Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Il processo che permette di apprendere e ricordare determina anche le degenerazioni

Il processo che permette ai nostri cervelli di imparare e generare nuovi ricordi porta anche a una degenerazione con l'età, secondo un nuovo studio condotto da ricercatori del MIT. La scoperta, riportata in un articolo pubblicato ieri, 4 Giugno 2015, sulla rivista Cell, potrebbe in ultima analisi aiutare i ricercatori a sviluppare nuovi approcci per prevenire il declino cognitivo in disturbi come l'Alzheimer.


Ogni volta che si impara qualcosa di nuovo, le nostre cellule cerebrali rompono il loro DNA, creando danni che i neuroni devono riparare immediatamente, secondo Li-Huei Tsai, professore di Neuroscienze e direttore dell'Istituto Picower per Apprendimento e Memoria del MIT.


Questo processo è essenziale per l'apprendimento e la memoria. "Le cellule fisiologicamente rompono il loro DNA per consentire l'espressione di alcuni geni importanti", spiega Tsai. "Nel caso dei neuroni, esse hanno bisogno di rompere il loro DNA per consentire l'espressione dei geni di risposta iniziale, che alla fine spiana la strada al programma trascrizionale che supporta l'apprendimento e la memoria, e molti altri comportamenti".

 

Riparazione del DNA più lenta

Tuttavia, quando invecchiamo, si indebolisce la capacità delle nostre cellule di riparare il danno al DNA, portando alla degenerazione, dice Tsai. "Quando si è giovani, il nostro cervello crea rotture del DNA mentre apprendiamo cose nuove, ma le nostre cellule sono assolutamente in controllo e in grado di riparare rapidamente i danni per mantenere la funzionalità del sistema", spiega Tsai. "Ma durante l'invecchiamento, e in particolare con alcune condizioni genetiche, si compromette l'efficienza del sistema di riparazione del DNA, provocando l'accumulo di danni, a nostro avviso questo potrebbe essere molto dannoso".


In precedenti ricerche sull'Alzheimer nei topi, i ricercatori hanno scoperto che anche nella fase pre-sintomatica del disturbo, i neuroni nella regione dell'ippocampo del cervello contengono un gran numero di lesioni del DNA, note come «rotture del doppio filamento».


Per determinare come e perché si generano queste rotture del doppio filamento, e quali geni ne sono influenzati, i ricercatori hanno iniziato a indagare che cosa accadrebbe se creano tali danni nei neuroni. Hanno applicato un agente tossico ai neuroni, noto per indurre rotture del doppio filamento, e quindi hanno raccolto l'RNA dalle cellule per il sequenziamento.


Essi hanno scoperto che dei 700 geni che mostrano cambiamenti a causa di questo danno, la stragrande maggioranza aveva i livelli ridotti di espressione, come previsto. Hanno però rilevato, con sorpresa, che 12 geni (quelli che rispondono rapidamente alla stimolazione neuronale, come ad esempio una nuova esperienza sensoriale) hanno un aumento dei livelli di espressione a seguito delle rotture del doppio filamento.


Per determinare se queste interruzioni avvengono naturalmente durante la stimolazione neuronale, i ricercatori hanno poi trattato i neuroni con una sostanza che induce le sinapsi a rafforzarsi come se fosse una nuova esperienza. "Abbiamo scoperto che il trattamento ha aumentato molto rapidamente l'espressione di questi geni di risposta iniziale, ma ha anche causato rotture del doppio filamento del DNA", spiega Tsai.

 

Il buono e il cattivo

In ulteriori studi i ricercatori sono riusciti a confermare che l'enzima topoisomerasi IIβ è responsabile delle rotture del DNA in risposta alla stimolazione, secondo l'autore principale dello studio Ram Madabhushi, postdoc del laboratorio di Tsai. "Quando abbiamo abbattuto questo enzima, abbiamo scoperto che si è ridotta sia la formazione della rottura del doppio filamento, sia l'espressione dei geni di risposta iniziale", dice Madabhushi.


Infine, i ricercatori hanno cercato di determinare perché i geni hanno bisogno di un meccanismo così drastico per consentire loro di essere espressi. Usando l'analisi computazionale, hanno studiato le sequenze di DNA in prossimità di questi geni e hanno scoperto che si erano arricchiti con un motivo, o modello di sequenza, per legarsi a una proteina chiamata CTCF. Questa proteina «architettonica» è nota per creare spirali o curve nel DNA.


Nei geni di risposta iniziale, le curve create da questa proteina costituiscono una barriera che impedisce a diversi elementi di DNA di interagire uno con l'altro, un passo fondamentale nell'espressione dei geni. Le rotture del doppio filamento, create dalle cellule, permettono loro di far crollare questa barriera, e inducono i geni di risposta iniziale ad essere espressi, dice Tsai. "E' con sorpresa quindi che salta fuori che queste rotture fanno parte della funzione fisiologica della cellula, anche se il sapere comune impone che le lesioni del DNA siano molto negative, poichè questo 'danno' può essere mutageno e talvolta portare al cancro", spiega Tsai.


Ricerche precedenti avevano dimostrato che l'espressione dei geni coinvolti nell'apprendimento e nella memoria si riduce con l'invecchiamento. Così i ricercatori hanno ora intenzione di effettuare ulteriori studi per determinare come il sistema di riparazione del DNA è alterato dall'età, e come questo compromette la capacità delle cellule di far fronte alla continua produzione e riparazione delle rotture del doppio filamento. Essi prevedono inoltre di verificare se alcune sostanze chimiche possono migliorare questa capacità di riparazione del DNA.


Il documento rappresenta un importante progresso concettuale per capire la regolazione genica, secondo Bruce Yankner, professore di genetica e neurologia della Harvard Medical School, che non era coinvolto nella ricerca: "Il lavoro unisce elegantemente la formazione delle rotture del filamento del DNA da parte dell'enzima topoisomerasi IIβ al controllo temporale della trascrizione, fornendo la prova più convincente trovata fino ad oggi che si tratta di un meccanismo di controllo trascrizionale di base. Prevedo che questo progresso avrà ampie implicazioni che vanno dalla biologia basilare della trascrizione, ai meccanismi patologici coinvolti in malattie come l'Alzheimer".

 

 

 


Fonte: Helen Knight in Massachusetts Institute of Technology (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Li-Huei Tsai et al. Activity-Induced DNA Breaks Govern the Expression of Neuronal Early-Response Genes. Cell, June 2015 DOI: 10.1016/j.cell.2015.05.032

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Il sonno resetta i neuroni per i nuovi ricordi del giorno dopo

11.09.2024 | Ricerche

Tutti sanno che una buona notte di sonno ripristina l'energia di una persona; ora un nuo...

Vecchio farmaco per l'artrite reumatoide suscita speranze come cura per l…

22.09.2015 | Ricerche

Scienziati dei Gladstone Institutes hanno scoperto che il salsalato, un farmaco usato per trattar...

La consapevolezza di perdere la memoria può svanire 2-3 anni prima della compa…

27.08.2015 | Ricerche

Le persone che svilupperanno una demenza possono cominciare a perdere la consapevolezza dei propr...

Interleuchina3: la molecola di segnalazione che può prevenire l'Alzheimer…

20.07.2021 | Ricerche

Una nuova ricerca su esseri umani e topi ha identificato una particolare molecola di seg...

Studio rivela dove vengono memorizzati i frammenti di memoria

22.07.2022 | Ricerche

Un momento indimenticabile in un ristorante può non essere esclusivamente il cibo. Gli o...

Meccanismo neuroprotettivo alterato dai geni di rischio dell'Alzheimer

11.01.2022 | Ricerche

Il cervello ha un meccanismo naturale di protezione contro il morbo di Alzheimer (MA), e...

Zen e mitocondri: il macchinario della morte rende più sana la vita

20.11.2023 | Ricerche

Sebbene tutti noi aspiriamo a una vita lunga, ciò che è più ambito è un lungo periodo di...

Studio dimostra il ruolo dei batteri intestinali nelle neurodegenerazioni

7.10.2016 | Ricerche

L'Alzheimer (AD), il Parkinson (PD) e la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) sono tutte ...

Nuova terapia che distrugge i grovigli di tau si dimostra promettente

30.09.2024 | Ricerche

Degli scienziati hanno sviluppato potenziali terapie che rimuovono selettivamente le proteine ​​t...

Le cellule immunitarie sono un alleato, non un nemico, nella lotta all'Al…

30.01.2015 | Ricerche

L'amiloide-beta è una proteina appiccicosa che si aggrega e forma picco...

Molecola 'anticongelante' può impedire all'amiloide di formare …

27.06.2018 | Ricerche

La chiave per migliorare i trattamenti per le lesioni e le malattie cerebrali può essere nelle mo...

Svelata una teoria rivoluzionaria sull'origine dell'Alzheimer

28.12.2023 | Ricerche

Nonostante colpisca milioni di persone in tutto il mondo, il morbo di Alzheimer (MA) man...

Demenze: forti differenze regionali nell’assistenza, al Nord test diagnostici …

30.01.2024 | Annunci & info

In Iss il Convegno finale del Fondo per l’Alzheimer e le Demenze, presentate le prime linee guida...

Proteine grumose induriscono i capillari del cervello: nuovo fattore di rischi…

11.09.2020 | Ricerche

I depositi di una proteina chiamata 'Medin', che è presente in quasi tutti gli anziani, ...

Pensaci: tenere attivo il cervello può ritardare l'Alzheimer di 5 anni

21.07.2021 | Ricerche

Mantenere il cervello attivo in vecchiaia è sempre stata un'idea intelligente, ma un nuo...

Paesi asiatici assistono gli anziani in modo diverso: ecco cosa possiamo impar…

28.10.2020 | Esperienze & Opinioni

A differenza dei paesi occidentali, le culture tradizionali asiatiche mettono un forte a...

Accumulo di proteine sulle gocce di grasso implicato nell'Alzheimer ad es…

21.02.2024 | Ricerche

In uno studio durato 5 anni, Sarah Cohen PhD, biologa cellulare della UNC e Ian Windham della Rockef...

'Scioccante': dopo un danno, i neuroni si auto-riparano ripartendo d…

17.04.2020 | Ricerche

Quando le cellule cerebrali adulte sono ferite, ritornano ad uno stato embrionale, secon...

Il Protocollo Bredesen: si può invertire la perdita di memoria dell'Alzhe…

16.06.2016 | Annunci & info

I risultati della risonanza magnetica quantitativa e i test neuropsicologici hanno dimostrato dei...

Perché dimentichiamo? Nuova teoria propone che 'dimenticare' è in re…

17.01.2022 | Ricerche

Mentre viviamo creiamo innumerevoli ricordi, ma molti di questi li dimentichiamo. Come m...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.