Il concetto di mortalità prematura ha bisogno di essere abbandonato o ridefinito, se non si vuole discriminare le persone anziane, secondo accademici dell'Università di East Anglia e altri esperti in materia di invecchiamento.
Uno dei principali obiettivi sanitari, incluso negli "Obiettivi di Sviluppo Sostenibile" (SDG) delle Nazioni Unite, è ridurre di un terzo le morti premature per malattie non trasmissibili, come cancro, ictus, malattie cardiache e demenza.
Gli obiettivi concordati per il quinquennio 2016-2030 definiscono la mortalità prematura quella che avviene prima dei 69 anni. Tuttavia, gli autori di un articolo pubblicato oggi sul British Medical Journal (BMJ) sostengono che questo obiettivo manda un messaggio chiaro e inequivocabile agli stati membri delle Nazioni Unite, che le prestazioni sanitarie per i gruppi più giovani devono avere la priorità a scapito degli over-70.
Essi invitano la «Divisione Malattie Non Trasmissibili» dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l'agenzia globale leader su questo tema, a ripensare l'obiettivo di mortalità, dicendo che il suo uso di mortalità prematura scoraggia la ricerca e la raccolta dei dati per le persone anziane; un esempio è l'esclusione degli anziani dagli obiettivi sull'HIV.
Inoltre, ciò aggrava e giustifica i livelli esistenti di discriminazione in base all'età e di assistenza sanitaria, e distrae l'attenzione da importanti sfide che colpiscono soprattutto le persone anziane, come le cure palliative.
L'autore principale dell'articolo, Peter Lloyd-Sherlock, professore di politica sociale e sviluppo internazionale alla School of International Development dell'UEA, ha dichiarato:
"Le implicazioni per tutti i paesi è che le risorse assegnate alle condizioni come il cancro, le malattie cardiovascolari e la demenza, dovrebbero essere tolte alle persone anziane, per conformarsi a questo obiettivo globale.
"L'Organizzazione Mondiale della Sanità non può continuare a tenere questo approccio non etico e discriminatorio. I SDG sono il punto di riferimento fondamentale per la sanità globale dei prossimi 15 anni e devono disfarsi di questo approccio discriminatorio nei confronti degli anziani".
Esprimendo le loro preoccupazioni e raccomandazioni sul BMJ, il Prof Lloyd-Sherlock e i co-autori Prof Martin McKee e Prof Shah Ebrahim, della London School of Hygiene & Tropical Medicine, dicono che l'obiettivo di mortalità prematura "invia un segnale forte per discriminare gli anziani".
Essi aggiungono: "Sin dal 1990 aspetti chiave della politica sanitaria sono stati formulati con principi esplicitamente discriminatori degli anziani ... Il ruolo di primo piano dato alle soglie di mortalità prematura mostra che la discriminazione degli anziani sta diventando sempre più palese. E' inconcepibile che gli obiettivi globali possano discriminare anche altri gruppi, come le donne o le persone con disabilità".
Proponendo un approccio meno discriminatorio, concludono:
"Impegnarsi nella discriminazione degli anziani nella politica sanitaria non implica che bisogna buttare il bambino con l'acqua sporca. Abbiamo ancora bisogno di indicatori di mortalità ... purché siano interpretati con cura. Inoltre, i responsabili politici dovrebbero valutare esplicitamente come la scelta della misura impatta sulla priorità data a ogni fascia di età.
"Esistono interventi sanitari con un ottimo rapporto costo-risultati per le persone di tutte le età. Una migliore sorveglianza aumenta la portata di individuare il carico di malattia delle persone anziane ... Nel 2015 l'OMS ha pubblicato un rapporto in materia di invecchiamento e salute, che indica che l'OMS stessa è pronta a disfarsi di concetti discriminatori degli anziani e sostiene un approccio più etico. E' importante che tale progresso non sia inficiato da obiettivi globali scarsamente considerati".
Commentando la questione, Chris Roles, amministratore delegato di Age International, ha dichiarato: "C'è la necessità di ripensare il modo in cui misurare i progressi della lotta alle malattie non trasmissibili in tutte le parti del mondo. Un focus sulla mortalità prematura discrimina le persone anziane e non ci fa andare avanti verso una gestione più efficace delle varie condizioni, che è una priorità fondamentale per molte persone in età avanzata".
Fonte: University of East Anglia (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Peter G Lloyd-Sherlock, Shah Ebrahim, Martin McKee, Martin James Prince. Institutional ageism in global health policy. BMJ, 2016; i4514 DOI: 10.1136/bmj.i4514
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