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E' la rete fluttuante del cervello che ci fa pensare meglio

E' la rete fluttuante del cervello che ci fa pensare meglioLe fluttuazioni della struttura della rete cerebrale durante il riposo (pannello superiore). Le fluttuazioni raggruppate per somiglianza mostrano due stati distinti: uno quando il cervello è 'segregato' e un altro in cui il cervello è 'integrato'. (Fonte: Mac Shine)

Negli ultimi 100 anni, gli scienziati hanno capito che diverse aree del cervello hanno scopi unici. Solo di recente si sono resi conto che l'organizzazione non è statica. Piuttosto che avere percorsi di comunicazione rigorosamente definiti tra le varie aree, il livello di coordinamento tra le diverse parti del cervello sembra come il flusso e riflusso della marea.


Ora, analizzando il cervello di un gran numero di persone a riposo o quando svolgono compiti complessi, i ricercatori della Stanford University hanno capito che anche l'integrazione tra queste aree del cervello oscilla. Quando il cervello è più integrato le persone vanno meglio sui compiti complessi. La ricerca è stata pubblicata su Neuron.


"Il cervello è stupefacente nella sua complessità e credo che, in un certo senso, siamo riusciti a descrivere parte della sua bellezza in questa storia", ha detto il primo autore dello studio Mac Shine, ricercatore post-dottorato nel laboratorio di Russell Poldrack, professore di psicologia. "Siamo riusciti a dire 'Ecco una struttura sottostante che non avresti mai immaginato che fosse lì, spiegando forse il mistero del perché il cervello è organizzato in questo modo' ".

 

Connessioni cerebrali a riposo e al lavoro

In un progetto composto di tre parti, i ricercatori hanno usato i dati ad accesso libero dello Human Connectome Project per esaminare il modo in cui aree separate del cervello coordinano la loro attività nel corso del tempo, sia mentre le persone sono a riposo che mentre stanno eseguendo un lavoro mentale impegnativo. Hanno quindi testato un potenziale meccanismo neurobiologico per spiegare questi risultati.


Per la condizione di stato di riposo, i ricercatori hanno usato una tecnica innovativa di analisi esaminando i dati di risonanza magnetica funzionale (fMRI) - che mostra in tempo reale quali aree del cervello sono attive - di persone che non stavano facendo nessun compito particolare. L'analisi stima la quantità di flusso sanguigno in coppie di aree del cervello e quindi usa la matematica della teoria dei grafi per riassumere il modo in cui è organizzata l'intera rete del cervello.


Essi hanno scoperto che, anche senza alcun stimolo intenzionale, la rete del cervello oscilla tra periodi di maggiore e minore flusso coordinato di sangue nelle diverse aree del cervello. Per determinare se queste fluttuazioni sono rilevanti per la funzione cerebrale, i ricercatori hanno usato i dati fMRI di persone che avevano eseguito bene un test impegnativo di memoria.


I ricercatori hanno scoperto che il cervello dei partecipanti era più integrato mentre lavoravano su questo compito complicato, di quanto lo fosse durante il riposo tranquillo. Gli scienziati avevano dimostrato in precedenza che il cervello è intrinsecamente dinamico, ma l'analisi statistica ulteriore di questo studio ha rivelato che il cervello è più interconnesso nelle persone che hanno eseguito il test più velocemente e con un'accuratezza maggiore.


"Il mio background è in psicologia cognitiva e neuroscienze cognitive, e le storie sul modo di funzionare del cervello che non si collegano al comportamento in realtà non mi dicono molto", ha detto il co-autore Poldrack. "Ma questa ricerca dimostra dei rapporti davvero chiari tra il funzionamento del cervello a livello di rete e le prestazioni reali della persona in questi compiti psicologici".

 

Amplificare l'interconnessione del cervello

Come passo finale del loro studio, i ricercatori hanno misurato le dimensioni della pupilla per cercare di capire come il cervello coordina questo cambiamento in termini di connettività. Il diametro pupillare è una misura indiretta dell'attività di una piccola area del tronco cerebrale chiamata locus coeruleus che si pensa amplifichi o silenzi i segnali dell'intero cervello. Fino a un certo punto, l'aumento della dimensione della pupilla probabilmente indica una maggiore amplificazione dei segnali forti e un maggiore silenziamento dei segnali deboli in tutto il cervello.


I ricercatori hanno scoperto che le dimensioni della pupilla riflettono in modo grezzo i cambiamenti della connettività del cervello durante il riposo, in quanto delle pupille più grandi sono associate a una maggiore connettività. Ciò suggerisce che la noradrenalina proveniente dal locus coeruleus potrebbe essere ciò che spinge il cervello a integrarsi meglio durante i compiti cognitivi altamente complessi, consentendo ad una persona di svolgere bene quei compiti.

 

Il valore della scienza guidata dalla curiosità

I ricercatori hanno in programma di approfondire il legame tra guadagno neurale e integrazione nel cervello. Vogliono anche capire come questi risultati sono universali ad altri comportamenti, come l'attenzione e la memoria.


Questa ricerca potrà anche infine aiutare a comprendere meglio i disturbi cognitivi, come l'Alzheimer o il Parkinson, ma Shine ha sottolineato che si tratta di una indagine guidata dalla curiosità, alimentata dalla passione di saperne semplicemente di più sul cervello.


"Penso che siamo stati molto fortunati qui, nel senso che abbiamo avuto una domanda esplorativa che ha dato frutti"
, ha detto Shine. "Ora, siamo in una posizione in cui possiamo porre nuove domande che speriamo possano aiutarci a progredire nella comprensione del cervello".

 

 

 

 


Fonte: Taylor Kubota Stanford University (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: James M. Shine, Patrick G. Bissett, Peter T. Bell, Oluwasanmi Koyejo, Joshua H. Balsters, Krzysztof ;J. Gorgolewski, Craig A. Moodie, Russell A. Poldrack. The Dynamics of Functional Brain Networks: Integrated Network States during Cognitive Task Performance. Neuron, 2016; DOI: 10.1016/j.neuron.2016.09.018

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Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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