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Per i pazienti di Alzheimer e demenza il pingpong è gioco e terapia

Sugli schermi attorno alla stanza, giocatori Cinesi di tennis da tavolo girano e volteggiano, ma Betty Stein non li guarda.

Lei è completamente concentrata sulla pallina che le sta arrivando, e la respinge 10, 20, 30 volte indietro a Bella Livshin, il suo entusiasta allenatore originario dell'Ucraina.

Pingpong terapia Betty Stein gioca a pingpong al Arthur Gilbert Table Tennis Center nella Mid-Wilshire area. (Mariah Tauger / Los Angeles Times)

"Magnifico!" grida Livshin. "Una bellezza! Rovescio, dritto, dritto, rovescio; più veloce! Guardate com'è liscio, come scorre! E' naturale!". Betty non parla molto in questi giorni. Nessuno sa se è l'Alzheimer, i farmaci, forse un po' di depressione. Qualunque cosa sia, la 92enne perfettamente pettinata, elegantemente vestita, si mantiene in silenzio. Ma dopo 40 minuti al tavolo, non rallenta. "Non sei ancora stanca?" chiede Livshin. Betty alza le spalle. Le manca un tiro alto, ad effetto, prende un altro colpo sbagliato e passa al terzo tentativo. La palla non ha avuto il tempo di rimbalzare più di una volta.

Sopravvissuta di un campo di concentramento, con il ritratto appeso nel Museo dell'Olocausto di Los Angeles, Betty ha un portamento elegante, anche al tavolo di pingpong. A volte tiene la mano sinistra in alto, alla maniera di una duchessa che chiede i biscotti al tè del pomeriggio. Eppure, lei ricambia i copi di Livshin uno dopo l'altro, costante come il pendolo di un orologio. Stava uscendo ancora una volta. Aveva tanti amici ed è stata attiva in organizzazioni ebraiche.

"Lei mi parlava dei suoi sogni su questo e quello", ha dichiarato Flor Narvaez, caregiver che porta Betty Stein al Arthur Gilbert Table Tennis Center nella zona di Mid-Wilshire, che ha cominciato un anno fa ad offrire lezioni di pingpong alle persone con Alzheimer e demenza. Betty ha resistito in un primo momento perchè cammina con un bastone. Era preoccupata di cadere. Non sapeva niente di pingpong.

Dal suo minuscolo ufficio, guardando verso la stanza piena di tavoli, Mikhail Zaretsky, direttore del centro, si affaccia e urla: "Betty, sei la migliore!". Lei si concede un piccolo sorriso, gli manda un bacio veloce, e continua a giocare. Zaretsky, 49 anni, è un forte amante del pingpong. Nel 2003 ha fondato il centro Gilbert, uno dei pochi punti a Los Angeles dove si allenano i giocatori bravi. Il suo programma di Alzheimer, che gestisce sia al centro che in vari impianti di alto livello, ha attirato circa 100 partecipanti. A un prezzo che parte da 25 dollari a mezz'ora, e meno per tempi maggiori, le sedute non sono proprio a buon mercato. Ma quelli lo frequentano regolarmente, sperimentano grandi cambiamenti nella consapevolezza, nell'equilibrio e nella coordinazione, dice Zaretsky. E provano piccole soddisfazioni inaspettate che la malattia non è ancora riuscita a spegnere. "Devono prevedere dove sta andando la palla, devono rispondere a distanza, devono rispondere a tempo" dice Zaretsky. "Devono esserci!"

[...]

"Ehi, questa è la mia ragazza!" grida Eli Boyer. "E' carina, vero? Amo le belle ragazze e questa è una bella ragazza!". Boyer è entusiasta. A 91 anni, il pensionato cammina con passo strascicato. Soffre di demenza e scandisce a volte interminabili serie di sillabe senza senso. Ma diventa chiarissimo quando incontra il suo allenatore, Elie Zainabudinova, alta, in forma ed ex nazionale Kazaka di tennis da tavolo. "Che ne dici di un bacio, bella?" le dice. Ridendo, la Zainabudinova lo impegna in un tiro al volo vivace, cercando di far andare la palla più lontano possibile. Non si segnano punteggi: giocare è il punto.

Guardando avanti, Michele Boyer, moglie Eli da 50 anni, è grata. "Forse usa più il suo cervello quando gioca a pingpong", dice l'ex ballerina e scultrice. "Dopo, ha più energia, parla di più, cammina due volte più veloce; è sorprendente per me". Che il pingpong abbia un effetto terapeutico su malati di Alzheimer e demenza è una questione aperta. Uno studio giapponese del 1997 ha suggerito che potrebbe [avere tale effetto]. (Come circa 300 milioni di altri sostenitori del tennis da tavolo nei paesi di tutto il mondo, i giapponesi prendono questo sport abbastanza sul serio da studiarlo).

Ma l'Associazione Alzheimer, anche se non parla del pingpong in particolare, dice che i ricercatori non hanno trovato alcuna arma miracolosa nella loro lotta contro la malattia. "La prova più forte che abbiamo in questo momento per la riduzione del rischio di Alzheimer e demenza riguarda i benefici di un'attività fisica regolare", ha detto il neuroscienziato Maria Carrillo, direttrice delle relazioni mediche e scientifiche dell'Associazione. "Quello che non abbiamo ancora è una indicazione specifica di quali attività sono più utili a ridurre il rischio di Alzheimer, o per quanto tempo o l'intensità necessaria".

Anche Daniel Plotkin, psichiatra geriatrico a Los Angeles, è cauto ma speranzoso. "La medicina tradizionale non ha molto da offrire a questi pazienti" ha detto. "Ma nel frattempo abbiamo bisogno di dare loro la possibilità di essere impegnati nella vita, di sentire una sorta di significato e di scopo". Fondatore e ex direttore della clinica di Alzheimer all'UCLA, Plotkin ha diretto i pazienti a fare passeggiate a cavallo, lezioni di pianoforte, lezioni d'arte e pingpong. "Io non credo che sia in grado di cambiare il cervello o rallentare la malattia o di fare qualcosa di unico che altri interventi non fanno" ha detto. "Ma penso che sia favoloso". Plotkin è nel consiglio dei consulenti della Sport and Art Educational Foundation, una non-profit creata da Zaretsky nel 2007. Il gruppo, che Zaretsky ha detto di aver costituita per "restituire" qualcosa al paese di adozione, ha in primo luogo lo scopo di aiutare i bambini disabili, poi i pazienti di Alzheimer. Ha usato il suo denaro, ma hanno aiutato le donazioni da aziende di apparecchiature di pingpong e altre imprese.

Plotkin ha indirizzato al programma un certo numero di suoi clienti, tra cui medici. Un ex chirurgo, sconvolto per la sua destrezza perduta, era scettico all'inizio, ma poi si è divertito. "Sente la differenza", ha detto Plotkin. "Gli piace come colpisce la palla ed è un po' più fiducioso per il resto della giornata. Ottiene una spinta dal suo istruttore. Può anche essere utile, in termini di impegno e di struttura, in qualche modo misterioso che non capiamo".

Se c'è un mistero, Eli Boyer non si fa prendere. Usando una presa perfezionata dai cinesi che non si vede spesso negli Stati Uniti, egli effettua scambi lunghi e duri con Zainabudinova. Quando i suoi figli stavano crescendo aveva un tavolo da ping-pong nel seminterrato. Adesso non lo ricorda, dice la moglie. Per rompere il suo flusso di sillabe senza senso vagamente melodiche, la Zainabudinova gli chiede di cantare "Besame Mucho" e lui lo fa, in ottimo spagnolo, mentre colpisce la palla. A volte cantano canzoni dei Beatles insieme. Ci fu un tempo in cui Boyer era la vita della festa, il ragazzo che poteva sedersi al pianoforte di qualcuno e improvvisamente tutti cantavano della stanza.  Scherza ancora incessantemente - in tre lingue - e si sa che ha fatto una serenata alla Zainabudinova con ninne nanne in russo. "Alcune cose può non ricordarle" lei dice, "ma non ha dimenticato come flirtare".

 


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Pubblicato in LosAngelesTimes il 10 giugno 2011 - Traduzione di Franco Pellizzari.

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Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.

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