Billie Holiday (Eleanora Harris, 1915-1959), cantante jazz e blues (Foto: Rex Features)
La musica fluiva da Marian come una cascata. Cantava tutto il giorno, tutti i giorni. Le persone intorno a lei non potevano sopportarlo.
Per le infermiere e gli altri ospiti dell'unità di demenza, il canto di Marian sembrava un urlo, una realtà frequente per le persone che hanno il tipo di demenza di Alzheimer. Quando sono andato a prenderla per la prima sessione di musicoterapia, ho avuto una qualche idea di cosa mi aspettava, ma non ho anticipato la cattiveria. Una mezza dozzina di anziane sedute nella sedia a rotelle era in fila davanti alla stanza dell'infermiera. Marian, all'estrema sinistra, le stava martellando a tutto volume. Una delle altre ha gridato "Zitta!".
Sono sicuro che le infermiere speravano che sarei riuscito a riportare Marian in uno stato più calmo. E' normale che l'obiettivo della musicoterapia per le persone affette da demenza sia ridurre l'agitazione. Ma ho capito presto che il mio lavoro non era fermare gli urli, era esattamente l'opposto. La musica offriva un accesso unico al sè di Marian, molto tempo dopo che la malattia aveva smantellato la sua personalità.
La musica dell'infanzia di Marian è sinonimo di grida. 'Urla di campo' è il termine folkloristico usato per descrivere i modelli di chiamata-e-risposta dei blues-piegati da secoli, prima dagli schiavi e poi dai mezzadri nel profondo Sud rurale del 1930, dove Marian era cresciuta. Cantava improvvisazioni estese di spirituals, ricombinandole costantemente con melodie di sua invenzione.
Questa era la musica del mondo dove era tornata la sua mente, un tempo spesso infelice. La violenza e l'abuso della vita anteguerra in piantagione sono rimaste parte dell'esperienza rurale nera fin dentro l'era di Jim Crow, e da bambina Marian era picchiata e frustata regolarmente dal padre. E' scappata di casa, si è sposata, ha lasciato il marito, si è sposata una seconda volta, ed è fuggita anche da lui. Marian non riusciva più a ricordare sua figlia, ma sua figlia la descriveva così: "E' una che scappa".
L'ascolto di canzoni conosciute può innescare ricordi. Ma le emozioni suscitate da questi ricordi possono essere molto dolorose, portando con loro le scosse di assestamento di un trauma. I musicoterapeuti sanno che non c'è mai la garanzia che la musica scateni una reminiscenza felice.
Negli ultimi anni, Internet ha accolto il filmato di un anziano di nome Henry. Quando l'abbiamo visto la prima volta, l'Alzheimer lo aveva spento. Ma dopo aver ricevuto un iPod con la musica della sua giovinezza, è ritornato subito alla vita.
La viralità della trasformazione di Henry ha attirato l'attenzione del pubblico sul dono speciale della musica. Una nuova ricerca suggerisce che la memoria musicale a lungo termine è immagazzinata in una parte del cervello che si deteriora solo nelle ultime fasi dell'Alzheimer. Ma il video lascia gli spettatori con l'errata convinzione che dare un iPod possa essere qualificato come musicoterapia, una professione i cui praticanti ricevono la certificazione da un ente nazionale dopo anni di allenamento. Un iPod potrebbe anche innescare ricordi, ma non sempre sono quelli felici. Si può riportare il passato ad un paziente, ma senza una formazione, siamo sicuri di sapere cosa fare una volta che arriva?
Per Marian, la musicoterapia non aveva a che fare con ricordi appassionati o con la riduzione dell'agitazione. Si trattava di lavorare attraverso il trauma della sua infanzia.
Nelle nostre sessioni, si è sviluppato uno schema. Marian cantava variazioni sul motivo "Wade in the Water", mentre io l'accompagnavo al pianoforte. Il brano, pubblicato la prima volta in un libro di spirituals reso famoso dai Fisk Jubilee Singers, è associato con la Underground Railroad. La storia racconta che Harriet Tubman ha riproposto il testo come indicazioni crittografate per una via di fuga verso nord delle persone che fuggivano dalla schiavitù.
In poco tempo è accaduto qualcosa di straordinario. Marian ha cominciato a esprimere la sua realtà interna nel canto. Improvvisava recitativi blues estesi dall'opera della sua vita. Un giorno le ho cantato "Come ti senti adesso?". Ha risposto in rime musicali di forma perfetta: "Così male, così male! Mmmm. Vorrei avere un'altra madre da accudire. Amo mia madre. E mio fratello, Più alcune altre persone là fuori. Stanno cercando di darmi una mano! Non sanno niente di me. Ma mi conoscono. Aiutami, Signore Gesù. Mmmm".
A volte lasciava scorrere un torrente di ricordi angosciosi che lei stava rivivendo. Marian sembrava pensare che ero uno o più degli uomini di prima nella sua vita, e in alcune occasioni si rivolgeva a me con un linguaggio schiettamente sessuale. Lei cercava di persuadermi a fare qualcosa che voleva, altrimenti si lamentava amaramente che non mi avrebbe mai sposato. Una volta, e con una buona dose di minaccia, ha detto "Io ti amo. Voglio fare sesso con te".
Un non-terapeuta avrebbe potuto vedere questo comportamento come delirio furioso, ma gli psicoanalisti lo chiamano transfert, che Freud ha descritto come il reindirizzamento delle emozioni infantili del cliente sul terapeuta. Anche se la cura della parola non era più un'opzione per Marian, il suo transfert si manifestava musicalmente, attraverso il suo canto.
Il transfert musicale di Marian ha trovato la strada nella mia immaginazione e ha esercitato un'influenza al di fuori del nostro lavoro insieme. Ho ascoltato il mio contro-transfert (reazione emotiva del terapeuta al cliente) e l'ho usato come strumento nella nostra terapia in un modo che è stato sorprendente anche per me.
E' accaduto spontaneamente e senza alcun intento consapevole. Nel mezzo di una sessione, mentre Marian cantava una variante di "Wade in the Water", ho intuitivamente fatto un cambiamento nel mio accompagnamento al pianoforte. Invece di suonare accordi di blues, sono passato a un pezzo di musica della mia routine pratica individuale.
Se solo si considerasse il superficiale, la mia scelta non avrebbe potuto essere più incongrua. Ho iniziato a suonare l'aria barocca inglese "When I Am Laid in Earth", lamento di Didone dall'opera Didone ed Enea di Henry Purcell.
Capisco ora perché quest'aria mi si è presentata. La sua linea bassa, triste e discendente è presente in innumerevoli canzoni blues. Inoltre, i testi dell'aria sono coerenti con il tema di essere uno che scappa, come la figlia aveva descritto Marian. Didone canta il suo lamento dopo che il suo amante, Enea, l'ha lasciata. Mentre si prepara a uccidersi, canta "Ricordati di me, ma ah, dimentica il mio destino", intendendo che si commemori in vita, ma non come è morta.
Al livello più fondamentale, è una canzone che parla di memoria.
La risposta di Marian all'aria di Purcell è stata stupefacente. Senza esitazione, ha iniziato ad adattare il proprio materiale musicale al contenitore che ho fornito, e l'ha fatto in un modo musicalmente sofisticato. Le sue rime corrispondevano perfettamente alla struttura dell'aria, e sopra la linea bassa del 17° secolo ha costruito le proprie armonie che sono rimaste coerenti con le estensioni degli accordi vernacolari americani. Avevamo creato un mix tra opera barocca inglese e spirituals negri.
Marian ha cantato a lungo di desiderio, di dolore, e di abbandono: "Oh per favore. Oh, Luther, Ti prego di tornare a casa per me. Perché mia madre torna, oh, per favore. Amo l'uomo Luther. Guarda nell'acqua. Ti prego di tornare a casa. Oh, per favore, in acqua. Ah, Signore".
Poi è crollata singhiozzando.
Anche se per i suoi infermieri avrebbe potuto sembrare agitazione, è stata una dichiarazione diretta e potente della sua realtà. Se Freud fosse stato seduto sulla mia sedia, l'avrebbe chiamata catarsi.
La musica è stata al centro dell'essere di Marian. Ricordare le espressioni musicali, e riflettendole di nuovo su di lei, era forse l'unica strada di auto-realizzazione a sua disposizione, a quel punto, verso la fine della sua vita.
Se vogliamo che la cura della demenza centrata sulla persona cura sostituisca il magazzinaggio e la sedazione dei malati di Alzheimer, la musicoterapia costituisce una grande parte della conversazione. L'abilità speciale della musica di raggiungere le persone con demenza fa più che darci la possibilità di capire meglio la malattia: ci presenta un mandato.
Nel caso di persone come Marian, le informazioni che acquisiamo attraverso la musica ci spingono a considerare l'agitazione non dal punto di vista del caregiver irritato, ma come la manifestazione esteriore dello stato interiore del paziente, che può essere affrontato terapeuticamente.
Sì, ascoltare una canzone familiare suscita reminiscenza. Ma per sfruttare al massimo quella conoscenza, dobbiamo fare un passo ulteriore. Il lavoro significativo è quello che avviene dopo.
Fonte: Dean Olsher, musicoterapeuta di New York City
Pubblicato in Vox.com (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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