Ricercatori della Oregon State University hanno sviluppato un nuovo software per analizzare i commenti sui social media, e hanno usato questo strumento in uno studio recente per comprendere meglio gli atteggiamenti che possono causare dolore emotivo, stigmatizzare le persone e rafforzare gli stereotipi.
In particolare, gli scienziati hanno studiato i commenti e i sentimenti espressi sull'Alzheimer e su altre forme di demenza, riscontrando che, quando si riferivano a questa condizione e alle persone che se ne occupano, il 51 per cento dei tweet da parte di utenti privati di Twitter conteneva dello stigma.
Secondo i ricercatori, il nuovo sistema è applicabile a una serie di altre questioni di ricerca nelle scienze sociali, e dimostra già che molte persone sembrano non valutare adeguatamente il potere dei social media per superare di molto il tipo di comunicazione interpersonale, faccia a faccia, al quale sono più abituati gli esseri umani.
“Come società è probabile che stiamo acquisendo una nuova abilità di comunicazione testuale, e non comprendiamo appieno o riflettiamo sul suo potere di influenza su così tante persone, in modi che forse non abbiamo previsto”, ha detto Nels Oscar, studente laureato della Facoltà di Ingegneria della OSU e primo autore dello studio. “I social media sono immediati, in alcuni casi possono raggiungere milioni di persone alla volta, e possono anche istigare dei comportamenti. Noi spesso non sappiamo nemmeno chi potrebbe leggerlo e quale sarà la sua influenza”.
Lo studio ha dimostrato in modo chiaro che, quando si tratta di Alzheimer, i commenti sconsiderati o umilianti a un livello allargato attraverso i social media possono prendere un problema già serio e peggiorarlo. Gli scienziati hanno detto che il particolare argomento studiato è di crescente importanza. Si prevede che il numero globale di individui con una qualche forma di demenza potrebbe triplicare nei prossimi decenni, passando dai 43 milioni di oggi ai 131 milioni del 2050.
Karen Hooker, docente di Gerontologia e Studi Familiari alla OSU, ha detto:
“E' stato scioccante per me vedere quante persone stigmatizzano l'Alzheimer e rafforzano gli stereotipi che possono ulteriormente alienare le persone con questa condizione. Questo può creare ciò che noi chiamiamo ‘disabilità in eccesso’, quando le persone con una condizione stigmatizzata peggiorano solo a causa delle aspettative negative indotte dagli stereotipi dannosi.
“Questo tipo di stigma può rendere meno probabile per le persone ammettere di avere problemi o cercare il trattamento, quando stanno ancora vivendo una vita soddisfacente, significativa e produttiva. I nostri atteggiamenti, le cose che diciamo influenzano gli altri. E i social media stanno ormai amplificando la nostra capacità di raggiungere gli altri con commenti sconsiderati o offensivi“.
I ricercatori citano uno studio del 2012 che ha concluso che gli atteggiamenti negativi sull'Alzheimer e sulla demenza possono provocare vergogna, senso di colpa, disperazione, ed esclusione sociale tra gli individui stigmatizzati, portando a ritardi nella diagnosi, all'incapacità di far fronte, e alla riduzione della qualità della vita. E questo riguarda anche gli amici, i familiari e i caregiver di questi individui.
Il commento che una persona non farebbe mai in una conversazione faccia a faccia, dice Oscar, è spesso trasmesso attraverso i social media a decine, centinaia o in ultima analisi, a migliaia di persone ai quali non erano in realtà destinati. Alcuni vincoli che potrebbero ridurre l'impatto, come fare chiaramente una battuta o usare il sarcasmo in un colloquio personale, spesso possono perdersi nella traduzione nella parola stampata.
“Un punto che molte persone non capiscono quando usano i social media è che il loro intento è spesso irrilevante”, ha detto Oscar. “Tutte quello che vedono alla fine le persone è il commento, senza il contesto, e devono convivere con il dolore che può provocare”.
Questa ricerca faceva parte di un progetto di sei anni, da 2,3 milioni di $, finanziato dalla National Science Foundation per formare gli studenti universitari in scienze dell'invecchiamento e per condurre studi interdisciplinari su questioni importanti per una società che invecchia. Il documento è stato recentemente pubblicato su Journals of Gerontology: Psychological Sciences, e il software realizzato per il progetto è ora disponibile gratuitamente qui.
Nella ricerca, il software è stato progettato per riconoscere e interpretare l'uso di varie parole chiave associate all'Alzheimer, come demenza, perdita di memoria o senile. Il sistema è stato migliorato confrontando i risultati sullo stesso commento valutati da ricercatori umani, e, infine, ha raggiunto una precisione di circa il 90 per cento nel determinare se un commento intendeva essere informativo, uno scherzo, una metafora, una derisione, o se rientra in altre dimensioni. Il sistema è stato poi utilizzato per analizzare 33.000 tweets che avevano qualche riferimento all'Alzheimer.
Le persone interessate a questi temi, hanno suggerito i ricercatori della OSU, dovrebbero essere più consapevoli dei loro commenti sui social media, e anche più disposti a impegnarsi con altri che usano un linguaggio insensibile o potenzialmente offensivo. “Dobbiamo anche considerare i modi per combattere lo stigma e gli stereotipi negativi, twittando esperienze positive delle persone con demenza e delle persone delle relative reti sociali”, ha detto Hooker.
Fonte: David Stauth in Oregon State University (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Nels Oscar, Pamela A. Fox, Racheal Croucher, Riana Wernick, Jessica Keune, Karen Hooker. Machine Learning, Sentiment Analysis, and Tweets: An Examination of Alzheimer’s Disease Stigma on Twitter. J Gerontol B Psychol Sci Soc Sci gbx014. DOI: https://doi.org/10.1093/geronb/gbx014
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