Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Pensare in modo non convenzionale porta a un cervello migliore

Pensare in modo non convenzionale può dare un cervello miglioreIl neuroscienziato James E. Galvin MD usa la gamma funzionale della tavola del movimento per testare la destrezza manuale del paziente. (Foto di Alex Dolce)

C'è sempre più evidenza che sono molteplici le condizioni mediche che aumentano il rischio di neurodegenerazione e del successivo sviluppo della demenza da Alzheimer. Inoltre sta diventando chiaro che la maggioranza di questi fattori di rischio agisce in modo indipendente dall'amiloide e dalla tau.


Dal 2003 ogni farmaco inteso a modificare i sintomi e la malattia ha fallito il suo compito negli studi di Fase II o III a causa delle difficoltà con la sicurezza o l'efficacia, inclusi i test che sperimentano l'ipotesi dell'amiloide, gli agenti antinfiammatori e le terapie anti-tau di fase precoce.


Visto che fino ad oggi gli esperimenti di trattamenti modificanti la malattia non hanno avuto successo e sono disponibili solo farmaci che nascondono i sintomi, cosa fare adesso?


Pensando "fuori-dalla-scatola", cioè non in modo convenzionale, un neuroscienziato della Florida Atlantic University ha sviluppato il programma innovativo "Iniziativa per la prevenzione della demenza" (DPI-Dementia Prevention Initiative), che abbandona i metodi generalizzati usati per la ricerca e il trattamento dell'Alzheimer (AD).


La sua arma segreta è un innovativo progetto "N-di-1", che individualizza la medicina fino al singolo paziente. Invece di condurre un test convenzionale su 100 persone che ricevono lo stesso trattamento, ha rovesciato il paradigma, e sta conducendo 100 singoli test personalizzati sull'individuo. Il suo paziente più giovane ha 61 anni e il più vecchio 86.


"Poiché l'Alzheimer è eterogeneo in termini di fattori di rischio, età dell'insorgenza, presentazione, progressione e patologia, progettare uno studio per trattare gli individui come popolazione omogenea richiede che migliaia di pazienti siano seguiti per anni e persino per decenni. Questo approccio è molto costoso e pesante per medici e pazienti", ha affermato James E. Galvin MD/MPH, docente associato di ricerca clinica alla FAU, neuroscienziato di fama mondiale di AD e Lewis Body Dementia (LBD), e fondatore del DPI.


Il DPI è un esperimento clinico di due anni e Galvin sta sviluppando un modello di pratica migliore di cura personalizzata che guarda ad ogni individuo come unica unità di osservazione. L'idea è curare le malattie neurodegenerative come disturbi che si sviluppano per tutta la vita e individuare i modi per costruire un cervello migliore quando invecchiamo. Il fine ultimo è impedire l'insorgenza della demenza.


L'approccio di Galvin segue una forma di trattamento personalizzato simile a quello del cancro, e fornisce un piano di prevenzione individuale, adattato al profilo di rischio di ciascun paziente, in base alle sue caratteristiche genetiche, ai biomarcatori (sangue, scansioni e elettrofisiologia), la socio-demografia, le scelte di vita e le comorbidità esistenti.


Questo approccio punta in modo specifico l'eterogeneità dell'AD, individuando i fattori di rischio specifici delle persone e applicando un intervento personalizzato diretto contro questo profilo di rischio. Galvin si aspetta che questo metodo possa fornire informazioni più rapide sulla capacità dei piani di prevenzione personalizzati di migliorare gli esiti centrati sulle persone.


"Anche se sappiamo che uno stile di vita equilibrato e sano può essere la pietra angolare della prevenzione delle malattie e della salute del cervello, ogni fattore di rischio (come la vascolarità, lo stile di vita e i comportamenti psicosociali) può agire in modo indipendente e potenziare gli effetti degli altri. Pertanto, un'iniziativa di prevenzione deve essere multimodale e adattata per affrontare i rischi individuali", ha affermato Galvin.


Anche se il singolo fattore di rischio più grande per l'AD è l'età, il morbo non è inevitabile. Si stima che a 85 anni esista un rischio del 42% di AD, il che significa che il 58% degli anziani non sviluppa una demenza, anche se l'amiloide può essere presente nel loro cervello. Le ragioni sono sconosciute, ma possono essere spiegate in parte da una serie di fattori di rischio modificabili e non modificabili. Fino al 30% dei casi di AD può essere prevenibile attraverso la modifica di fattori di rischio e i cambiamenti comportamentali per mitigare l'effetto di quei fattori di rischio che non possono essere modificati.


"Sappiamo che quello che fa bene al cuore fa bene al cervello, e stiamo cambiando il profilo del sangue delle persone, stiamo controllando gli zuccheri nel sangue, riducendo l'infiammazione, abbassando la pressione sanguigna e cambiando i lipidi e il colesterolo", ha detto Galvin. "I nostri pazienti dicono di avere una salute generale migliore, uno stato d'animo migliorato e sono fisicamente più in forma di prima".


Anche se questi approcci di precisione da soli non possono prevenire l'AD, Galvin ritiene che, riducendo le comorbilità, si può dare più probabilità alle future terapie specifiche per amiloide o tau di raggiungere i loro obiettivi.


A livello nazionale, se si ritardasse di cinque anni l'inizio dell'AD e dei disturbi connessi, 25 anni dopo ci sarebbero circa 5,7 milioni di casi in meno, un risparmio familiare collettivo che può raggiungere gli 87 miliardi di dollari e un risparmio sociale vicino ai 367 miliardi di dollari.

 

 

 


Fonte: Gisele Galoustian in Florida Atlantic University (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: James E. Galvin. Prevention of Alzheimer's Disease: Lessons Learned and Applied. Journal of the American Geriatrics Society, 2017; DOI: 10.1111/jgs.14997

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali colelgamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Il ruolo sorprendente delle cellule immunitarie del cervello

21.12.2020 | Ricerche

Una parte importante del sistema immunitario del cervello, le cellule chiamate microglia...

Identificazione dei primi segnali dell'Alzheimer

7.03.2022 | Ricerche

Un team multidisciplinare di ricerca, composto da ricercatori del progetto ARAMIS, dell...

Scoperto il punto esatto del cervello dove nasce l'Alzheimer: non è l…

17.02.2016 | Ricerche

Una regione cruciale ma vulnerabile del cervello sembra essere il primo posto colpito da...

Trovato legame tra amiloide-beta e tau: è ora possibile una cura per l'Al…

27.04.2015 | Ricerche

Dei ricercatori hanno assodato come sono collegate delle proteine che hanno un ruolo chiave nell...

Alzheimer, Parkinson e Huntington condividono una caratteristica cruciale

26.05.2017 | Ricerche

Uno studio eseguito alla Loyola University di Chicago ha scoperto che delle proteine ​​a...

Nessuna cura per l'Alzheimer nel corso della mia vita

26.04.2019 | Esperienze & Opinioni

La Biogen ha annunciato di recente che sta abbandonando l'aducanumab, il suo farmaco in ...

Il Protocollo Bredesen: si può invertire la perdita di memoria dell'Alzhe…

16.06.2016 | Annunci & info

I risultati della risonanza magnetica quantitativa e i test neuropsicologici hanno dimostrato dei...

Ecco perché alcune persone con marcatori cerebrali di Alzheimer non hanno deme…

17.08.2018 | Ricerche

Un nuovo studio condotto all'Università del Texas di Galveston ha scoperto perché alcune...

Lavati i denti, posticipa l'Alzheimer: legame diretto tra gengivite e mal…

4.06.2019 | Ricerche

Dei ricercatori hanno stabilito che la malattia gengivale (gengivite) ha un ruolo decisi...

Convalidare il sentimento aiuta meglio di criticare o sminuire

30.03.2020 | Ricerche

Sostenere i tuoi amici e la famiglia può aiutarli a superare questi tempi di incertezza...

Gli interventi non farmacologici per l'Alzheimer sono sia efficaci che co…

19.04.2023 | Ricerche

Un team guidato da ricercatori della Brown University ha usato una simulazione al computer per di...

Svelata una teoria rivoluzionaria sull'origine dell'Alzheimer

28.12.2023 | Ricerche

Nonostante colpisca milioni di persone in tutto il mondo, il morbo di Alzheimer (MA) man...

Chiarito il meccanismo che porta all'Alzheimer e come fermarlo

30.08.2017 | Ricerche

Nel cervello delle persone con Alzheimer ci sono depositi anomali di proteine ​​amiloide-beta e ​...

Sintomi visivi bizzarri potrebbero essere segni rivelatori dell'Alzheimer…

1.02.2024 | Ricerche

Un team di ricercatori internazionali, guidato dall'Università della California di San F...

Riprogrammare «cellule di supporto» in neuroni per riparare il cervello adulto…

21.11.2014 | Ricerche

La porzione del cervello adulto responsabile del pensiero complesso, la corteccia cerebrale, non ...

Aumentano le evidenze di origini alternative delle placche di Alzheimer

13.06.2022 | Ricerche

I risultati di uno studio potrebbero spiegare perché i farmaci progettati per rimuovere i depositi d...

Scoperta nuova causa di Alzheimer e di demenza vascolare

21.09.2023 | Ricerche

Uno studio evidenzia la degenerazione delle microglia nel cervello causata dalla tossicità del ferro...

Nuovo farmaco previene le placche amiloidi, un segno specifico di Alzheimer

8.03.2021 | Ricerche

Le placche di amiloide sono caratteristiche patologiche del morbo di Alzheimer (MA): son...

Capire l'origine dell'Alzheimer, cercare una cura

30.05.2018 | Ricerche

Dopo un decennio di lavoro, un team guidato dal dott. Gilbert Bernier, ricercatore di Hô...

Pressione bassa potrebbe essere uno dei colpevoli della demenza

2.10.2019 | Esperienze & Opinioni

Invecchiando, le persone spesso hanno un declino della funzione cerebrale e spesso si pr...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.