Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


L'obesità aumenta davvero il rischio di demenza?

Molte organizzazioni no-profit concentrate sulla demenza consigliano alle persone di mantenere un peso sano per ridurre il rischio di demenza. Ma alcuni studi hanno suggerito che l'obesità potrebbe in realtà proteggere dalla demenza. Cosa dice la scienza? Le prove che collegano l'obesità alla demenza sembrano inizialmente convincenti.


Ad esempio, sappiamo che essere obesi in mezza età è associato ad un aumento del rischio di sviluppare la demenza più avanti nella vita. Sappiamo anche che l'obesità danneggia i vasi capillari che forniscono sangue al cervello ed è una delle principali cause di pressione alta, diabete e infiammazione cronica, che sono state tutte ripetutamente legate al rischio di demenza.


Tuttavia, l'immagine non è così chiara. Ad esempio, se l'obesità causa davvero la demenza, perché i tassi di demenza sono diminuiti in occidente negli ultimi decenni mentre il numero di obesi è aumentato? E perché diversi studi hanno riportato prove di una cosa chiamata 'paradosso dell'obesità', per cui essere obesi sembra essere associato a un rischio ridotto di demenza?


A parte il problema di definire ciò che intendiamo per obesità e demenza (entrambi sono termini relativamente ampi per condizioni che possono essere definite in modi diversi), gran parte della difficoltà a stabilire se una deriva dall'altra nasce da limitazioni nel tipo di dati disponibili agli scienziati che cercano di rispondere a questa domanda.


In un mondo ideale, cercheremmo di testare la domanda progettando uno studio randomizzato. In quello studio, migliaia di persone verrebbero assegnate in modo casuale a un intervento che comporterebbe che la metà di essi siano obesi per un lungo periodo, mentre l'altra metà no. Se si scoprisse che le persone obese hanno maggiori probabilità di avere demenza più avanti nella vita, potremmo essere abbastanza sicuri che questa debba essere la causa.


Però questi tipi di esperimenti raramente si possono condurre, perché non solo sono estremamente dispendiosi per tempo e denaro, ma non sono nemmeno etici: immagina le proteste se assegnassi casualmente un gruppo di persone ad essere intenzionalmente obesi per un lungo periodo di tempo.


La maggior parte degli studi si basa quindi sui dati di studi osservazionali. Ciò implica seguire un folto gruppo di persone per un lungo tempo in modo da osservare le associazioni a lungo termine tra obesità e demenza. Sebbene gli studi osservazionali siano una risorsa preziosa per gli scienziati, questi studi possono essere afflitti da pregiudizi che spesso possono rendere difficile interpretare i risultati.


Uno di questi pregiudizi rilevanti per la ricerca sulla demenza è la 'causalità inversa', in particolare se le persone studiate sono vecchie e il tempo di studio è breve. In questa situazione, è possibile che le persone già nelle prime fasi dello sviluppo della demenza, quando inizia lo studio, possano perdere peso nel tempo a causa della malattia, piuttosto che viceversa. Questo è il sospetto che è alla base del paradosso dell'obesità.


Un altro problema comune è il 'pregiudizio confondente', per cui l'apparente legame tra obesità e demenza è causato da una misura diversa correlata ad entrambi. Uno di questi esempi è l'intelligenza infantile, un fattore che raramente viene misurato negli studi osservazionali, ma, se disponibile, ha dimostrato di spiegare potenzialmente le associazioni che altrimenti potrebbero essere addebitate all'obesità più avanti nella vita.


Ad esempio, i recenti lavori del mio laboratorio sui dati di tre gruppi separati, ciascuno seguito per 50 anni dalla nascita, hanno dimostrato che l'intelligenza inferiore nell'infanzia probabilmente spiega perché si trova che le persone di mezza età con obesità hanno già capacità cognitive leggermente inferiori di quelle con peso normale.


Abbiamo scoperto che, sebbene ci fosse una chiara associazione tra livelli più elevati di obesità e capacità cognitive più basse nella mezza età, questo probabilmente non era perché una stava causando l'altra. Invece, era probabile che un terzo fattore (intelligenza infantile) fosse associato ad entrambe. Cioè, gli individui con bassa intelligenza nell'infanzia non solo avevano un rischio più elevato di diventare obesi man mano che crescevano, ma avevano anche maggiori probabilità di continuare ad avere un'intelligenza inferiore (e quindi di conseguenza capacità cognitive leggermente peggiori).


Senza conoscere i livelli di intelligenza dei bambini nell'infanzia, potremmo interpretare questa associazione tra obesità di mezza età e capacità cognitive come causa-ed-effetto. In realtà, tuttavia, entrambi sono probabilmente solo il risultato di questo terzo fattore che nasce prima nella vita.

 

Sperimentazione randomizzata della natura

Quindi, come possiamo provare ad affrontare questi problemi di pregiudizio? Una tecnica intelligente usata di recente è condurre uno 'studio a randomizzazione Mendeliana', talvolta chiama 'studio randomizzato della natura'. In questo tipo di studio, gli scienziati separano una grande popolazione in due gruppi basati esclusivamente sul fatto che abbiano o meno uno o più geni che causano obesità.


Poiché questi geni vengono ereditati in modo casuale da entrambi i genitori, ciò si traduce in una 'randomizzazione naturale' della popolazione in due gruppi che sono collettivamente bilanciati per ogni fattore tranne il loro stato di obesità. Sebbene non manchino potenziali pregiudizi, ogni differenza nel rischio di demenza viene quindi interpretata direttamente come causata da questa obesità.


Almeno dieci studi hanno usato questa tecnica per verificare se l'obesità potrebbe causare l'Alzheimer, la forma più comune di demenza. Solo uno ha suggerito un legame tra i due.


Quindi, tornando alla domanda: l'obesità aumenta davvero il rischio di demenza? Come piace dire agli scienziati, l'assenza di evidenze non equivale a evidenze di assenza. Oppure messo in altro modo, solo perché non abbiamo ancora abbastanza dati da dire che lo fa, non significa che non lo faccia. La scienza è un processo incrementale. Con il tempo, emergerà una risposta più chiara a questa domanda man mano che vengono raccolti più dati e vengono sviluppate tecniche migliori.


Fino ad allora, il mio consiglio è di seguire il suggerimento delle no-profit dedite alla demenza e cercare di mantenere un peso sano, comunque. Per lo meno, ridurrà il rischio di una vasta gamma di altri importanti problemi di salute e potrebbe persino ridurre il rischio di demenza.

 

 

 


Fonte: Scott Chiesa (ricercatore senior, UCL) in The Conversation (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di testi o marchi inclusi nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 



Notizie da non perdere

Riprogrammare «cellule di supporto» in neuroni per riparare il cervello adulto…

21.11.2014 | Ricerche

La porzione del cervello adulto responsabile del pensiero complesso, la corteccia cerebrale, non ...

Microglia: ‘cellule immunitarie’ che proteggono il cervello dalle malattie, ma…

28.05.2020 | Esperienze & Opinioni

Sappiamo che il sistema immunitario del corpo è importante per tenere tutto sotto controllo e per...

I dieci fattori legati a un aumento del rischio di Alzheimer

27.07.2020 | Esperienze & Opinioni

Anche se non c'è ancora alcuna cura, i ricercatori stanno continuando a migliorare la co...

Capire l'origine dell'Alzheimer, cercare una cura

30.05.2018 | Ricerche

Dopo un decennio di lavoro, un team guidato dal dott. Gilbert Bernier, ricercatore di Hô...

Alzheimer, Parkinson e Huntington condividono una caratteristica cruciale

26.05.2017 | Ricerche

Uno studio eseguito alla Loyola University di Chicago ha scoperto che delle proteine ​​a...

Smontata teoria prevalente sull'Alzheimer: dipende dalla Tau, non dall�…

2.11.2014 | Ricerche

Una nuova ricerca che altera drasticamente la teoria prevalente sull'or...

Che speranza hai dopo la diagnosi di Alzheimer?

25.01.2021 | Esperienze & Opinioni

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia che cambia davvero la vita, non solo per la pe...

Orienteering: un modo per addestrare il cervello e contrastare il declino cogn…

27.01.2023 | Ricerche

Lo sport dell'orienteering (orientamento), che attinge dall'atletica, dalle capacità di ...

Perché le cadute sono così comuni nell'Alzheimer e nelle altre demenze?

4.09.2020 | Esperienze & Opinioni

Le cadute hanno cause mediche o ambientali

Una volta che si considerano tutte le divers...

Nuovo metodo di selezione farmaci spiega perché quelli di Alzheimer falliscono…

31.01.2022 | Ricerche

Analizzando i meccanismi di malattia nei neuroni umani, dei ricercatori dell'Università del...

Ricercatori delineano un nuovo approccio per trattare le malattie degenerative

8.05.2024 | Ricerche

Le proteine sono i cavalli da soma della vita. Gli organismi li usano come elementi costitutivi, ...

Studio dimostra il ruolo dei batteri intestinali nelle neurodegenerazioni

7.10.2016 | Ricerche

L'Alzheimer (AD), il Parkinson (PD) e la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) sono tutte ...

Scoperta importante sull'Alzheimer: neuroni che inducono rumore 'cop…

11.06.2020 | Ricerche

I neuroni che sono responsabili di nuove esperienze interferiscono con i segnali dei neu...

Cibo per pensare: come la dieta influenza il cervello per tutta la vita

7.10.2024 | Esperienze & Opinioni

Una quantità di ricerche mostra che ciò che mangiamo influenza la capacità del corpo di ...

Scoperto il punto esatto del cervello dove nasce l'Alzheimer: non è l…

17.02.2016 | Ricerche

Una regione cruciale ma vulnerabile del cervello sembra essere il primo posto colpito da...

Effetti della carenza di colina sulla salute neurologica e dell'intero si…

23.01.2023 | Ricerche

Assorbire colina a sufficienza dall'alimentazione è cruciale per proteggere il corpo e il cervello d...

Zen e mitocondri: il macchinario della morte rende più sana la vita

20.11.2023 | Ricerche

Sebbene tutti noi aspiriamo a una vita lunga, ciò che è più ambito è un lungo periodo di...

Stimolazione dell'onda cerebrale può migliorare i sintomi di Alzheimer

15.03.2019 | Ricerche

Esponendo i topi a una combinazione unica di luce e suono, i neuroscienziati del Massach...

Il sonno resetta i neuroni per i nuovi ricordi del giorno dopo

11.09.2024 | Ricerche

Tutti sanno che una buona notte di sonno ripristina l'energia di una persona; ora un nuo...

Come dormiamo oggi può prevedere quando inizia l'Alzheimer

8.09.2020 | Ricerche

Cosa faresti se sapessi quanto tempo hai prima che insorga il morbo di Alzheimer (MA)? N...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.