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L'Alzheimer può essere fermato prima che compaiano i primi sintomi?

Attualmente, non c'è alcun modo conosciuto per prevenire l'Alzheimer, che colpisce più di 5 milioni di americani ed è la sesta causa di morte negli Stati Uniti.


Ma un nuovo studio ha individuato quello che potrebbe essere il biomarcatore più precoce associato al rischio di sviluppare Alzheimer.


Infatti, questo potenziale biomarcatore sembra essere presente nel liquido cerebrospinale (CSF) almeno dieci anni prima dell'apparizione dei segnali iniziali dell'Alzheimer.


"Se questi nostri risultati saranno replicati da altri laboratori, i risultati cambieranno il modo attuale di pensare alle cause dell'Alzheimer", ha detto in un comunicato stampa il Dott. Ramon Trullas, professore di ricerca al CSIC Istituto di Ricerca Biomedica di Barcellona e autore principale dello studio che è stato pubblicato in Annals of Neurology. "Questa scoperta potrebbe permetterci di ricercare trattamenti più efficaci che possono essere somministrati durante la fase preclinica".


Identificare i biomarcatori è sempre più importante; trovare un biomarcatore ideale potrebbe aiutare a distinguere l'Alzheimer da altri tipi di demenza. E questo è fondamentale perché il trattamento di queste varie forme di demenza potrebbe differire.


I ricercatori del CSIC hanno dimostrato che una diminuzione della quantità di DNA mitocondriale (mtDNA) nel CSF può indicare la presenza di Alzheimer e, inoltre, ci può essere un vero e proprio rapporto di causa-effetto. L'ipotesi è che un livello inferiore di mtDNA nel CSF rifletta una minore capacità dei mitocondri (le fabbriche di energia delle cellule) di alimentare i neuroni del cervello, causandone la morte.


La diminuzione della concentrazione di mtDNA precede la comparsa di biomarcatori biochimici noti di Alzheimer (proteine Aβ1-42, T-tau, e ​p-tau), suggerendo che la progressione del morbo inizi prima di quanto si è pensato finora e che l'impoverimento del mtDNA possa essere uno dei primi segni della malattia.


Oltre ad aiutare con un'indagine sul potenziale rapporto causa-effetto della progressione tra mtDNA e Alzheimer, l'uso del mtDNA come indicatore di Alzheimer è migliore dell'uso dei precedenti marcatori biochimici: il rilevamento di tale nuovo biomarcatore dell'acido nucleico non è ostacolato dalle difficoltà tecniche connesse con altri marcatori, secondo Trullas.


Trullas ha detto che spera che altri laboratori ed ospedali avranno successo nel replicare i risultati della ricerca, a conferma che i livelli ridotti di mtDNA dovrebbero essere studiati come possibile causa dell'Alzheimer. Trovando un modo per bloccare questa degenerazione, i medici possono diagnosticare e trattare l'Alzheimer prima della comparsa dei sintomi, ha aggiunto.


Quando si tratta di ricerca di Alzheimer, sono arrivate altre buone notizie all'inizio di quest'anno, quando i ricercatori della Utah State University hanno scoperto che la progressione del declino nel funzionamento cerebrale tra i pazienti di Alzheimer può essere rallentata drasticamente se i caregiver cambiano semplicemente l'ambiente del paziente.

 

 

 

 

 


Fonte: CSIC - Institute of Biomedical Research of Barcelona

Riferimento:
Petar Podlesniy, Joana Figueiro-Silva, Albert Llado, Anna Antonell, Raquel Sanchez-Valle, Daniel Alcolea, Alberto Lleo, Jose Luis Molinuevo, Nuria Serra and Ramon Trullas. Low CSF concentration of mitochondrial DNA in preclinical Alzheimer's disease. Annals of Neurology, DOI: 10.1002/ana.23955

Pubblicato in Huffington Post (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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