Gli sforzi per comprendere come il processo di invecchiamento colpisce il cervello e la cognizione si sono ampliati oltre il semplice confronto tra adulti, giovani e meno giovani.
"Ognuno invecchia in modo diverso. Osservando le variazioni genetiche e le differenze individuali nei marcatori della salute vascolare, cominciamo a capire che i fattori prevenibili possono influenzare le nostre possibilità di invecchiamento di successo", ha detto Andrew Bender studente di dottorato in psicologia alla Wayne State University, autore principale di uno studio finanziato dal National Institute on Aging del National Institutes of Health e ora in corso di stampa nella rivista Neuropsychologia.
Il rapporto "Age-related Differences in Memory and Executive Functions in Healthy APOE ε4 Carriers: The Contribution of Individual Differences in Prefrontal Volumes and Systolic Blood Pressure", si concentra sui portatori della variante del gene apolipoproteina ε4 (APOE), presente in circa il 25 per cento della popolazione. Rispetto a coloro che possiedono altre forme del gene APOE, i portatori dell'allele ε4 hanno un rischio significativamente maggiore di contrarre l'Alzheimer, la demenza e le malattie cardiovascolari.
Molti studi hanno anche dimostrato che i portatori della variante ε4 dell'APOE senza demenza hanno volumi cerebrali più piccoli e hanno risultati meno positivi nei test cognitivi rispetto ai portatori di altre varianti del gene. Tali risultati, tuttavia, non sono coerenti, e una possibile spiegazione può provenire dall'esame delle interazioni tra i geni rischiosi e gli altri fattori, come i marcatori della salute cardiovascolare. Precedenti ricerche in campioni tipici degli anziani hanno dimostrato che in effetti altri fattori di rischio vascolari, come ad esempio i livelli elevati di colesterolo, l'ipertensione o il diabete, possono aggravare l'impatto della variante ε4 APOE sul cervello e la cognizione, ma non è chiaro se tale sinergia di rischi è presente negli adulti sani.
Quindi i ricercatori della Wayne State hanno valutato un gruppo di volontari da 19 a 77 anni di età che si sono auto-segnalati come particolarmente sani su un questionario che esplorava una serie di condizioni, rappresentanti lo "scenario del caso migliore" dell'invecchiamento sano. Il progetto di ricerca, guidato da Naftali Raz (foto), Ph.D., professore di psicologia e direttore del Lifespan Cognitive Neuroscience Research Program dell'Istituto di Gerontologia della WSU, ha testato diverse abilità cognitive note per la loro sensibilità all'invecchiamento e gli effetti della variante APOE ε4. Queste abilità includono la velocità di elaborazione delle informazioni, la memoria di lavoro (trattenere e manipolare le informazioni nella propria mente) e la memoria episodica (memoria per gli eventi).
I ricercatori hanno anche misurato la pressione sanguigna dei partecipanti, effettuato test genetici per determinare di quale variante di APOE erano portatori i partecipanti, e misurato i volumi di diverse regioni cerebrali critiche utilizzando immagini cerebrali da scansione di risonanza magnetica strutturale ad alta risoluzione. Bender e Raz hanno mostrato che nei portatori anziani di APOE ε4, anche lievi aumenti della pressione arteriosa sistolica (il più alto dei due numeri che sono riportati nelle misurazioni della pressione arteriosa) sono stati collegati a volumi minori della corteccia prefrontale e materia bianca prefrontale, velocità più lenta di elaborazione delle informazioni, ridotta capacità di lavoro della memoria e peggiore memoria verbale. E' importante notare, hanno detto, che questo modello non è evidente in coloro che mancavano della variante ε4 del gene.
Lo studio conclude che il gene APOE ε4 può rendere i suoi vettori sensibili agli effetti negativi di aumenti relativamente piccoli della pressione sanguigna sistolica, e che l'interazione tra due fattori di rischio, genetici e fisiologici, è dannoso per le strutture cerebrali chiave e per le funzioni cognitive associate. "Anche se i geni hanno un ruolo importante nel plasmare gli effetti dell'età e del rischio vascolare sul cervello e la cognizione, l'impatto delle singole varianti genetiche è relativamente piccolo, e ce ne sono un bel po' di queste. Quindi il proprio invecchiamento non deve essere visto attraverso la lente del proprio profilo genetico", hanno avvertito gli autori dello studio. "L'impatto negativo di molte varianti genetiche ha bisogno dell'aiuto da altri fattori di rischio, e mentre non c'è molto che si può fare sui geni, molto si può fare sui fattori di rischio vascolari come la pressione o il colesterolo".
"Ognuno dovrebbe cercare di tenerli sotto controllo, e le persone con determinate varianti genetiche più delle altre" ha detto Raz. "In pratica, pur con il miglior mazzo di carte genetiche che ci possa essere stato concesso, ha comunque senso ridurre il rischio attraverso quello che funziona: esercizio fisico, dieta o, se non funzionano, un farmaco sicuro".
Poiché lo studio è parte di un progetto longitudinale, lui e Bender hanno detto che il compito dell'immediato futuro è quello di determinare come l'interazione tra i geni a rischio e i fattori di rischio vascolari influenza la traiettoria delle modifiche legate all'età (non le differenze, come in questo studio trasversale) nel cervello e nella cognizione.
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Fonte: Materiale della Wayne State University - Office of the Vice President for Research.
Pubblicato in ScienceDaily il 9 Maggio 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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