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Gli effetti neuroprotettivi del litio: valgono anche per l'Alzheimer?

Il litio, utilizzato per trattare i disturbi affettivi da più di mezzo secolo, ha proprietà neurotrofiche e neuroprotettive che possono contribuire a preservare la funzione cognitiva nei pazienti con disturbo bipolare e, forse, in quelli con Alzheimer.


Alla riunione annuale dell'American Psychiatric Association a San Francisco, Ariel Gildengers, MD, Professore Associato di Psichiatria all'Università di Pittsburgh, ha detto ai partecipanti della sessione scientifica che "più di 75 studi e più di 5 revisioni hanno stabilito un'associazione tra il disturbo bipolare e il deterioramento cognitivo".


In particolare, Gildengers ha descritto una grande meta-analisi di Bourne e colleghi (1) sui dati individuali di pazienti di 31 studi sul decadimento cognitivo nel disturbo bipolare. I ricercatori hanno trovato le prove di un significativo deterioramento cognitivo nei pazienti con disturbo bipolare, anche in periodi di eutimia. Essi hanno concluso che le menomazioni "non sembrano correlate al trattamento farmacologico".


Sono presenti disfunzioni nella funzione esecutiva, nella memoria verbale, e nell'elaborazione delle informazioni, ed i deficit sono evidenti nei parenti di primo grado, ha detto Gildengers, che ha parlato alla sessione Advances in Geriatric Psychopharmacology. Ci sono studi su gemelli identici, che sono discordanti per il disturbo bipolare (2). Il gemello senza la malattia ha un modello simile di deficit cognitivi, anche se non così grave, ma "c'è qualcosa di geneticamente presente".


I due risultati più comuni nei pazienti con disturbo bipolare sono ventricoli dilatati e aumento dell'iperintensità della sostanza bianca (WMHS), ha detto Gildengers. Pur riconoscendo che i ventricoli dilatati sono presenti in pazienti con schizofrenia e che la WMHS è presente negli adulti che invecchiano, ha detto che la prevalenza è più alta del previsto negli individui con disturbo bipolare. Il disturbo bipolare "non è semplicemente una malattia del cervello", ma è piuttosto "una malattia multisistemica", secondo Gildengers. Alcuni dei meccanismi biologici comprendono una funzione mitocondriale alterata, sistemi dopaminergici/glutamatergici deteriorati, e infiammazione.


"La buona notizia è che alcuni farmaci, come il litio, la quetiapina (Seroquel) e il valproato (Depakote, Depakene), hanno effetti molto positivi su alcune delle cose che possono essere squilibrate nel disturbo bipolare, come le anomalie del fattore neurotrofico derivato dal cervello (BDNF) e la proteina Bcl-2", ha continuato Gildengers. "Il litio migliora il BDNF e la Bcl-2. Questi sono fattori neuroprotettivi che possono portare alla salute neuronale. Il litio può anche ridurre lo stress ossidativo".


Di recente c'è stato un notevole interesse nella capacità del litio di inibire il glicogeno sintasi chinasi-3 (GSK-3). Un aumento dell'attività o della sovraespressione del GSK-3 è associato ad un aumento della iperfosforilazione della tau e alle alterazioni nell'elaborazione dell'amiloide-β legati alla formazione di grovigli neurofibrillari e placche, che sono le caratteristiche dell'Alzheimer. "Quello che sto suggerendo qui è che il litio può essere un trattamento per l'Alzheimer", ha detto Gildengers.


Una domanda importante per la ricerca è se l'incidenza della demenza e dei marcatori patologici dell'Alzheimer sono più bassi nei pazienti anziani con disturbo bipolare che hanno preso il litio per un tempo molto lungo rispetto a quelli con disturbo bipolare che hanno assunto altri farmaci. Nel 2007, Nunes e colleghi (3) hanno pubblicato il rapporto di uno studio trasversale che ha esaminato il litio e il rischio di Alzheimer nei pazienti anziani (60 anni e più) con disturbo bipolare. I ricercatori hanno scoperto che la prevalenza di demenza era inferiore nei pazienti che ricevevano un trattamento continuo agli ioni rispetto agli altri.


Studi su casi registrati hanno anche trovato un minor rischio di Alzheimer nei pazienti bipolari dopo l'uso al litio per lungo tempo, secondo Gildengers. Egli ha descritto il lavoro di Kessing e colleghi (4) che lega i dati registrati sul litio prescritto, in tutti i pazienti dimessi da un servizio psichiatrico di assistenza sanitaria, ad una diagnosi di mania o disturbo bipolare e la successiva diagnosi di demenza. La continuazione del trattamento con litio è stata associata ad un tasso ridotto di demenza nei pazienti con disturbo bipolare in contrasto con la continuazione del trattamento con farmaci anticonvulsivanti, antidepressivi o antipsicotici.


Certo, c'è la preoccupazione che avere il disturbo bipolare può aumentare il rischio del paziente di demenza, ma tra gli individui con disturbo bipolare che hanno preso litio continuamente, il loro tasso di demenza è ritornato al livello della popolazione generale, secondo Gildengers.


Nella loro ricerca, Nunes e colleghi hanno scoperto che tra i pazienti anziani con disturbo bipolare, la prevalenza di demenza era del 19% (quasi 3 volte quella prevedibile negli anziani della popolazione brasiliana). Ma nel loro studio, la prevalenza dell'Alzheimer era maggiore solo nei pazienti che non avevano ricevuto terapia continua con litio di recente (33%). Viceversa, la prevalenza dell'Alzheimer nel gruppo del litio continuo (5%) era simile a quello riportato per gli anziani della popolazione generale in Brasile.

 

Lo studio di Gildengers

Gildengers ha anche presentato i dati preliminari dal suo studio continuo sugli effetti della terapia con litio di lunga durata negli anziani con disturbo bipolare. Lui ed i suoi colleghi stanno confrontando i pazienti con disturbo bipolare (50 anni o oltre) che hanno preso litio per più di 10 anni con i pazienti con disturbo bipolare con una esposizione minima o nulla al litio e anche con controlli mentalmente sani e coetanei, con pari istruzione e onere medico.


Il gruppo di Gildengers ha studiato i pazienti anziani con disturbo bipolare negli ultimi dieci anni con valutazioni ripetute della cognizione e scansioni cerebrali. Il team sta esaminando la funzione cognitiva valutata su più domini (ad esempio, il linguaggio, la memoria, la velocità di elaborazione delle informazioni, la funzione esecutiva, le abilità visuospaziali, e l'attenzione) e i risultati di neuroimaging sulla salute del cervello, in particolare del fardello WMH, e l'anisotropia frazionaria (una misura della integrità del cervello). Confrontando i pazienti con disturbi bipolari ai controlli, il gruppo di Gildengers ha scoperto che quelli con disturbo bipolare hanno "marcatori molto più elevati di infiammazione", materia grigia totale più bassa, e valori di integrità cerebrali inferiori.


Gildengers ha detto che quelli con disturbo bipolare che hanno avuto un trattamento al litio per un decennio o più hanno "valori significativamente più bassi dell'onere di ipersensibilità della sostanza bianca di quelli con un'esposizione minima o nulla. Assomigliano ai controlli".

 

Litio per l'Alzheimer

Alcuni studi hanno esplorato gli effetti del litio sul deterioramento cognitivo lieve (MCI) e sull'Alzheimer: i risultati sono misti. Per esempio, Hampel e soci (5) hanno testato gli effetti del trattamento a breve termine (10 settimane) con litio, di pazienti con Alzheimer lieve. Le misure dei risultati primari erano il liquido cerebrospinale (CSF), i livelli di tau fosforilata e il GSK-3 nei linfociti. Non è stato osservato alcun effetto del trattamento sull'attività del GSK-3 o sulle concentrazioni dei biomarcatori basati sul CSF.


In un piccolo studio in aperto, che valutava la fattibilità e la tollerabilità del litio nell'Alzheimer, Macdonald e colleghi (6) hanno dato del litio a basso dosaggio a 22 pazienti con Alzheimer per un massimo di un anno. I tassi di interruzione sono stati elevati, ma le segnalazioni di effetti avversi sulla scala di risultato primario non differivano tra coloro che hanno interrotto la terapia e coloro che sono rimasti nello studio. Non ci sono state differenze di morti, ritiri, o cambiamenti nel Mini Mental State Examination (MMSE) tra i pazienti trattati con litio e il gruppo di confronto.


Al contrario, in un studio randomizzato in doppio cieco, controllato con placebo a singolo centro, Forlenza e colleghi (7) hanno cercato di valutare i potenziali effetti neuroprotettivi del trattamento agli ioni a basse dosi nel lungo periodo in pazienti con MCI amnesico. I partecipanti con MCI amnesico sono stati randomizzati per ricevere litio (da 0,25 a 0,5 mmol / L) (n = 24) o placebo (n = 21) in uno studio di 12 mesi. Il trattamento con litio è stato associato ad una significativa diminuzione delle concentrazioni nel liquido cerebrospinale di tau fosforilata e a prestazioni migliori sulla sottoscala cognitiva dell'Alzheimer Disease Assessment Scale e sui compiti di attenzione.


"Il numero di pazienti che hanno progredito da MCI amnesico ad Alzheimer è stato maggiore nel gruppo trattato con placebo, una prova indicativa che il litio può essere utile contro l'Alzheimer", ha detto Gildengers.


Uno stuido clinico più recente, condotto da Nunes e colleghi (8), ha esplorato l'uso di microdosi (300 mcg/die) di litio somministrato a pazienti con Alzheimer per 15 mesi. Nella fase di valutazione, il gruppo trattato non ha mostrato alcuna riduzione delle prestazioni sul MMSE, ma il gruppo di controllo ha mostrato punteggi MMSE inferiori. Sono state osservate differenze significative tra il gruppo trattato con litio e quello di controllo a partire dai 3 mesi dopo l'inizio del trattamento. I loro risultati suggeriscono che il trattamento con microdosi di litio è efficace nel prevenire la perdita cognitiva, rafforzando il suo potenziale terapeutico nel trattamento dell'Alzheimer.


In una recente revisione del litio e delle prove sulle sue proprietà neuroprotettive e l'uso possibile per le malattie neurodegenerative, Diniz e colleghi (9) hanno concluso che "le evidenze attuali puntano a un ruolo potenziale del litio come farmaco con proprietà modificanti la malattia per l'Alzheimer". Ma avvertono che "è molto importante sottolineare che il rapporto rischio-beneficio nell'utilizzo del litio per la neuroprotezione è ancora molto poco chiaro e il litio non deve ancora essere utilizzato per la neuroprotezione degli anziani". Sono necessari ulteriori studi clinici per stabilire l'efficacia, il dosaggio ottimale, e la durata dell'uso del farmaco per conseguire benefici clinici ottimali.


Anche Carl Salzman, MD, Professore di Psichiatria alla Harvard Medical School del Beth Israel Deaconess Medical Center e del Massachusetts Mental Health Center di Boston e uno dei partecipanti alla sessione Advances in Geriatric Psychopharmacology, ha esortato cautela. "Il litio era scivolato nel dimenticatoio americano negli ultimi 10 anni, ma è un ritorno ben meritato come sostanza terapeutica che può avere numerosi impieghi. Non solo è il miglior stabilizzatore dell'umore, ma ... può avere effetti protettivi sul sistema nervoso centrale. Questi effetti potrebbero essere clinicamente rilevanti e potrebbe fornire le basi per nuove ricerche sui cambiamenti molecolari che si verificano in età avanzata associati alle disfunzioni cognitive e altre". Il litio può aumentare l'attività mitocondriale; può diminuire lo stress ossidativo; può sopprimere il GSK-3; può aumentare i livelli di BDNF, che è cibo per i neuroni, e può anche aumentare la materia grigia corticale.


"Tutto questo è fantastico. Ma nella vita reale, il litio è difficile da usare negli anziani. E' altamente tossico. I livelli ematici, in generale, devono essere abbastanza bassi per avere un effetto terapeutico", ha avvertito. Il litio è difficile da usare negli anziani a causa delle interazioni farmacologiche e degli effetti del litio su reni e tiroide. Inoltre, la tossicità del litio negli anziani è per lo più neurocognitiva, e perciò "può interferire con la nostra valutazione diagnostica per capire se il paziente sta peggiorando neurocognitivamente o sta subendo un effetto collaterale del litio". Inoltre, la condiscendenza è molto difficile per gli anziani, il che rende la maggior parte dei medici riluttanti a usare il litio come stabilizzatore dell'umore per quella fascia d'età.


Riassumendo, Gildengers ha detto a Psychiatric Times che, mentre è evidente l'aumento di prove sugli effetti positivi del litio sulla salute del cervello, questa evidenza rimane preliminare. "Sono necessari studi clinici prospettici, controllati più attentamente, prima che possiamo sicuramente dire che il litio può proteggere o attenuare gli effetti delle malattie neurodegenerative, come l'Alzheimer".

 

 

 

Referenze:

  1. Bourne C, Aydemir O, Balanzá-Martínez V, et al. Neuropsychological testing of cognitive impairment in euthymic bipolar disorder: an individual patient data meta-analysis. Acta Psychiatr Scand. 2013 Apr 26; [Epub ahead of print].
  2. Gourovitch ML, Torrey EF, Gold JM, et al. Neuropsychological performance of monozygotic twins discordant for bipolar disorder. Biol Psychiatry. 1999;45:639-646.
  3. Nunes PV, Forlenza OV, Gattaz WF. Lithium and risk for Alzheimer’s disease in elderly patients with bipolar disorder. Br J Psychiatry. 2007;190:359-360.
  4. Kessing LV, Forman JL, Andersen PK. Does lithium protect against dementia? Bipolar Disord. 2010;12:87-94.
  5. Hampel H, Ewers M, Bürger K, et al. Lithium trial in Alzheimer’s disease: a randomized, single-blind, placebo-controlled, multicenter 10-week study. J Clin Psychiatry. 2009;70:922-931.
  6. Macdonald A, Briggs K, Poppe M, et al. A feasibility and tolerability study of lithium in Alzheimer’s disease. Int J Geriatr Psychiatry. 2008;23:704-711.
  7. Forlenza OV, Diniz BS, Radanovic M, et al. Disease-modifying properties of long-term lithium treatment for amnestic mild cognitive impairment: randomised controlled trial. Br J Psychiatry. 2011;198:351-356.
  8. Nunes MA, Viel TA, Buck HS. Microdose lithium treatment stabilized cognitive impairment in patients with Alzheimer’s disease. Curr Alzheimer Res. 2013;10:104-107.
  9. Diniz BS, Machado-Vieira R, Forlenza OV. Lithium and neuroprotection: translational evidence and implications for the treatment of neuropsychiatric disorders. Neuropsychiatr Dis Treat. 2013;9:493-500.

 

 

 

 

 


Pubblicato da Arline Kaplan in Psychiatric Times (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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