Un team di scienziati, guidati da ricercatori della University of California di San Diego, riferisce che una classe di farmaci usati per una vasta gamma di condizioni, dalle allergie e i raffreddori all'ipertensione e all'incontinenza urinaria, può essere associato ad un aumento del rischio di declino cognitivo, in particolare negli anziani con un rischio più alto di morbo di Alzheimer (MA).
I risultati dello studio sono stati pubblicati il 2 settembre 2020 su Neurology.
I farmaci anticolinergici sono ampiamente usati per decine di condizioni, leggere e gravi. Alcuni di questi farmaci richiedono una prescrizione medica, mentre altri possono essere acquistati al banco. Essi agiscono impedendo all'acetilcolina (un tipo di neurotrasmettitore o messaggero chimico noto per essere critico per il funzionamento della memoria) di legarsi ai recettori su alcune cellule nervose.
L'effetto è quello di inibire gli impulsi nervosi parasimpatici, che sono coinvolti in vari movimenti muscolari involontari, come quelli nel tratto gastrointestinale e dei polmoni, e nelle funzioni corporee come la salivazione, la digestione e la minzione.
I ricercatori hanno riferito che partecipanti allo studio, cognitivamente normali, che stavano assumendo almeno un farmaco anticolinergico al basale (all'inizio dello studio) hanno avuto il 47% in più di probabilità di sviluppare il lieve decadimento cognitivo (MCI, mild cognitive impairment), che è spesso un precursore della demenza (come il MA), mentre venivano monitorati per un periodo massimo di un dieci anni, rispetto ai partecipanti che non prendevano tali farmaci.
“Questo studio, guidato da Alexandra Weigand, suggerisce che può essere importante ridurre i farmaci anticolinergici prima che appaiano i problemi cognitivi, per prevenire effetti negativi futuri sulla memoria e sulla capacità di pensiero, soprattutto per le persone con rischio più alto di MA”, ha detto l'autrice senior Lisa Delano-Wood PhD, professoressa associata nel Dipartimento di Psichiatria della UC San Diego, mentre la Weigand è dottoranda di psicologia clinica.
Lo studio ha coinvolto 688 adulti, equamente divisi per sesso, con un'età media di 74 anni, tutti senza problemi cognitivi o di memoria all'inizio dello studio. Ognuno di loro ha riferito se stava assumendo farmaci anticolinergici. Un terzo stava prendendo tali farmaci, con una media di 4,7 farmaci anticolinergici per persona. I partecipanti si sono sottoposti a test cognitivi completi annuali per un massimo di 10 anni.
Gli scienziati hanno osservato anche se i partecipanti avevano biomarcatori del MA nel loro liquido cerebrospinale (ad esempio alcuni tipi di proteine), o un fattore di rischio genetico noto del MA. E hanno scoperto che i partecipanti con biomarcatori di MA che stavano assumendo farmaci anticolinergici hanno avuto il quadruplo delle probabilità di sviluppare MCI delle persone senza biomarcatori e che non prendevano i farmaci.
Allo stesso modo, le persone con rischio genetico di MA, che prendevano farmaci anticolinergici, hanno avuto circa 2 volte e mezzo le probabilità di sviluppare MCI rispetto a quelle senza fattori di rischio genetici e che non stavano assumendo farmaci. La Weigand, prima autrice dello studio, ha detto:
“Crediamo che questa interazione tra farmaci anticolinergici e biomarcatori di rischio di MA agisca in maniera «doppio colpo». Nel primo colpo, i biomarcatori di MA indicano che la patologia ha iniziato ad accumularsi e a degenerare una piccola regione chiamata prosencefalo basale che produce l'acetilcolina, che favorisce il pensiero e la memoria.
"Nel secondo colpo, i farmaci anticolinergici riducono ulteriormente il deposito di acetilcolina del cervello. Questo effetto combinato più impattare significativamente il pensiero e la memoria di una persona”.
Gli autori dello studio hanno notato che, anche se le persone anziane metabolizzano i farmaci anticolinergici in modo diverso da quelle più giovani, i farmaci anticolinergici venivano presi a livelli molto più alti rispetto alla dose efficace più bassa raccomandata per gli anziani: il 57% li prendono al doppio del dosaggio raccomandato e il 18% almeno al quadruplo della dose raccomandata.
“Ciò indica una zona potenziale di miglioramento in quanto è possibile che la riduzione dei dosaggi dei farmaci anticolinergici possa ritardare il declino cognitivo”, ha detto la Weigand. “È importante che gli anziani che assumono farmaci anticolinergici consultino regolarmente i loro medici e discutano l'uso e i dosaggi dei farmaci”.
La Delano-Wood ha osservato che è necessario ulteriore lavoro per esaminare il cervello e gli effetti cognitivi dei farmaci anticolinergici e se questi farmaci accelerano i cambiamenti cognitivi correlati all'età o portano direttamente alle malattie neurodegenerative, come il MA:
“Sono attualmente in corso studi clinici di ‘de-prescrizione' in alcuni centri di ricerca in tutta la nazione, nel tentativo di verificare se ridurre o fermare l'uso di questi farmaci porta, realmente, a ridurre il progressivo deterioramento cognitivo”.
Fonte: University of California - San Diego (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Alexandra Weigand, Mark Bondi, Kelsey Thomas, Noll Campbell, Douglas Galasko, David Salmon, Daniel Sewell, James Brewer, Howard Feldman, Lisa Delano-Wood. Association of anticholinergic medication and AD biomarkers with incidence of MCI among cognitively normal older adults. Neurology, 2 Sep 2020, DOI
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