Come ho scritto in post precedenti, le evidenze di placche amiloide-beta (Aβ) possono essere presenti nel cervello delle persone fino a 20 anni prima dell'insorgenza della compromissione cognitiva dovuta al morbo di Alzheimer (MA). La proteina tau anormale inizia ad apparire come grovigli neurofibrillari nel cervello più tardi, ma comunque diversi anni prima dell'inizio della compromissione cognitiva. Le informazioni da scansioni PET e tau, nonché esami del sangue più recenti per Aβ e tau hanno confermato questa linea temporale.
Abbiamo anche parlato dei fallimenti deludenti a tutt'oggi degli anticorpi monoclonali anti-amiloide nel rallentare il declino cognitivo del MA, nonostante la rimozione efficace dell'Aβ dal cervello. Numerosi studi recenti stanno studiando gli effetti di questi farmaci dati prima nel corso della malattia, prima che vi sia un danno cognitivo.
Tutti i soggetti in questi studi devono avere biomarcatori prova di amiloide cerebrale e cognizione normale. La maggior parte degli studi richiede una scansione di PET amiloide positiva, ma almeno uno usa un esame del sangue sensibile e specifico per l'Aβ per qualificare i partecipanti allo studio.
Anche se sono molto entusiasta di questi studi "preventivi" e spero davvero che riescano, c'è un problema intrinseco. Se la fase asintomatica amiloide-positiva del MA può durare fino a 20 anni, come sapremo se la rimozione dell'amiloide potrà prevenire o rallentare la malattia? Non è pratico aspettare 20 anni per scoprirlo. Idealmente, dovremmo studiare soggetti amiloide-positivi, ancora senza tau nel cervello, ma che diventeranno tau-positivi entro pochi anni.
Uno studio pubblicato su Neurology mostra come potrebbe essere possibile identificare soggetti di ricerca che si trovano in questa finestra ristretta, coloro che attualmente hanno amiloide, nessuna tau, ma che hanno caratteristiche che suggeriscono che diventeranno tau-positivi e cognitivamente compromessi entro 5 anni. Questi ricercatori della Mayo Clinic hanno raccolto dati dall'Alzheimer’s Disease Neuroimaging Initiative, un grande database internazionale contenente scansioni PET amiloide e tau e risonanze magnetiche ottenute da centinaia di soggetti che rappresentano tutte le fasi dello spettro del MA.
Mentre tutti i soggetti avevano amiloide cerebrale rilevabile all'inizio e nessuna tau, quelli con livelli più elevati di amiloide e di atrofia dell'ippocampo visti su MRI, positività ApoE-4 e cognizione meno conservata, avevano una probabilità significativamente maggiore di avere una scansione tau-positiva e/o demenza entro cinque anni. Limitare i partecipanti agli studi di farmaci anti-amiloidi a coloro che hanno più onere amiloide, ippocampo più piccolo e positività ApoE-4 potrebbe essere importante per la prova del concetto: i farmaci anti-amiloide possono rallentare o addirittura fermare la progressione del MA?
Se un tale studio dovesse produrre risultati negativi, sarebbe probabilmente il colpo finale per le terapie anti-amiloide. Ma se gli esperimenti sui farmaci anti-amiloidi limitati a quelli in procinto di convertirsi in tau-positivi e compromissione cognitiva, avranno successo, saranno un grande salto in avanti e potrebbero iniziare ulteriori studi con criteri di inclusione più ampi.
Fonte: Daniel Gibbs in A Tattoo On My Brain (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.
L'autore: "Sono un neurologo in pensione con l'Alzheimer in fase iniziale. Mi sono preso cura di molti pazienti con Alzheimer e altre demenze nei 25 anni di pratica di neurologia generale a Portland, in Oregon. Ho scritto delle mie esperienze con l'Alzheimer da due prospettive, paziente e medico, nel libro A Tattoo On My Brain: A Neurologist’s Personal Battle against Alzheimer’s Disease (un tatuaggio nel mio cervello: la battaglia personale di un neurologo contro l'Alzheimer), edito da Cambridge University Press".
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