Quantità elevate nel sangue di DNA privo di cellule sono legate all'infiammazione cronica, un fattore di rischio noto per gravi sintomi di invecchiamento e di fragilità negli anziani
In uno studio di otto anni su oltre 600 anziani che vivevano in comunità (non in casa di riposo), i ricercatori della Johns Hopkins Medicine di Baltimora nel Maryland affermano di avere collegato i livelli di DNA privo di cellule (frammenti di DNA derivanti dalla morte cellulare) circolante nel sangue, con l'infiammazione cronica e alla fragilità. Lo studio è nuovo ed espande lavori precedenti, affermano gli investigatori, perché si è concentrato sul DNA mitocondriale piuttosto che solo sul DNA genomico, come precedentemente riportato in ottobre 2022.
I nuovi risultati, pubblicati il 23 maggio su Immunity and Ageing, aggiungono prove che livelli relativamente elevati di frammenti di DNA presenti nei campioni di sangue presi di routine potrebbero essere biomarcatori o segnali accurati e utili, per varie forme di declino cognitivo e fisico. L'analisi ha anche trovato correlazioni tra tali frammenti di DNA e la presenza di altri biomarcatori ben noti dell'invecchiamento, comprese le citochine, i fattori di necrosi tumorale (proteine prodotte dal sistema immunitario in risposta alla crescita del tumore) e proteine realizzate dal fegato quando è presente l'infiammazione.
"Espandendo i tipi di DNA sottoposti a rilevazione nel sangue, la nuova ricerca ha ampliato gli sforzi per comprendere e prevedere meglio il declino fisico e cognitivo che deriva dall'invecchiamento", afferma l'autore senior Peter Abadir MD, professore associato di medicina geriatrica e gerontologia alla Johns Hopkins University.
Precedenti studi di Abadir e Lolita Nidadavolu MD/PhD, assistente prof.ssa di medicina geriatrica e gerontologia della stessa istituzione, focalizzati esclusivamente sul DNA genomico senza cellule circolanti (ccf-gDNA) come possibile biomarcatore del declino cognitivo e fisico dell'età. Il nuovo lavoro si è concentrato sul DNA mitocondriale (ccf-mtDNA), un DNA ereditato dalla madre presente negli organelli cellulari, spesso descritti come 'impianti energetici' delle cellule degli esseri umani, altri animali, piante e della maggior parte di altri organismi.
Quando le cellule muoiono per morte cellulare programmata naturale (apoptosi), il DNA mitocondriale si rompe in piccoli frammenti e resta in circolazione nel sangue, più o meno allo stesso modo del DNA genomico. Se un evento catastrofico, come lesione, interruzioni del flusso sanguigno o malattia, causa la morte della cellula, ci saranno frammenti più grandi di DNA mitocondriale che possono innescare un'infiammazione cronica, una risposta immunitaria che imita ciò che accade quando il corpo reagisce a batteri e virus.
L'infiammazione cronica ha dimostrato nel tempo di provocare sintomi di fragilità e perdita di memoria e altro declino cognitivo. Per il nuovo studio, i ricercatori hanno analizzato i campioni di sangue presi a metà degli anni '90 da 672 uomini e donne residenti in comunità con un'età media di 80 anni all'inizio dello studio. I partecipanti sono stati scelti da tre studi di coorte con sede al Centro Alzheimer della Rush University: Religious Orders Study, Memory and Aging Project e Minority Aging Research Study.
Tutti i partecipanti hanno avuto test fisici e cognitivi annuali a ogni prelievo del sangue. I test cognitivi includevano memoria e percezione e come test fisici, resistenza alla presa, andatura, affaticamento e funzione motoria. I ricercatori hanno quindi confrontato i livelli di frammenti di ccf-mtDNA lunghi e corti con 4 biomarcatori noti di infiammazione: citochine, due fattori di necrosi tumorale e proteine epatiche infiammatorie.
I risultati hanno mostrato strette relazioni tra i quattro biomarcatori e una maggiore quantità di ccf-mtDNA. Ad esempio, se il campione di sangue di un paziente presentava elevate quantità di uno o più di questi biomarcatori noti di infiammazione, il campione conteneva anche elevate quantità di ccf-mtDNA. Inoltre, i ricercatori hanno scoperto che, mentre alte quantità circolanti di DNA genomico sono legate al declino cognitivo e fisico, alti livelli di DNA mitocondriale erano legati con più forza al solo declino fisico.
"Il nostro obiettivo è promuovere un invecchiamento sano, il che significa prolungare la 'vita in salute', preservare la qualità della vita e mantenere l'energia degli anziani", afferma la Nidadavolu. "Più riusciamo a capire perché alcuni pazienti prendono il percorso verso la fragilità o la demenza e altri no, più interventi possiamo identificare e raccomandare per preservare la salute con l'invecchiamento delle persone. Identificare il DNA circolante nel sangue come biomarcatore è solo l'inizio di questa ricerca".
I ricercatori affermano che i loro prossimi passi includono l'allargamento dello studio ad altre popolazioni di adulti più giovani per identificare il momento iniziale in cui questi frammenti di DNA senza cellule diventano prevalenti nei campioni di sangue. Inoltre, sperano di determinare esattamente come questi frammenti di DNA contribuiscono all'infiammazione e come eventualmente intervenire prima che diventino un precursore del declino cognitivo e fisico.
Fonte: Johns Hopkins Medicine (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: LS Nidadavolu, [+8], PM Abadir. Associations between circulating cell-free mitochondrial DNA, inflammatory markers, and cognitive and physical outcomes in community dwelling older adults. Immunity & Ageing, 2023, DOI
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