Ho guardato gli occhi esausti di un uomo seduto di fronte a me. Per gli ultimi 14 anni Jerry e sua moglie avevano combattuto contro il cancro al seno. Negli ultimi due anni, lo avevo sempre trovato nel lungo corridoio dell'ospedale, tazza di caffè in mano. Mi fermavo a parlargli, e lo incoraggiavo a venire al Centro Supporto Caregiver del Montefiore.
Jerry mi diceva che, quando si assentava troppo a lungo, la moglie lo chiamava, chiedendo dove fosse e perchè ci metteva così tanto. Era palpabile il suo bisogno di sfogo, di descrivere la situazione attuale mentre la malattia continuava il suo decorso inesorabile. Il suo corpo e gli occhi esprimevano fatica, la sua volontà di prevalere era altrettanto palpabile.
Così eccolo, finalmente nel Centro. Mi ha fatto piacere che stesse davvero facendo una pausa. Ho ri-sottolineato quanto fosse importante prendersi questo tempo, parlare con qualcuno. Fare un "time out" nelle sue 12 ore di ospedale, seduto al capezzale della moglie di oltre 50 anni. Mi ha guardato con i suoi occhi blu e mi ha detto: "Lei non fa una pausa".
In tutti gli anni in cui ho diretto il Centro, ho parlato con innumerevoli caregiver e ho letto decine di libri e articoli sul caregiving, ma queste parole, e lo sguardo nei suoi occhi, ha fermato le mie certezze.
E' facile dire a qualcuno di prendersi una pausa. E' una cosa che credo veramente importante e necessaria. So da molti caregiver che essi si rendono conto da soli di questo, e spesso dopo aver preso la cosiddetta pausa, si sentono ri-energizzati e rinvigoriti per andare avanti nel loro ruolo.
Ora i miei pensieri andavano in una nuova direzione. Per quanto noi professionisti, amici e famigliari spesso pensiamo di sapere cosa è meglio per il caregiver primario, forse dovremmo ascoltarlo molto di più. Come possiamo veramente sostenere il caregiver senza invadere un territorio che, forse, non è solo il suo dominio, ma di cui è in realtà il vero esperto? Questo è un dilemma filosofico, e allo stesso tempo pratico.
Forse questo signore aveva la consapevolezza dei giorni numerati che aveva ancora con la sua amata sposa, e non voleva privarsi di un attimo di quel tempo prezioso. Aveva già abbandonato tutte le sue attività normali piacevoli (per esempio andare al parco per nutrire uccelli e scoiattoli, giocare al bowling con gli amici, incontrare i nipoti) per stare seduto accanto alla moglie, incoraggiandola a non mollare nella battaglia, a non perdere la speranza. "Gli darò subito un calcio nel .. sai cosa, se comincia a parlare di arrendersi", mi ha detto.
Avevo pensato di sollevare il tema delle cure palliative con Jerry, ma non l'ho fatto. Avevo considerato di parlare di obiettivi di cura, di come la moglie voleva passare il resto dei suoi giorni, ma non l'ho fatto. Stavo ascoltando a un livello che richiede concentrazione profonda. Invece di offrire suggerimenti, ho continuato ad ascoltare questo marito devoto, sapendo che questo è quello che gli serviva di più.
Poi ho messo in discussione la mia aspettativa che questo uomo dovesse prendersi del tempo per venire da noi e avvalersi dei nostri innumerevoli servizi al Centro Supporto Caregiver. Forse i suggerimenti ben intenzionati erano fuori luogo. Quel "Lei non fa una pausa" mi ha fatto capire che dovevo essere presente senza il consueto ordine del giorno.
Dopo aver ascoltato l'ultimo aggiornamento sulle condizioni di sua moglie, mi ha raccontato storie meravigliose su alcuni dei suoi successi nella vita, di cui era più orgoglioso, i suoi occhi sono diventati più luminosi e più vivi. Ho pensato tra di me: "Se è il corridoio o l'unità di radioterapia oncologica dove capita di incontrarci in modo casuale, che sia così".
Il potere di essere presenti e di testimoniare è spesso sottovalutato. La voglia di offrire soluzioni, di sistemare le cose di fronte a una situazione sconvolgente, fa parte naturalmente della natura umana. Ma i team di assistenza sanitaria, la famiglia, gli amici e i colleghi di lavoro possono diventare più consapevoli, più ricettivi e reattivi, senza ricorrere a luoghi comuni o a suggerimenti. Il caregiver sarà quindi libero di esprimersi senza sentire che dovrebbe fare questo o quello.
Spesso, l'offerta dei propri valori e idee in realtà può arrestare la capacità del caregiver di condividere autenticamente quello che sta sperimentando. Senza alcuna intenzione di essere scortesi o empatici, imporre il proprio ordine del giorno può comportare che il caregiver si senta ancora più solo nella sua situazione.
Ma, come generalizzare questo concetto oltre i corridoi dell'ospedale?
Nella nostra cultura, il più delle volte, quando qualcuno dice: "Come stai?" non è una richiesta di informazioni, ma solo un saluto. Kurt, un altro visitatore del Centro Supporto Caregiver, è stato salutato in questo modo da un collega in ascensore. Per diversi anni era stato l'unico caregiver di un coniuge molto ammalato. Aveva bisogno di condividere, e invece del solito generico "Sempre avanti!", ha cominciato a parlare sul serio. Quando le porte si sono aperte, il suo collega stava già dicendo: "Va proprio male ... spero che ti vada meglio ...", lasciando lì il caregiver, vulnerabile e solo.
La giornata sarebbe stato molto diversa se l'altra persona avesse ricambiato con "Vorrei tanto saperne di più, possiamo pranzare insieme oggi?" o anche se lo avesse accompagnato all'altro piano continuando ad ascoltare. Resistere pochi secondi in più, avere il coraggio di continuare con "So che stai attraversando un momento difficile, è quello che intendevo quando ti ho chiesto come stai", può portare a un contatto significativo e un sollievo psichico. Questo può cambiare veramente il gioco; il caregiver può sentirsi meno isolato e solo, un cambiamento gratificante per entrambe le parti.
Inoltre, il potere di questo tipo di interscambio non deve avvenire in un posto pre-designato - può accadere in ascensore, nel negozio di alimentari, all'angolo o durante una telefonata. Questo ho imparato nel mio interscambio con Jerry. Anche se la porta del Centro Supporto Caregiver è sempre aperta, il percorso di un potente scambio nel semplice ascolto può essere ovunque.
Nota: Nomi e dati identificativi sono stati cambiati per proteggere la riservatezza.
Fonte: Randi Kaplan LMSW, direttrice del programma di sostegno ai caregiver del Montefiore Health System. Ha contribuito a creare il primo centro di supporto ai caregiver di New York City e supervisiona i Centri Supporto Caregiver dei Campus Moses and Weiler del Montefiore.
Pubblicato in US News (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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