Dopo il trattamento con il farmaco, le scansioni MRI non mostrano alcun cambiamento a breve termine nella funzione di eliminazione dei rifiuti nei pazienti con Alzheimer
Mappa di un cervello con Alzheimer che mostra la diffusione dell'acqua come parte del flusso glinfatico. Con scansioni MRI prima e dopo l'inizio del trattamento, si è calcolato l'indice DTI-ALPS. I colori mostrano le regioni di interesse nel cervello. Fonte: Osaka Metropolitan University
Un gruppo dell'Università Metropolitana di Osaka in Giappone, guidato dal dottorando Tatsushi Oura e dal dott. Hiroyuki Tatekawa, con uno studio pubblicato sul Journal of Magnetic Resonance Imaging ha scoperto che il trattamento con il farmaco lecanemab per rimuovere le placche amiloidi nel cervello non cambia la funzione di eliminazione dei rifiuti nel cervello dei pazienti con morbo di Alzheimer (MA) a breve termine.
Ciò suggerisce che, anche dopo il trattamento, i nervi dei pazienti con MA restano danneggiati e la funzione di eliminazione dei rifiuti non si riprende a breve termine. I loro risultati mostrano la complessità della malattia e la necessità di affrontare contemporaneamente i diversi percorsi che la causano.
Le loro scoperte si aggiungono al complicato processo di svelamento dei meccanismi del MA che, nonostante sia la forma più comune di malattia neurodegenerativa, è difficile da trattare a causa delle sue molteplici cause. Una delle cause del danno nervoso comune nel MA è l'accumulo della proteina amiloide-β (Aβ) nel cervello. Nei pazienti sani, il sistema glinfatico muove il liquido cerebrospinale lungo gli spazi intorno alle arterie nel tessuto cerebrale, dove si mescola con il liquido interstiziale per portare via i rifiuti metabolici come l’Aβ. Il suo nome deriva delle cellule gliali coinvolte nel processo.
Tuttavia, nei pazienti con AD, l’Aβ si accumula, irrigidendo le arterie e riducendo il flusso dal cervello al liquido cerebrospinale, un blocco che innesca una catena di processi neurodegenerativi, che portano ai sintomi del MA. La terapia con lecanemab, approvata di recente, riduce l’Aβ accumulato. Il team dell’università ha valutato il sistema glinfatico prima e dopo il trattamento nei pazienti che avevano ricevuto la terapia con lecanemab, utilizzando l’indice DTI-ALPS. Contrariamente alle aspettative, non hanno riscontrato alcun cambiamento significativo nell’indice tra prima, e 3 mesi dopo, il trattamento.
Hanno concluso che, sebbene la terapia anti-amiloide possa ridurre il carico di placca e rallentare l'ulteriore peggioramento cognitivo, potrebbe essere insufficiente per ripristinare la funzione perduta. Ciò suggerisce che il danno neuronale e i deficit del sistema di eliminazione sono già ben consolidati nel momento in cui il paziente inizia a mostrare i sintomi. I loro risultati mostrano la gamma di fattori coinvolti nella progressione del MA, molti dei quali non sono facilmente reversibili.
"Anche quando l'Aβ viene ridotta dal lecanemab, il deterioramento del sistema glinfatico potrebbe non essere invertito a breve termine", ha affermato Oura. "In futuro, vogliamo esaminare fattori come l'età, lo stadio della malattia e il grado delle lesioni nella sostanza bianca per comprendere meglio la relazione tra i cambiamenti nel sistema glinfatico dovuti al trattamento con lecanemab e l'esito del trattamento. Ciò aiuterà a comprendere il modo migliore per somministrare il trattamento ai pazienti".
Fonte: Osaka Metropolitan University (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: T Oura, [+10], Y Miki. Unchanged Early Diffusion Tensor Imaging Along Perivascular Space Index After Amyloid-Targeting Disease-Modifying Therapy in Alzheimer's Disease: A Preliminary Study, J Magnetic Reson Imag, 2025, DOI
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