Sorridi quando ti senti frustrato? La maggior parte delle persone pensano di non farlo, ma in realtà lo fanno, ha scoperto un nuovo studio del MIT.
Non solo, ma si scopre che i computer programmati con le ultime informazioni provenienti da questa ricerca, riescono a differenziare meglio i sorrisi di gioia da quelli di frustrazione di quanto riescano a fare osservatori umani.
La ricerca potrebbe aprire la strada perchè i computer possano valutare meglio gli stati emotivi dei loro utenti e rispondere di conseguenza. Potrebbe anche contribuire alla formazione di coloro che hanno difficoltà ad interpretare le espressioni, come ad esempio le persone con autismo, per valutare con maggiore precisione le espressioni che vedono. "L'obiettivo è aiutare le persone per la comunicazione faccia a faccia", dice Ehsan Hoque, uno studente laureato nell'Affective Computing Group del MIT Media Lab, che è autore di un articolo appena pubblicato sulla rivista IEEE Transactions on Affective Computing. Hanno co-prodotto lo studio Rosalind Picard, professore di Media Arts and Sciences, e Daniel McDuff, studente laureato del Media Lab.
Negli esperimenti condotti al Media Lab, persone sono state invitate a mostrare espressioni di gioia o frustrazione, e la webcam registrava le loro espressioni. Poi, venivano invitati a compilare un modulo online progettato per causare frustrazione oppure invitati a guardare un video destinato a stimolare una risposta entusiasta - anche durante la fase di registrazione.
Quando è stato loro chiesto di simulare la frustrazione, dice Hoque, il 90 per cento dei soggetti non hanno sorriso. Ma quando hanno eseguito il compito che ha provocato frustrazione vera (compilare un modulo dettagliato online, solo per scoprire poi che le informazioni risultavano cancellate dopo aver premuto il tasto "invia") il 90 per cento di loro sorrideva, dice.
Comunque le immagini mostravano poca differenza tra questi sorrisi frustrati e i sorrisi deliziati suscitati da un video di un bambino carino, ma l'analisi del video ha mostrato che la progressione dei due tipi di sorrisi era ben diversa: spesso, i sorrisi felici si formavano a poco a poco, mentre i sorrisi frustrati apparivano in fretta, ma sbiadivano velocemente.
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In tali esperimenti, i ricercatori in genere si basano sulle espressioni di emozione simulate, dice Hoque, ma questo può fornire risultati fuorvianti. "I dati simulati sono molto più facili da classificare con precisione" delle risposte reali, dice. Ma quando si cerca di interpretare le immagini delle risposte reali, le persone non hanno ottenuto risultati migliori di quelli casuali, valutandole correttamente solo nel 50 per cento del tempo. Secondo Hoque "uno degli obiettivi principali di questa ricerca è capire le sfumature che rivelano le emozioni sottostanti". "Alle persone con autismo viene insegnato che un sorriso significa che qualcuno è felice" dice, ma la ricerca dimostra che non è così semplice.
Anche se le persone possono non sapere esattamente a quali spunti stanno rispondendo, la tempistica non ha molto a che fare con il modo in cui le persone interpretano le espressioni, egli dice. Per esempio, il sorriso dell'ex primo ministro britannico Gordon Brown è stato ritenuto da molti come falso, soprattutto a causa della tempistica del suo sorriso innaturale, dice Hoque. Allo stesso modo, una campagna commerciale per l'ex candidata presidenziale Herman Cain mostrava un sorriso che si sviluppava così lentamente (ci sono voluti nove secondi per apparire) che è stato ampiamente scimiottato, compresa una parodia del comico Stephen Colbert. "Usare la giusta tempistica è molto importante se si vuole essere percepiti come sinceri e genuini attraverso i propri sorrisi", dice Hoque.
Jeffrey Cohn, professore di psicologia all'Università di Pittsburgh, che non è stato coinvolto in questa ricerca, dice che questo lavoro "rompe delle convenzioni con la sua attenzione sulla frustrazione, un'esperienza umana fondamentale. Anche se i ricercatori del dolore hanno individuato il sorriso nel contesto delle manifestazioni di dolore, il gruppo del MIT potrebbe essere il primo a coinvolgere il sorriso nelle espressioni delle emozioni negative". Cohn aggiunge: "Questo è un lavoro molto interessante nelle scienze del comportamento computazionale che integra la psicologia, la computer vision, l'elaborazione del linguaggio e l'apprendimento automatico per generare nuove conoscenze ... con implicazioni cliniche". Egli afferma che questo "è un importante promemoria che non tutti i sorrisi sono positivi. C'è stata una tendenza a 'leggere' il divertimento ogni volta che ci sono sorrisi. Per l'interazione uomo-computer, tra altri settori e applicazioni, è necessaria una visione più sfumata".
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Oltre a formare le persone che hanno difficoltà con le espressioni, i risultati potrebbero essere di interesse per il marketing, dice Hoque. "Solo perché un cliente sta sorridendo, ciò non significa necessariamente che sia soddisfatto", dice. E conoscere la differenza potrebbe essere importante nel valutare il modo migliore per rispondere al cliente, dice: "Il significato di fondo dietro il sorriso è fondamentale".
L'analisi potrebbe anche essere utile nella creazione di computer che rispondono in modo appropriato agli umori dei loro utenti. Uno degli obiettivi della ricerca del Affective Computing Group è di "produrre un computer che è più intelligente e rispettoso", dice Hoque. Il lavoro è stato finanziato da un consorzio di sponsors del Media Lab e dalla Procter & Gamble Co.
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Fonte: Materiale del Massachusetts Institute of Technology. Articolo originale scritto da David L. Chandler, MIT News Office.
Riferimento: Mohammed E. Hoque, Daniel J. McDuff, Rosalind W. Picard. Exploring Temporal Patterns in Classifying Frustrated and Delighted Smiles. IEEE Transactions on Affective Computing, 2012; : 1 DOI: 10.1109/T-AFFC.2012.11.
Pubblicato in ScienceDaily il 28 Maggio 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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