Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


E' possibile che l'amore del caregiver sia efficace come o più dei farmaci?

E' possibile che l'amore del caregiver sia efficace, o più efficace dei farmaci attualmente disponibili per il trattamento dell'Alzheimer? ... Ve lo siete mai chiesto: io l'ho fatto. E lo faccio.

Può il caregiver dell'Alzheimer fare la differenza nel progresso della malattia? Può il caregiver fare la differenza nel modo in cui si comporta una persona che soffre di Alzheimer? Può il modo in cui il caregiver tratta la persona che soffre di Alzheimer influire nel modo di sentire di quest'ultimo? Può il modo in cui una persona agisce verso di te fare la differenza nel modo in cui ti senti? Possono le parole di qualcuno che conosci farti sentire felice, triste o arrabbiato?

Questo studio documenta l'impatto potenziale della vicinanza emotiva e come può influenzare una persona affetta da Alzheimer.

Una relazione intensa del caregiver può rallentare il declino dell'Alzheimer

Uno studio condotto da ricercatori della Johns Hopkins e dalla Utah State University  suggerisce che un rapporto particolarmente stretto con i caregivers può dare alle persone con malattia di Alzheimer un vantaggio marcato rispetto a quelli a cui manca, nel conservare le funzioni mentali e cerebrali nel corso del tempo. L'effetto benefico dell'intimità emotiva che i ricercatori hanno visto tra i partecipanti è stato pari ad alcuni farmaci utilizzati per curare la malattia.

A report on the study, believed to be the first to show that the patient-caregiver relationship may directly influence progression of Alzheimer's disease, is published in the September 2009  and currently available online. Una relazione sullo studio, che si ritiene essere il primo a dimostrare che la relazione paziente-caregiver può influenzare direttamente la progressione della malattia di Alzheimer, è pubblicato nel numero di Settembre 2009 del The Journals of Gerontology Series B: Psychological Sciences and Social Sciences e attualmente disponibile online.

Lyketsos
"Abbiamo dimostrato che i vantaggi di avere un caregiver vicino, soprattutto un coniuge, può fare la differenza tra una persona con AD che sta a casa e una che deve essere portata a una struttura di cura", afferma Costantine Lyketsos, MD, MHS, Professore in Alzheimer's Disease Research della Elizabeth Plank Althouse e direttore del Memory and Alzheimer Treatment Center della Johns Hopkins.

Lyketsos (nella foto) avverte che non è chiaro come e perché questo beneficio sia così evidente nello studio, dato che i risultati possono essere dovuti a forme più lievi di malattia di Alzheimer tra coloro che dichiaravano di avere relazioni intense. "Un rapporto stretto potrebbe indurre i caregivers a fornire un trattamento più attento, ma potrebbe essere il contrario, uno stato lieve della malattia aiuta i badanti a stare vicino", dice Lyketsos. "Il passo successivo dello studio è progettato per districare questo dilemma".

I ricercatori si sono a lungo interessati ai rapporti tra operatori sanitari e pazienti con Alzheimer, con molti studi incentrati sul benessere dei caregiver. Tuttavia, poco si conosce circa il rapporto inverso: come possono i caregivers influire sul benessere delle persone con malattia di Alzheimer.

Per scoprirlo, Lyketsos e i suoi colleghi della Johns Hopkins Utah State, dell'University of Washington, della Duke University e della Boston University, hanno esaminato 167 coppie di caregiver e malati di Alzheimer. Le coppie sono stati reclutate tra i partecipanti del Dementia Progression Study della Contea di Cache (Utah), che ha monitorato centinaia di persone con Alzheimer ed altri tipi di demenza dal 1994. Tutti i partecipanti allo studio vivono nella Cache County, i cui abitanti risultano in cima alla scala di longevità nel censimento del 1990 degli Stati Uniti.

A partire dal 2002, i ricercatori hanno incontrato coppie paziente-caregiver nelle loro case ogni sei mesi per periodi fino a quattro anni. Ad ogni riunione, i pazienti si sono sottoposti ad una batteria di test per valutare la salute fisica, cognitiva, funzionale e comportamentale. The researchers also interviewed the caregivers — spouses, adult children or adult children-in-law — about the caregiving environment and gave them a survey to assess how close their relationships were with the patients. I ricercatori hanno anche intervistato i caregivers - il coniuge, i figli maggiorenni o figli acquisiti adulti - a proposito dell'ambiente di cura e hanno consegnato un questionario per valutare quanto stretti erano i loro rapporti con i pazienti. L'indagine chiedeva ai caregivers di valutare il loro livello di accordo o disaccordo con sei affermazioni, ad esempio "Il mio rapporto con la persona assistita è stretto", "Il destinatario dell'assistenza mi fa sentire come una persona speciale" e "Il destinatario della cura e io possiamo sempre discutere di qualsiasi cosa insieme."

All'inizio dello studio, tutti i pazienti hanno ottenuto lo stesso risultato nei test cognitivi e funzionali. Tuttavia, col passare del tempo, i ricercatori hanno trovato notevoli differenze tra i pazienti il cui caregiver aveva dichiarato relazioni più o meno strette nel questionario. I pazienti con cui il caregiver si sentiva particolarmente vicino hanno conservato maggiori funzioni cognitive nel corso dello studio, perdendo mediamente meno della metà dei punti alla fine dello studio in un test cognitivo comune chiamato Mini-Mental State Exam ( MMSE), rispetto ai pazienti con badante più distaccato.

I pazienti con caregiver più vicino ha ottenuto anche migliori risultati in un test funzionale chiamato Clinical Dementia Rating, risultando notevolmente più vicino alla linea di base nel tempo rispetto a quelli con badanti più "freddi".

L'effetto "vicinanza" è stato accentuato per le coppie in cui il caregiver era il coniuge, al contrario di un figlio adulto o acquisito. I pazienti con coniugi impegnati, hanno avuto il declino pil più lento in assoluto, con modifiche ai punteggi MMSE nel corso del tempo simili a pazienti che hanno partecipato a recenti studi clinici di farmaci approvati dalla FDA per l'Alzheimer chiamati inibitori dell'acetilcolinesterasi.

"Abbiamo dimostrato che i vantaggi di avere un caregiver vicino, soprattutto un coniuge, possono essere notevoli. La differenza nel declino cognitivo e funzionale nel tempo tra coppie vicine e non-così-vicine può fare la differenza tra lo stare a casa o essere portato in una struttura di cura ", dice Lyketsos.

Lo studio è stato finanziato da sovvenzioni del National Institute on Aging, uno dei National Institutes of Health.

Alzheimer's Reading Room, 18 dicembre 2010

Notizie da non perdere

Menopausa precoce e terapia ormonale ritardata alzano il rischio di Alzheimer

17.04.2023 | Ricerche

Le donne hanno più probabilità degli uomini di sviluppare il morbo di Alzheimer (MA), e ...

Cibo per pensare: come la dieta influenza il cervello per tutta la vita

7.10.2024 | Esperienze & Opinioni

Una quantità di ricerche mostra che ciò che mangiamo influenza la capacità del corpo di ...

Molecola 'anticongelante' può impedire all'amiloide di formare …

27.06.2018 | Ricerche

La chiave per migliorare i trattamenti per le lesioni e le malattie cerebrali può essere nelle mo...

'Ingorgo' di proteine nei neuroni legato alla neurodegenerazione

12.09.2022 | Ricerche

Un nuovo studio condotto da ricercatori dell'EPFL rivela che un complesso proteico malfunzionante pu...

Il ruolo sorprendente delle cellule immunitarie del cervello

21.12.2020 | Ricerche

Una parte importante del sistema immunitario del cervello, le cellule chiamate microglia...

Districare la tau: ricercatori trovano 'obiettivo maneggiabile' per …

30.01.2019 | Ricerche

L'accumulo di placche di amiloide beta (Aβ) e grovigli di una proteina chiamata tau nel ...

Vecchio farmaco per l'artrite reumatoide suscita speranze come cura per l…

22.09.2015 | Ricerche

Scienziati dei Gladstone Institutes hanno scoperto che il salsalato, un farmaco usato per trattar...

Scoperta inaspettata: proteine infiammatorie possono rallentare il declino cog…

5.07.2021 | Ricerche

Finora la ricerca aveva collegato l'infiammazione al morbo di Alzheimer (MA), però scien...

LATE: demenza con sintomi simili all'Alzheimer ma con cause diverse

3.05.2019 | Ricerche

È stato definito un disturbo cerebrale che imita i sintomi del morbo di Alzheimer (MA), ...

IFITM3: la proteina all'origine della formazione di placche nell'Alz…

4.09.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dall'accumulo...

Nuovo sensore nel cervello offre risposte all'Alzheimer

12.03.2021 | Ricerche

Scienziati della Università della Virginia (UVA) hanno sviluppato uno strumento per moni...

Trovato legame tra amiloide-beta e tau: è ora possibile una cura per l'Al…

27.04.2015 | Ricerche

Dei ricercatori hanno assodato come sono collegate delle proteine che hanno un ruolo chiave nell...

Chiarito il meccanismo che porta all'Alzheimer e come fermarlo

30.08.2017 | Ricerche

Nel cervello delle persone con Alzheimer ci sono depositi anomali di proteine ​​amiloide-beta e ​...

I ricordi potrebbero essere conservati nelle membrane dei tuoi neuroni

18.05.2023 | Ricerche

Il cervello è responsabile del controllo della maggior parte delle attività del corpo; l...

Relazioni personali ricche migliorano il funzionamento del cervello

22.06.2020 | Ricerche

Come interagiscono gli individui, come si percepiscono uno con l'altro, e i pensieri e i...

Malato di Alzheimer: la casa di cura la paga lo Stato?

25.05.2023 | Normativa

Chi si fa carico delle spese per un malato di Alzheimer ricoverato in una casa di riposo? Scopriamo ...

Orienteering: un modo per addestrare il cervello e contrastare il declino cogn…

27.01.2023 | Ricerche

Lo sport dell'orienteering (orientamento), che attinge dall'atletica, dalle capacità di ...

Perché la tua visione può prevedere la demenza 12 anni prima della diagnosi

24.04.2024 | Ricerche

 

Gli occhi possono rivelare molto sulla salute del nostro cervello: in effetti, i p...

L'impatto del sonno su cognizione, memoria e demenza

2.03.2023 | Ricerche

Riduci i disturbi del sonno per aiutare a prevenire il deterioramento del pensiero.

"Ci...

Che speranza hai dopo la diagnosi di Alzheimer?

25.01.2021 | Esperienze & Opinioni

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia che cambia davvero la vita, non solo per la pe...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)