Boston. Egli ha detto che la sua ricerca è stata accettata per la pubblicazione sulla rivista Neurology.
Oltre alle proteine beta-amiloidi, anche la proteina "tau" ha un ruolo nell'Alzheimer, creando quelli che vengono chiamati "grovigli neurofibrillari". Jack ha detto che i cambiamenti nel cervello provocati dalla tau sembrano verificarsi prima, ma l'aggregazione dell'amiloide accelera i cambiamenti della tau e li induce a diffondersi. Il messaggio centrale è che tau e placche di beta-amiloide interagiscono tra loro in modo sinergico, ha detto Jack, professore di radiologia e neuroradiologo al College of Medicine della Mayo Clinic a Rochester in Minnesota.
L'Alzheimer è una malattia cerebrale progressiva ed irreversibile che distrugge lentamente la memoria e la capacità di pensare. I sintomi solitamente compaiono dopo i 60 anni, e circa 5 milioni di americani possono avere la malattia, secondo il National Institute on Aging.
Jack e il suo team hanno pubblicato un modello ipotetico dei principali biomarcatori dell'Alzheimer in Neurology nel 2010, descrivendo come i biomarcatori cambiano nel tempo e sono collegati all'insorgenza e alla progressione dei sintomi. Per questo studio quindi, il team ha esaminato gli studi che hanno testato e valutato quel modello, spronandoli a raffinarlo ulteriormente. Come potrebbe il modello far nascere nuove idee per il trattamento dell'Alzheimer? "Quello che in realtà ha senso, probabilmente è un approccio terapeutico combinato dove si puntano il punto, o i punti, dei percorsi di tau e amiloide simultaneamente", ha spiegato Jack.
Proprio come le persone spesso prendono le statine (farmaci che abbassano il colesterolo) per ridurre il rischio di malattie cardiache, potrebbe un giorno essere possibile che i soggetti a rischio di Alzheimer possano assumere farmaci per aiutare a prevenirlo, dice Jack. Egli immagina un "cocktail" o una combinazione di farmaci che potrebbero puntare i diversi punti delle vie molecolari della malattia, somministrati presto nella vita, secondo il proprio rischio per l'Alzheimer.
Hartley dell'Alzheimer's Association ha detto che è entusiasta del modello modificato. "Fa pensare che alcuni dei trattamenti che stiamo usando potrebbero essere troppo in ritardo nella progressione della malattia". Alla riunione sono stati presentati due studi collegati:
- Il Dr. Victor Villemagne dell'Università di Melbourne in Australia, e colleghi, hanno seguito circa 200 persone con e senza segni di Alzheimer per quattro anni per stimare quando tendono a diventare anomali i livelli di amiloide-beta. Gli scienziati hanno concluso che l'Alzheimer è un processo lento, probabilmente si estende per più di 20 anni.
- L'altro studio, condotto da Daniela Bertens del VU University Medical Center di Amsterdam in Olanda, ha fornito altre prove che è l'amiloide-beta anomala ad innescare lo sviluppo dell'Alzheimer. La ricerca ha incluso circa 300 persone con amiloide-beta anomala, e li ha seguiti per quattro anni, testandone il liquido cerebrospinale per individuare i segni diagnostici della malattia.
Poiché questi studi sono stati presentati ad una riunione medica, i dati e le conclusioni dovrebbero essere considerati preliminari fino alla pubblicazione in una rivista peer-reviewed [=a controllo dei pari].
Pubblicato da Barbara Bronson Gray in WebMd (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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