Il collegamento tra una minore velocità di cammino e il calo dell'acuità mentale sembra sorgere nell'ippocampo destro, un'area a forma di dito sepolta in profondità nel cervello al livello dell'orecchio, secondo uno studio lungo 14 anni condotto da scienziati della University of Pittsburgh.
La scoperta, pubblicata il 28 giugno scorso su Neurology, indica che i pazienti anziani possono avere benefici se i loro medici misurano con regolarità la loro velocità di cammino e osservano nel tempo i cambiamenti, che potrebbero essere segni precoci del declino cognitivo, e poi mandarli da uno specialista per i test diagnostici.
"La prevenzione e il trattamento precoce possono essere la chiave per ridurre l'onere globale della demenza, ma gli attuali metodi di individuazione sono troppo invasivi e costosi per essere usati ampiamente", ha affermato Andrea Rosso PhD/MPH, assistente professore del Dipartimento di Epidemiologia della Pitt. "Il nostro studio richiede solo un cronometro, un registratore e una corsia di 5,5 m di lunghezza, insieme a circa cinque minuti di tempo una volta all'anno".
Rosso e i suoi colleghi hanno valutato 175 anziani dai 70 ai 79 anni quando si sono iscritti allo studio Health, Aging and Body Composition (Health ABC) a Pittsburgh o a Memphis nel Tennessee. All'inizio dello studio, i partecipanti erano tutti in buona salute mentale e avevano scansioni normali del cervello. Varie volte su 14 anni, i partecipanti hanno percorso un tratto di 5,5 m di corridoio a quello che loro consideravano un ritmo normale, mentre un assistente di ricerca li cronometrava. Alla conclusione dello studio, i partecipanti sono stati testati nuovamente nella loro acuità mentale e si sono sottoposti a scansioni del cervello.
Come avevano dimostrato studi precedenti, il rallentamento del ritmo dei partecipanti (velocità di cammino) si è associato a una compromissione cognitiva. Tuttavia, la ricerca di Rosso ha determinato che i partecipanti con un rallentamento dell'andatura e con declino cognitivo, hanno avuto anche un restringimento dell'ippocampo destro, un'area del cervello importante per la memoria e l'orientamento spaziale. Era l'unica area del cervello dove i ricercatori hanno trovato che il volume ristretto era correlato sia al rallentamento dell'andatura che alla disfunzione cognitiva.
Lo studio di Rosso ha anche riscontrato che un rallentamento dell'andatura durante un periodo prolungato di tempo predice con più forza il declino cognitivo rispetto al semplice rallentamento in un singolo momento, fatto rilevato anche da altre simili ricerche. Tutti i partecipanti hanno rallentato nel tempo, ma quelli che hanno rallentato di 0,1 secondi in più all'anno (rispetto ai coetanei) avevano una probabilità maggiore del 47 per cento di sviluppare una disabilità cognitiva. La scoperta è rimasta valida anche quando i ricercatori hanno preso in considerazione il rallentamento a causa di debolezza muscolare, dolore alle ginocchia e malattie, tra cui il diabete, le malattie cardiache e l'ipertensione.
"Una frazione di secondo [su 5,5m] è impercettibile, ma su più di 14 anni, o addirittura meno, si nota", ha detto Rosso, che è anche assistente professore al Clinical and Translational Science Institute della Pitt. "Le persone non dovrebbero semplicemente ignorare questi cambiamenti nella velocità del cammino. Può essere che la nonna non stia solo diventando lenta; potrebbe essere un indicatore precoce di qualcosa di più grave".
Anche se il team ha osservato che la minore velocità di cammino non è una misura abbastanza sensibile per diagnosticare un problema cognitivo, i ricercatori sostengono che dovrebbe essere inclusa nelle valutazioni geriatriche regolari per determinare se c'è bisogno di ulteriori test. Se si rileva presto il declino cognitivo, ci sono terapie per ritardarne l'inizio e del tempo supplementare per permettere ai pazienti e alle famiglie di pianificare l'eventuale necessità di assistenza assistita.
"In genere quando i medici notano un andamento più lento dei loro pazienti, lo considerano un problema meccanico e mandano il paziente alla terapia fisica", ha dichiarato Rosso. "Quello che stiamo trovando è che i medici dovrebbero anche considerare che ci può essere una patologia cerebrale che guida il rallentamento e suggerire al paziente una valutazione cognitiva".
Fonte: University of Pittsburgh (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Andrea L. Rosso, Joe Verghese, Andrea L. Metti, Robert M. Boudreau, Howard J. Aizenstein, Stephen Kritchevsky, Tamara Harris, Kristine Yaffe, Suzanne Satterfield, Stephanie Studenski and Caterina Rosano. Slowing gait and risk for cognitive impairment: The hippocampus as a shared neural substrate. Neurology, 28 Jun 2017 DOI
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