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Nuovi percorsi per il trattamento di demenza e Alzheimer

Un nuovo studio condotto da scienziati in Australia e negli Stati Uniti fornisce una spiegazione del motivo per cui finora sono falliti tutti gli studi clinici sui farmaci che puntavano le proteine ​​nel cervello ritenute causa di demenza e Alzheimer. Lo studio ha aperto la strada a potenziali nuovi trattamenti con farmaci esistenti.


I ricercatori, nello studio pubblicato online sulla rivista Human Molecular Genetics, hanno raccolto prove da una vasta gamma di studi sull'uomo e su modelli animali di malattie correlate alla demenza, per dimostrare che l'infiammazione è una delle cause principali, non solo una conseguenza.


Essi dimostrano che molti geni legati alla demenza regolano la nostra suscettibilità e risposta al danno infiammatorio.


"Da decenni gli scienziati pensano che la demenza e l'Alzheimer siano causate da aggregati proteici che si formano nel cervello. Ma tutti gli studi clinici sui farmaci che riducono gli aggregati hanno fallito", dice il capo del progetto, il professor Robert Richards dell'Università di Adelaide, che lavora in collaborazione con i National Institutes of Health degli Stati Uniti.


Sappiamo da tempo che l'infiammazione aumenta le malattie legate alla demenza, ma solo ora è identificata come causa. In precedenza si pensava che servisse semplicemente a ripulire il danno tissutale causato dagli aggregati proteici. Il professor Richards afferma:

"Sappiamo che l'infiammazione ha fasi diverse - all'inizio potrebbe proteggere da una minaccia, degradandola attivamente, ma se la minaccia non viene rimossa, l'infiammazione persistente in realtà causa la morte cellulare".


Il nuovo lavoro capovolge il pensiero precedente. I collegamenti genetici implicano che l'infiammazione viene prima - e il danno tissutale dopo. "Molti geni legati alla demenza operano a livello del controllo dell'infiammazione cellulare. Gli scatenanti interni ed esterni interagiscono con questi geni per fare la loro parte. L'infiammazione è il punto sul quale convergono molti scatenanti", afferma il professor Richards.


Egli paragona l'infiammazione del cervello a un'infezione da virus:

"L'infiammazione è una difesa molto efficace contro gli agenti estranei, come i virus. Ma con l'invecchiamento e l'accumulo di mutazioni, le nostre cellule possono produrre proteine ​​e prodotti del DNA che imitano i virus, e questi si accumulano nel sistema".

"Di norma le nostre cellule codificano i propri prodotti per distinguerli dagli agenti stranieri. Quando questi codici a barre non sono presenti, le nostre cellule non sono in grado di distinguere correttamente le molecole scatenanti 'sue' da quelle 'non-sue'. Il risultato è un'infiammazione che si intensifica e si diffonde; da qui il termine malattia auto-infiammatoria".


Alcuni tipi di mutazioni genetiche causano il fallimento di questi sistemi prima, o più spesso, e possono aumentare con l'avanzare dell'età, influendo forse sull'aumento del rischio di sviluppare demenza senile.


La buona notizia è che riducendo alcuni elementi dell'infiammazione, è possibile ridurre i sintomi della demenza. "Con questa nuova comprensione della malattia, ora dobbiamo testare l'efficacia dei farmaci antinfiammatori esistenti per trattare la demenza", dice.

 

 

 


Fonte: University of Adelaide (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Robert I Richards, Sarah A Robertson, Daniel L Kastner. Neurodegenerative diseases have genetic hallmarks of autoinflammatory disease. Human Molecular Genetics, 2018; DOI: 10.1093/hmg/ddy139

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Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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