Anche i traumi lievi causano deterioramenti gravi e di lunga durata nella capacità del cervello di auto-pulirsi dalle tossine, e questo può essere il seme del morbo dii Alzheimer (MA), della demenza e di altri problemi neurodegenerativi, secondo una nuova ricerca svolta alla Università della Virginia.
La scoperta offre intuizioni importanti sulla lesione cerebrale traumatica (TBI, traumatic brain injury), una condizione poco compresa che è diventata una delle principali preoccupazioni del pubblico, in particolare per gli sportivi e i militari. Il risultati aiutano a spiegare perché la TBI è così dannosa e perché può avere tali effetti a lungo termine.
La ricerca suggerisce inoltre che alcuni pazienti hanno un rischio più alto di declino della funzione cerebrale più tardi nella vita, e apre la strada a nuovi e migliori trattamenti. John Lukens PhD, del Dipartimento di Neuroscienze dell'UVA e del Center for Brain Immunology and Glia (BIG), ha dichiarato:
“Questo studio fornisce alcune delle migliori evidenze trovate finora che se non hai recuperato da una lesione cerebrale e vieni colpito in testa ancora una volta, avrai conseguenze ancora più gravi.
“Questo rafforza l'idea che si deve dare alle persone la possibilità di guarire. E se non lo fai, aumenta di molto il tuo rischio di conseguenze a lungo termine, che potresti non vedere in un anno, ma sono possibili dopo decenni”.
Nuova comprensione delle TBI
La ricerca di Lukens individua una conseguenza finora sconosciuta del trauma cranico che può avere effetti di lunga durata. Quando il cervello si gonfia, preme contro il cranio, intrappolando nel mezzo i piccoli vasi linfatici che puliscono il cervello. Questa pressione sui vasi, hanno scoperto i ricercatori dell'UVA, causa un deterioramento grave e di lunga durata della capacità del cervello di eliminare le tossine.
Lavorando con topi di laboratorio, uno dei migliori modelli di TBI disponibili, gli scienziati hanno trovato che il deterioramento potrebbe durare almeno due settimane - un tempo molto lungo per i topi - e forse molto più a lungo.
Questi vasi linfatici sono stati identificati da Jonathan Kipnis PhD, e dai suoi collaboratori dell'UVA nel 2015. Fino ad allora, i testi di medicina riferivano che questi vasi non esistevano e che il cervello era 'immune-privilegiato', nel senso che non interagiva con il sistema immunitario. La scoperta dell'UVA ha cambiato tutto, e da allora Kipnis ha determinato che i vasi hanno un ruolo importante sia nel MA che nel declino cognitivo che viene con l'età.
Ora emergono come un giocatore importante nella TBI.
“Sappiamo che la TBI comporta un aumento del rischio per una serie di problemi a lungo termine come la demenza, il MA e la encefalopatia traumatica cronica (CTE), e questo invero è più conosciuto dal pubblico per merito della NFL”, ha detto la dottoranda ricercatrice Ashley Bolte. “Poi c'è anche l'ansia, la depressione, il suicidio. Le ragioni per cui la TBI provoca un aumento del rischio di questi problemi non è del tutto noto, e pensiamo che i nostri risultati potrebbero fornire un meccanismo per spiegarlo”.
Le persone più a rischio
La ricerca suggerisce che le persone che hanno problemi preesistenti con il drenaggio del cervello, per traumi precedenti o naturalmente, hanno più probabilità di subire conseguenze molto più gravi dal trauma cranico. Nei topi, questo ha portato a più infiammazione del cervello e a esiti peggiori, come i disturbi della memoria.
“Se hai un'ammaccatura preesistente nei tubi e vieni colpito in testa, allora tutto è portato a un livello più alto: c'è un impatto sulla memoria, sulla neuroinfiammazione”, ha detto Lukens. “Ci sono molte implicazioni”.
La tecnologia emergente di scansione può finalmente rendere possibile per i medici identificare le persone che subiranno le maggiori conseguenze dal trauma cranico. Altre buone notizie: Lukens ritiene inoltre che i medici possano un giorno essere in grado di ringiovanire i vasi linfatici deteriorati con farmaci per migliorare gli esiti dei pazienti e possibilmente scongiurare conseguenze a lungo termine. (Questo può rivelarsi utile anche nella lotta al declino cognitivo per l'età).
Inoltre, ha detto Lukens, alla fine può essere possibile per i medici valutare il drenaggio del cervello dopo un infortunio, per determinare quando è più sicuro per lo sportivo tornare in azione.
“In questo momento, davvero non sappiamo cosa dire a questi ragazzi che vogliono tornare sul campo, o anche ai militari”, ha detto Lukens. “Sarebbe importante avere le prove empiriche per dire 'puoi continuare' oppure 'non fare mai più quelle cose' ”.
Fonte: University of Virginia (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Ashley Bolte, Arun Dutta, Mariah Hurt, Igor Smirnov, Michael Kovacs, Celia McKee, Hannah Ennerfelt, Daniel Shapiro, Bao Nguyen, Elizabeth Frost, Catherine Lammert, Jonathan Kipnis, John Lukens. Meningeal lymphatic dysfunction exacerbates traumatic brain injury pathogenesis. Nature Communications, 10 Sep 2020, DOI
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