Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Featured

La scoperta del punto di svolta nell'Alzheimer può migliorare i test di nuovi farmaci?

 Intervista al neurologo William Seeley della Università della California di San Francisco

William Seely

I ricercatori sanno da molti anni che il morbo di Alzheimer (MA) coinvolge due proteine ​​chiamate amiloide-beta (Aβ) e tau e che l'interazione tra loro guida la diffusione della neurodegenerazione. Quello che non era chiaro è dove e come avvengono tali interazioni nel tempo, man mano che la malattia avanza.


In uno studio pubblicato il 19 aprile sulla rivista Neuron, il neurologo William Seeley MD e i suoi colleghi della UC San Francisco e della Corea del Sud hanno identificato due momenti chiave nella storia naturale della malattia.


I nuovi risultati possono indicare una finestra di opportunità per il trattamento con farmaci che abbassano l'Aβ, come il controverso Adulhelm e farmaci simili attualmente in cantiere. Seeley descrive l'importanza della recente scoperta.

 

Cosa sappiamo in generale sui ruoli dell'Aβ e della tau nel MA?

Quello che sappiamo dagli studi neuropatologici umani è che i grovigli tau che causano così tanti problemi nel MA si vedono di solito, in piccolo numero, nel cervello a circa 40 anni di età. Questa tau, che si accumula inizialmente nelle strutture della memoria, è allo stato dormiente. Senza la presenza di Aβ, la tau non si diffonde in tutto il cervello.


Se e quando l'Aβ inizia ad apparire, si accumula inizialmente nella neocorteccia, le parti del cervello che gestiscono funzioni cognitive come linguaggio e abilità visuospaziali. Queste regioni sono a una certa distanza dalle strutture della memoria in cui la tau è dormiente. Sappiamo che queste due proteine ​​interagiscono in qualche modo, perché l'Aβ sembra risvegliare la tau e incoraggiarne la diffusione. Un mistero centrale è come avviene quell'interazione, perché si verifica su così lunga distanza, ed è probabilmente una delle domande più fondamentali del campo.

tau proteins memory centerLe proteine tau dormienti nei centri di memoria del cervello (rosso) sono spinte a diffondersi mentre si sviluppa l'amiloide-beta (blu) nella neocorteccia. Quando le due proteine si incontrano nel giro temporale inferiore, la tau si diffonde rapidamente nella neocorteccia (viola) dove influenza le funzioni cognitive, come il linguaggio e il riconoscimento facciale.

Cosa hai imparato su questa interazione che aiuta a spiegare come si dispiega il MA?

Siamo riusciti a identificare due interazioni chiave tra Aβ e tau nel corso della progressione del MA sulla base di grandi basi di dati pubblicamente disponibili, che includono scansioni PET per rilevare l'Aβ patologica e la tau. Il nostro obiettivo era determinare come la normale architettura delle connessioni cerebrali può facilitare queste interazioni tra tau e Aβ e influenzare la diffusione della tau.


Innanzitutto, abbiamo esaminato le interazioni tra Aβ e tau a distanza. Sulla base di ciò che sappiamo sulle connessioni tra varie parti del cervello, abbiamo modellato i percorsi attraverso i quali potrebbero verificarsi queste interazioni. Abbiamo scoperto che la prima di queste interazioni remote avviene nella corteccia entorinale, l'area in cui tau appare inizialmente nella corteccia cerebrale.


In secondo luogo, abbiamo guardato cosa succede quando le due proteine ​​si avvicinano abbastanza da mescolarsi all'interno di una regione cerebrale. Questo tipo di interazione si verifica prima nel giro temporale inferiore (ITG), che è un'area importante per trasmettere informazioni visive ad altre parti del cervello.


L'ITG sembra agire come la grande stazione ferroviaria della città, un centro di trasporto con dozzine di binari che partono verso altre regioni cerebrali. Una volta che le due proteine ​​interagiscono localmente all'interno di questo snodo, l'Aβ sembra catalizzare una fase di accelerazione in cui la tau lascia la stazione diretta ad altre aree della neocorteccia in cui si sta già accumulando l'Aβ.


È importante sottolineare che siamo riusciti a replicare tutte queste scoperte cruciali in un secondo insieme indipendente di dati, tratti da persone anziane residenti in Corea del Sud.

 

Cosa significano queste informazioni per il futuro dei farmaci che abbassano l'Aβ?

I nostri risultati possono suggerire che dobbiamo prescrivere farmaci per abbassare l'Aβ prima che le due proteine ​​si incontrino alla stazione ferroviaria ITG. Ipotizziamo che se aspettiamo finché i treni lasciano quello snodo, sarà troppo tardi per influenzare il corso generale della malattia. Questa è l'idea che speriamo di perseguire nella prossima fase della nostra ricerca.


Questo lavoro può anche aiutare a spiegare perché farmaci come l'aducanumab (Aduhelm) hanno mostrato un vantaggio limitato negli studi clinici. Non c'è dubbio che l'aducanumab e altri farmaci sperimentali nella stessa classe abbassino l'Aβ, ma finora i benefici siano stati modesti e incoerenti.


Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che molti pazienti arruolati in questi studi sono già oltre lo stadio in cui la tau si sta propagando in modo esplosivo. I due punti cruciali del tempo che abbiamo identificato potrebbero fungere da quadro per decidere quali pazienti sono i migliori per un determinato studio clinico. Se saremo più bravi nella selezione, avremo letture più chiare sull'efficacia.


Ciò di cui abbiamo bisogno ora sono studi sulle persone in uno stadio presintomatico che hanno Aβ in accumulazione nel cervello, per vedere se il trattamento durante quella finestra dà benefici. L'obiettivo finale qui è la prevenzione secondaria. Proprio come rileviamo l'ipertensione e la trattiamo prima che provochi attacchi di cuore e ictus, vogliamo individuare prcocemente il MA e curarlo prima che provochi demenza.

 

 

 


Fonte: Robin Marks in University of California San Francisco (> English)- Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di testi o marchi inclusi nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Pensaci: tenere attivo il cervello può ritardare l'Alzheimer di 5 anni

21.07.2021 | Ricerche

Mantenere il cervello attivo in vecchiaia è sempre stata un'idea intelligente, ma un nuo...

Il gas da uova marce potrebbe proteggere dall'Alzheimer

15.01.2021 | Ricerche

La reputazione dell'[[acido solfidrico]] (o idrogeno solforato), di solito considerato v...

Perché il diabete tipo 2 è un rischio importante per lo sviluppo dell'Alz…

24.03.2022 | Ricerche

Uno studio dell'Università di Osaka suggerisce un possibile meccanismo che collega il diabete all'Al...

Il caregiving non fa male alla salute come si pensava, dice uno studio

11.04.2019 | Ricerche

Per decenni, gli studi nelle riviste di ricerca e la stampa popolare hanno riferito che ...

Districare la tau: ricercatori trovano 'obiettivo maneggiabile' per …

30.01.2019 | Ricerche

L'accumulo di placche di amiloide beta (Aβ) e grovigli di una proteina chiamata tau nel ...

Microglia: ‘cellule immunitarie’ che proteggono il cervello dalle malattie, ma…

28.05.2020 | Esperienze & Opinioni

Sappiamo che il sistema immunitario del corpo è importante per tenere tutto sotto controllo e per...

'Evitare l'Alzheimer potrebbe essere più facile di quanto pensi'…

16.11.2018 | Esperienze & Opinioni

Hai l'insulino-resistenza? Se non lo sai, non sei sola/o. Questa è forse la domanda più ...

Cerca il tuo sonno ideale: troppo e troppo poco legati al declino cognitivo

28.10.2021 | Ricerche

Come tante altre cose buone della vita, il sonno fa meglio se è moderato. Uno studio plu...

I dieci fattori legati a un aumento del rischio di Alzheimer

27.07.2020 | Esperienze & Opinioni

Anche se non c'è ancora alcuna cura, i ricercatori stanno continuando a migliorare la co...

Che speranza hai dopo la diagnosi di Alzheimer?

25.01.2021 | Esperienze & Opinioni

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia che cambia davvero la vita, non solo per la pe...

Dana Territo: 'La speranza può manifestarsi da molte fonti nella cerchia …

14.01.2025 | Esperienze & Opinioni

Come trovi speranza nel nuovo anno con una diagnosi di Alzheimer?

Avere speranza...

LATE: demenza con sintomi simili all'Alzheimer ma con cause diverse

3.05.2019 | Ricerche

È stato definito un disturbo cerebrale che imita i sintomi del morbo di Alzheimer (MA), ...

Ricercatori del MIT recuperano con la luce i ricordi 'persi'

29.05.2015 | Ricerche

I ricordi che sono stati "persi" a causa di un'amnesia possono essere richiamati attivando le cel...

La lunga strada verso la demenza inizia con piccoli 'semi' di aggreg…

20.11.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) si sviluppa nel corso di decenni. Inizia con una reazione a c...

Dare un senso alla relazione obesità-demenza

2.08.2022 | Esperienze & Opinioni

Questo articolo farà capire al lettore perché l'obesità a volte può aumentare il rischio...

A 18 come a 80 anni, lo stile di vita è più importante dell'età per il ri…

22.07.2022 | Ricerche

Gli individui senza fattori di rischio per la demenza, come fumo, diabete o perdita dell...

Colpi in testa rompono i 'camion della spazzatura' del cervello acce…

5.12.2014 | Ricerche

Un nuovo studio uscito ieri sul Journal of Neuroscience dimostra che un...

Il ruolo sorprendente delle cellule immunitarie del cervello

21.12.2020 | Ricerche

Una parte importante del sistema immunitario del cervello, le cellule chiamate microglia...

Nuovo sensore nel cervello offre risposte all'Alzheimer

12.03.2021 | Ricerche

Scienziati della Università della Virginia (UVA) hanno sviluppato uno strumento per moni...

36 abitudini quotidiane che riducono il rischio di Alzheimer

2.07.2018 | Esperienze & Opinioni

Sapevi che mangiare carne alla griglia potrebbe aumentare il rischio di demenza? O che s...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.