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L'Alzheimer impedisce di formare i ricordi o solo di recuperarli? Esperimenti nei topi fanno sperare

L'Alzheimer impedisce di formare i ricordi o solo di recuperarli?La cellula di un singolo engramma di memoria (verde) nella regione giro dentato (DG) dell'ippocampo di un topo modello di Alzheimer precoce. Per manipolare otticamente delle connessioni specifiche su tali cellule dell'engramma, è stata espressa una proteina oChIEF, sensibile alla luce blu, in un'area del cervello a monte, negli stimoli mediali corticali entorinali (rosso) del DG. La maggior parte delle cellule granulari del DG non erano attive durante la marcatura dell'engramma (cellule blu, esterne all'engramma).
La stimolazione delle cellule cerebrali con la luce è in grado di recuperare i ricordi, per ora nei topi che hanno una perdita di memoria simile a quella dell'Alzheimer, secondo una nuova ricerca dell'Istituo Riken.


Il recupero dei ricordi, che ha cambiato sia la struttura dei neuroni che il comportamento dei topi, è stato ottenuto attraverso l'optogenetica, un metodo che manipola geneticamente le cellule, marcandole con lampi precisi di luce.


Questa scoperta suggerisce che alla base di questo sintomo importante dell'Alzheimer iniziale (la perdita di memoria), c'è un recupero alterato dei ricordi, piuttosto che una cattiva conservazione o codifica, e considera cruciale per il recupero la connettività sinaptica tra le cellule della memoria.


La perdita di memoria a lungo termine di esperienze specifiche apprese è un segno distintivo dell'Alzheimer (AD) iniziale, che viene esibita anche dai topi geneticamente modificati per sviluppare sintomi simili all'AD.


Basandosi sul loro lavoro precedente, che aveva identificato e attivato le cellule di memoria, un gruppo di ricercatori guidato da Susumu Tonegawa, direttore del RIKEN Brain Science Institute e del RIKEN-MIT Center, ha ora dimostrato che le spine dendritiche (piccole manopole sui dendriti delle cellule cerebrali attraverso cui si formano le connessioni sinaptiche) sono essenziali per il recupero della memoria in questi topi AD. Inoltre, la stimolazione con luce in fibra ottica può far ricrescere le spine perse e aiutare i topi a ricordare una precedente esperienza. Il lavoro è stato pubblicato su Nature ieri, 16 marzo.


La memoria del topo è spesso dedotta dal comportamento appreso, in questo caso associare una scossa sgradevole alla zampa con una particolare gabbia. Ricordare e attendere la scosse induce i topi a bloccarsi in questo recinto, ma non in uno neutrale. Rispetto ai topi normali, i topi AD mostrano amnesia e riducono il comportamento di bloccarsi, indicando una così che c'è una progressiva perdita di memoria.


Sappiamo che gli engrammi, o tracce di memoria, di questa particolare esperienza sono posti nel giro dentato dell'ippocampo, un'area chiave del cervello per l'elaborazione della memoria. Durante la paura condizionata, i ricercatori hanno usato un virus per portare un gene nel giro dentato, che marca le cellule attive dell'engramma.


Questo ha permesso ai ricercatori di identificare visivamente i neuroni che componevano l'engramma per quella specifica memoria della paura. Un secondo virus conteneva un gene che rendeva solo questi neuroni dell'engramma sensibili alla luce. Quando le cellule dell'engramma sono state riattivate con la luce nei topi AD, il ricordo dell'esperienza della scossa è diventata recuperabile e il comportamento di congelamento è stato ripristinato.


I ricordi ripristinati con questo metodo svanivano in un giorno, e successivamente i ricercatori hanno cercato di capire perché questo accade. Essi hanno rilevato che il numero di spine si riduce quando i topi invecchiano e l'Alzheimer progredisce. Il calo della loro memoria per la paura indotta era legato anche ad una perdita di queste spine. Il lavoro precedente aveva dimostrato che le spine crescono quando i neuroni sono sottoposti a «potenziamento a lungo termine», un rafforzamento permanente della connettività sinaptica che avviene naturalmente nel cervello, ma può anche essere indotto artificialmente attraverso la stimolazione.


Proprio attraverso la stimolazione ripetuta con lampi ad alta frequenza di luce sul circuito di memoria ippocampale nei topi AD, il team è riuscito ad aumentare il numero di spine a livelli indistinguibili da quelli dei topi di controllo. In questo modo è ritornato il comportamento di congelamento indotto dalla paura ed è rimasto fino a sei giorni.


Questo implica che il ripristino delle spine perse nel circuito ippocampale facilita il recupero della specifica esperienza di paura e il conseguente comportamento di blocco. "Abbiamo dimostrato per la prima volta che può essere usato l'aumento della connettività sinaptica all'interno di circuiti cellulari di un engramma per trattare la perdita di memoria in topi modello di Alzheimer iniziale", dice l'autore Dheeraj Roy.


La stimolazione luminosa non aumenta il numero di spine nei topi normali, nè rafforza il ricordo della paura, e neppure l'invio indiscriminato di luce nel giro dentato comporta un qualsiasi miglioramento della memoria a lungo termine. Solo la stimolazione precisa delle cellule dell'engramma è in grado di aumentare il numero di spine e realizzare il miglioramento della memoria nei topi AD.


"Il recupero riuscito dei ricordi nei topi AD, attraverso l'aumento del numero di spine della normale elaborazione di memoria solo nelle cellule della memoria, piuttosto che in una vasta popolazione di cellule, evidenzia l'importanza della manipolazione altamente mirata dei neuroni e dei loro circuiti per terapie future. Questo livello di specificità non è stato ancora raggiunto nelle attuali terapie di stimolazione cerebrale profonda", spiega Tonegawa.

 

 

 


Fonte: Riken Institute via AlphaGalileo (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Dheeraj S. Roy, Autumn Arons, Teryn I. Mitchell, Michele Pignatelli, Tomás J. Ryan, Susumu Tonegawa. Memory retrieval by activating engram cells in mouse models of early Alzheimer’s disease. Nature, 2016; DOI: 10.1038/nature17172

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Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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