Scienziati della Kansas University negli Stati Uniti dicono che coloro che sono grassi nella mezza età hanno effettivamente più probabilità di sviluppare l'Alzheimer decenni più tardi. Al contrario, essere in sovrappeso nell'anzianità sembra offrire una certa protezione dalla malattia.
I ricercatori pensano di cominciare a capire questo cosiddetto "paradosso dell'obesità". Dicono che coloro che sono in sovrappeso o obesi nella mezza età hanno più probabilità di sviluppare l'Alzheimer a causa di una serie di fattori medici, o a causa di quella che definiscono "fisiopatologia eterogenea" .
Scrivendo sulla rivista Neurology, dicono che una spiegazione per il paradosso è "una lunga fase preclinica" alla malattia, che può includere modifiche al cervello senza segni esteriori, e "la perdita accelerata di peso". Scrivono: "I cambiamenti cerebrali neurodegenerativi relativi all'Alzheimer possono influenzare la composizione corporea".
I possibili modi in cui l'Alzheimer potrebbe portare alla perdita di peso sono: fare dimenticare di mangiare, e ridurre l'attività fisica - che può provocare dimagrimento, se accompagnato da un corrispondente apporto calorico inferiore. Tuttavia, l'Alzheimer's Society ha detto che è necessario altro studio per capire esattamente i termini del problema. La Dssa Anne Corbett, direttrice della ricerca dell'associazione, ha dichiarato: "Per ora non è chiaro se un basso indice di massa corporea (BMI) è in realtà parte dell'Alzheimer, o un effetto collaterale causato dalla malattia. Anche se questo studio mostra un collegamento tra esso e i cambiamenti nel cervello comuni nell'Alzheimer, non c'è alcuna associazione tra BMI e sintomi della malattia quali perdita di memoria".
"E' necessario più studio prima di poter dire se questi risultati devono essere utilizzati per sviluppare modi migliori per diagnosticare le prime fasi della condizione. Quello che sappiamo è che vivere bene riduce il rischio di sviluppare l'Alzheimer. L'Alzheimer Society raccomanda di mangiare sano e di fare esercizio regolarmente".
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Pubblicato da Stephen Adams, corrispondente medico, in The Telegraph il 22 novembre 2011 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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