Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Neurodegenerazioni sono divise in due fasi, con meccanismi iniziali diversi dalla fase avanzata

two phases neurodegenerationsSulla base di migliaia di esperimenti nell'arco di più di dieci anni, i biochimici Michael Stern e James McNew ritengono che malattie degenerative così diverse come l'Alzheimer, il Parkinson e l'atrofia muscolare si manifestino in due fasi (verde e rossa) caratterizzate da distinte alterazioni nella segnalazione delle proteine dei percorsi TOR, AMPK, Foxo e JNK. Nella fase iniziale (a sinistra), viene soppressa l'autofagia, il che aumenta lo stress ossidativo, portando infine alla fase tardiva (a destra) in cui l'autofagia viene ripristinata, causando una rapida degenerazione. (Fonte: M. Stern / Rice University)

Michael Stern e James McNew, biochimici della Rice University, hanno studiato come la neurodegenerazione uccide le cellule. Hanno condotto innumerevoli esperimenti per più di dieci anni, e hanno riassunto tutto quello che hanno imparato in un semplice diagramma, che sperano possa cambiare il modo con cui i medici percepiscono e trattano malattie degenerative così diverse come il morbo di Alzheimer (MA), il Parkinson e l'atrofia muscolare.


In uno studio pubblicato questo mese su Molecular Psychiatry, McNew e Stern, professori di Biochimica e Biologia cellulare nel Dipartimento di Bioscienze della Rice, propongono che la degenerazione, a livello cellulare, avviene in due fasi distinte, caratterizzate da attività molto diverse dei percorsi di segnalazione proteica che regolano le funzioni di base delle cellule.


"Vorremmo che i medici e gli altri ricercatori comprendano che le due fasi della degenerazione rappresentano entità distinte, con alterazioni diverse nei percorsi di segnalazione, che hanno effetti distinti sulla patologia della malattia", ha detto Stern. "In altre parole, pensiamo che i pazienti debbano essere trattati in modo diverso a seconda della fase in cui si trovano".


Il diagramma di Stern e McNew mostra che l'attività delle proteine ​​cruciali di segnalazione delle cellule aumenta o diminuisce all'inizio della degenerazione, portando infine allo stress ossidativo. Lo stress ossidativo porta quindi la seconda fase della condizione, durante la quale si verifica la degenerazione, dove le proteine ​​di segnalazione implicate nella prima fase si comportano in modo completamente diverso.


Poiché le cellule si comportano in modo abbastanza diverso nelle due fasi, la ricerca suggerisce che i pazienti in diverse fasi di una malattia possano rispondere in modo diverso allo stesso trattamento.


"Le due fasi della degenerazione non sono state finora riconosciute, quindi non abbiamo capito, clinicamente, che ci sono due popolazioni diverse di pazienti", ha detto McNew. "Oggi sono trattati come una popolazione, e pensiamo che questo abbia confuso gli studi clinici e spieghi perché alcuni esperimenti sul MA hanno dato effetti variabili e non riproducibili. Sarebbe come cercare di trattare tutti i pazienti di meningite con antibiotici senza rendersi conto che ci sono due tipi di meningite, una batterica e una virale".


Stern e McNew hanno iniziato a interessarsi dei processi cellulari nei disturbi neurodegenerativi quando hanno iniziato a studiare la paraplegia spastica ereditaria (HSP) alla fine degli anni 2000. Come disturbo raro, l'HSP è marcato da intorpidimento e debolezza nelle gambe e nei piedi, a causa del progressivo deterioramento dei neuroni che collegano la colonna vertebrale e la gamba inferiore.


Queste sono alcune delle cellule più lunghe del corpo e, iniziando da indizi sui difetti strutturali che potrebbero causare la loro degenerazione, McNew e Stern hanno eseguito esperimenti sui moscerini della frutta per mettere sistematicamente insieme l'effetto domino biochimico che induce progressivamente i neuroni a perdere sempre più funzionalità e, alla fine, a morire.


Si riteneva che il danno dei nervi potesse portare all'atrofia muscolare, ma i loro studi hanno scoperto che le cellule muscolari attaccate ai neuroni iniziavano a degenerare con lo stesso tipo di cascata biochimica, prima che le cellule nervose morissero.


Un protagonista della cascata era una proteina chiamata Tor, un regolatore importante della crescita cellulare e una proteina essenziale per tutte le vite di ordine superiore, dal lievito agli umani. La Tor agisce come una manopola, manovrando la crescita in su o in giù per adattarsi alle condizioni che una cellula sta sperimentando.


In alcune condizioni, una crescita alta è giustificata e vantaggiosa, e in altre la crescita deve essere ridotta per conservare energia e risorse per le faccende quotidiane, come il riciclo o la riparazione che avvengono durante il processo chiamato autofagia.


Alcuni tumori sequestrano la Tor per favorire una crescita aggressiva delle cellule, e un aumento dell'attività della Tor è stato implicato anche nei disturbi neurodegenerativi come il MA e il Parkinson e nelle malattie contrassegnate dall'atrofia muscolare.


Dopo aver compiuto test sul modo in cui la Tor e diverse altre proteine ​​di segnalazione si comportano nella neurodegenerazione, McNew e Stern hanno avuto nel 2018 una sovvenzione del National Institute of Neurological Disorders and Stroke per esperimenti che indagassero sui cambiamenti dei percorsi di segnalazione che si verificano nelle prime fasi della degenerazione.


"All'epoca, avevamo pensato che avrebbe potuto esserci una fase avanzata durante la quale si verifica la degenerazione, ma non abbiamo proposto alcun esperimento per testarlo" ha detto Stern. "Nel nuovo studio, siamo espliciti sull'esistenza di una fase avanzata. Proponiamo meccanicisticamente perché la degenerazione avviene solo durante questa fase e citiamo ricerche abbondanti a supporto".


Stern ha detto che il processo a due fasi descritto nello studio "è il motore di base che fa avanzare la maggior parte, o forse tutte, le forme di degenerazione. Tuttavia, in più, ci sono anche segnali il cui ruolo è specificare la velocità con cui il motore si rovescia".


Per capire la neurodegenerazione, è fondamentale capire come funzionano i segnali, ha detto. Ad esempio, la resistenza all'insulina ha un ruolo ben noto nel guidare il MA, e nello studio McNew e Stern descrivono che lo fa accelerando la progressione nella fase iniziale.


"Allo stesso modo, i nostri dati suggeriscono che i cali nella trasmissione sinaptica, come avviene nel nostro modello di insetti HSP, scatenano la degenerazione accelerando la progressione nella fase iniziale", ha detto McNew. "La nostra sovvenzione NIH è stata finanziata, così abbiamo potuto capire il meccanismo con cui avviene".


Ora che comprendono chiaramente che esistono due fasi della degenerazione, Stern ha detto che lui e McNew vorrebbero effettuare più esperimenti per vedere come sono alterati gli effetti di geni specifici sulla degenerazione quando sono attivati ​​nelle fasi precoci e in quelle avanzate.


"Ciò che vorremmo fare negli ultimi due anni della sovvenzione è ottenere dati per testare alcune delle predizioni che abbiamo formulato, che aiuterà a determinare se le idee che abbiamo presentato hanno probabilità di essere corrette", ha detto Stern.

 

 

 


Fonte: Rice University (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Michael Stern, James A. McNew. A transition to degeneration triggered by oxidative stress in degenerative disorders. Molecular Psychiatry, 2020, DOI

Copyright: Tutti i diritti di testi o marchi inclusi nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Trovato legame tra amiloide-beta e tau: è ora possibile una cura per l'Al…

27.04.2015 | Ricerche

Dei ricercatori hanno assodato come sono collegate delle proteine che hanno un ruolo chiave nell...

Immagini mai viste prima delle prime fasi dell'Alzheimer

14.03.2017 | Ricerche

I ricercatori dell'Università di Lund in Svezia, hanno utilizzato il sincrotrone MAX IV ...

Nuovo metodo di selezione farmaci spiega perché quelli di Alzheimer falliscono…

31.01.2022 | Ricerche

Analizzando i meccanismi di malattia nei neuroni umani, dei ricercatori dell'Università del...

Pensaci: tenere attivo il cervello può ritardare l'Alzheimer di 5 anni

21.07.2021 | Ricerche

Mantenere il cervello attivo in vecchiaia è sempre stata un'idea intelligente, ma un nuo...

Sintomi visivi bizzarri potrebbero essere segni rivelatori dell'Alzheimer…

1.02.2024 | Ricerche

Un team di ricercatori internazionali, guidato dall'Università della California di San F...

Le cellule immunitarie sono un alleato, non un nemico, nella lotta all'Al…

30.01.2015 | Ricerche

L'amiloide-beta è una proteina appiccicosa che si aggrega e forma picco...

Invertita per la prima volta la perdita di memoria associata all'Alzheime…

1.10.2014 | Ricerche

La paziente uno aveva avuto due anni di perdita progressiva di memoria...

LipiDiDiet trova effetti ampi e duraturi da intervento nutrizionale all'i…

9.11.2020 | Ricerche

Attualmente non esiste una cura nota per la demenza, e le terapie farmacologiche esisten...

Meccanismo neuroprotettivo alterato dai geni di rischio dell'Alzheimer

11.01.2022 | Ricerche

Il cervello ha un meccanismo naturale di protezione contro il morbo di Alzheimer (MA), e...

Nuovo sensore nel cervello offre risposte all'Alzheimer

12.03.2021 | Ricerche

Scienziati della Università della Virginia (UVA) hanno sviluppato uno strumento per moni...

Che speranza hai dopo la diagnosi di Alzheimer?

25.01.2021 | Esperienze & Opinioni

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia che cambia davvero la vita, non solo per la pe...

I ricordi perduti potrebbero essere ripristinati: speranza per l'Alzheime…

21.12.2014 | Ricerche

Una nuova ricerca effettuata alla University of California di ...

Goccioline liquide dense come computer cellulari: nuova teoria sulla causa del…

22.09.2022 | Ricerche

Un campo emergente è capire come gruppi di molecole si condensano insieme all'interno de...

Colpi in testa rompono i 'camion della spazzatura' del cervello acce…

5.12.2014 | Ricerche

Un nuovo studio uscito ieri sul Journal of Neuroscience dimostra che un...

Scoperto nuovo colpevole del declino cognitivo nell'Alzheimer

7.02.2019 | Ricerche

È noto da tempo che i pazienti con morbo di Alzheimer (MA) hanno anomalie nella vasta re...

Cerca il tuo sonno ideale: troppo e troppo poco legati al declino cognitivo

28.10.2021 | Ricerche

Come tante altre cose buone della vita, il sonno fa meglio se è moderato. Uno studio plu...

IFITM3: la proteina all'origine della formazione di placche nell'Alz…

4.09.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dall'accumulo...

'Scioccante': dopo un danno, i neuroni si auto-riparano ripartendo d…

17.04.2020 | Ricerche

Quando le cellule cerebrali adulte sono ferite, ritornano ad uno stato embrionale, secon...

Riprogrammare «cellule di supporto» in neuroni per riparare il cervello adulto…

21.11.2014 | Ricerche

La porzione del cervello adulto responsabile del pensiero complesso, la corteccia cerebrale, non ...

Scienziati dicono che si possono recuperare i 'ricordi persi' per l…

4.08.2017 | Ricerche

Dei ricordi dimenticati sono stati risvegliati nei topi con Alzheimer, suggerendo che la...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.