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Differenze nella struttura del cervello indicano il rischio di sviluppare l'Alzheimer

Nell'analizzare le immagini di risonanza magnetica (MR) di due gruppi di studio distinti, i ricercatori del Rush University Medical Center e del Massachusetts General Hospital (MGH) hanno scoperto che individui con strutture cerebrali specifiche più sottili hanno un rischio di sviluppare l'Alzheimer tre volte maggiore rispetto a quelli con spessore superiore alla media.

Lo studio compare nell'edizione del 13 aprile di Neurology con titolo "L'assottigliamento di specifiche aree corticali prevede la demenza fino a un decennio prima".

"Sappiamo, soprattutto dagli studi post-mortem, che i cambiamenti caratteristici della malattia di Alzheimer possono essere presenti nel cervello di persone cognitivamente normali", dice il dottor Brad Dickerson, del dipartimento di neurologia del MGH, autore principale dello studio (foto). "Ma, poiché ci vuole molto tempo per seguire le persone attraverso lo sviluppo dal sintomo iniziale alla diagnosi finale, il modo in cui quel processo di verifica è stato studiato molto poco. Abbiamo usato quello che sappiamo dei cambi nelle forme del cervello osservati in pazienti con la demenza di Alzheimer; abbiamo misurato quelle aree negli individui che non presentano sintomi e, infine, abbiamo stabilito che quelli che in seguito hanno sviluppato demenza mostrano restringimenti sottili molto prima di avere tutti i sintomi".

"Le misure MR potrebbero essere indicatori molto importanti per aiutare a identificare coloro che possono essere a rischio di Alzheimer. Se una terapia con farmaci o un trattamento fossero sviluppati in futuro, coloro che sono ancora senza sintomi, ma a grande rischio, potrebbero trarre i maggiori benefici dal trattamento", ha dichiarato Leyla deToledo-Morrell, PhD, co-autrice del documento e professoressa del Dipartimento di Scienze Neurologiche del Rush University Medical Center.

I partecipanti a questo studio, uomini e le donne settantenni con livelli simili di istruzione, sono stati arruolati in due studi di ricerca a lungo termine sui cambiamenti del cervello negli anziani, uno con sede alla Rush e l'altro al MGH. All'inizo degli studi, i partecipanti hanno avuto un esame clinico completo, una valutazione neuropsicologica con test di memoria, e una RM cerebrale. Alle visite di controllo annuali, ognuno è stato rivalutato per determinare se era cognitivamente normale o se avesse una lieve alterazione cognitiva o una probabile demenza di Alzheimer. Lo studio di Neurology ha analizzato i dati di 50 partecipanti che erano cognitivamente normali all'inizio, e avevano avuto almeno quattro visite di controllo (questi individui sono risultati cognitivamente normali alla fine del periodo di studio), e altri 15 che avevano sviluppato l'Alzheimer su un arco di tempo medio di circa nove anni.

In entrambi i gruppi di studio, le immagini RM di base hanno rivelato che le aree della corteccia cerebrale associata all'Alzheimer in studi precedenti, tendevano ad essere più sottili nei partecipanti che hanno svilupparto la demenza. Tra coloro in cui queste aree specifiche del cervello erano più sottili, il 55 per cento ha sviluppato la demenza durante il periodo dello studio, rispetto al 20 per cento di quelli con spessore corticale nella media e nessuno di quelli in cui lo spessore della corteccia era superiore alla media. I partecipanti con le aree corticali più sottili hanno anche sviluppato l'Alzheimer molto più velocemente rispetto a quelli con spessore medio.

"Il confronto dei dati da Chicago e da Boston ha mostrato risultati molto simili", ha detto deToledo-Morrell. "Fondere i dati provenienti da entrambi i siti rende i risultati molto più decisi". Dickerson, che è professore associato di Neurologia presso la Harvard Medical School, aggiunge che "Siamo convinti che queste misurazioni MR possono essere indicatori potenti del modello di atrofia cerebrale nell'Alzheimer e stiamo indagando sul loro utilizzo in diversi modi, tra cui la valutazione del rischio di demenza in soggetti asintomatici. I nostri risultati attuali sono preliminari e non sono pronti per essere applicati al di fuori degli studi di ricerca, ma siamo ottimisti sul fatto che questo indicatore possa essere utile nel guidare cure cliniche in futuro".

Co-autori dello studio, finanziato dal National Institute on Aging e dall'Alzheimer's Association, sono Travis Stoub, PhD, e il Dr. Raj Shah del Rush University Medical Center; il dottor Bradley Hyman e il Dr. Deborah Blacker, della MGH; Dr. Reisa Sperlingdel Brigham and Women's Hospital; Ronald Killiany, PhD, della Boston University School of Medicine; e Marilyn Albert, PhD, della Johns Hopkins School of Medicine.

 


Pubblicato su Alzheimer's Reading Room il 13 aprile 2011   Traduzione di Franco Pellizzari.

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