In poche parole, le persone sviluppano il diabete perché non hanno abbastanza cellule beta pancreatiche che producono l'insulina necessaria a regolare i livelli di zucchero nel sangue.
Ma cosa succederebbe se altre cellule del corpo fossero indotte a diventare cellule beta pancreatiche? Potremmo potenzialmente curare il diabete?
I ricercatori del Centro Ricerche Larry L. Hillblom Islet della University of California Los Angeles (UCLA) hanno compiuto un passo importante in quella direzione. Essi riportano nel numero di aprile della rivista Developmental Cell, che potrebbero avere scoperto il meccanismo di fondo che converte altri tipi di cellule in cellule beta pancreatiche. Anche se l'attuale standard di trattamento per il diabete (terapia insulinica) aiuta i pazienti a mantenere i livelli di zucchero, non è perfetto, e molti pazienti rimangono a rischio elevato di sviluppare una serie di complicazioni mediche.
Reintegrare le cellule beta perse potrebbe essere una soluzione più permanente, sia per coloro che hanno perso tali cellule a causa di un attacco immunitario (diabete di tipo 1) che coloro che hanno acquisito il diabete più avanti nella vita a causa di insulino-resistenza (tipo 2). "Il nostro lavoro mostra che le cellule beta e le relative cellule endocrine possono essere facilmente convertite una con l'altra", ha detto il coautore dello studio Dr. Anil Bhushan, professore associato di medicina nella divisione di endocrinologia alla David Geffen School of Medicine e nel Department of Molecular, Cell and Developmental Biology dell'UCL. È stato a lungo scontato che l'identità delle cellule è "bloccata" nella loro posizione e che non possono essere commutate in altri tipi di cellule. Ma studi recenti hanno dimostrato che alcuni tipi di cellule possono essere persuase a cambiarsi in altri tipi; risultati che hanno intensificato l'interesse nella comprensione dei meccanismi che mantengono l'identità delle cellule beta.
I ricercatori UCLA mostrano che la etichette chimica chiamate "gruppi metile" che si legano al DNA (dove agiscono come una manopola del volume, alzando o abbassando l'attività di alcuni geni) sono cruciali per comprendere come le cellule possono essere convertite in cellule beta insulino-secernenti. Essi indicano che la metilazione del DNA mantiene silenzioso nelle cellule beta l'ARX (un gene che innesca la formazione di cellule alfa secernenti il glucagone nel pancreas embrionale). Sopprimendo nelle cellule beta produttrici di insulina il Dnmt1 (l'enzima responsabile della metilazione del DNA) le trasforma in cellule alfa.
Questi risultati suggeriscono che un difetto nel processo di metilazione del DNA delle cellule beta interferisce con la capacità di mantenere la loro "identità". Quindi, se questo "meccanismo epigenetico", come lo chiamano i ricercatori, può produrre cellule alfa, ci può essere un meccanismo analogo in grado di produrre le cellule beta che manterrebbero l'equilibrio di zucchero nel sangue. "Abbiamo dimostrato che le basi di questa conversione non dipendono da sequenze genetiche, ma dalle modifiche al DNA che determina come il DNA è avvolto all'interno della cellula," ha detto Bhushan. "Pensiamo che questo sia fondamentale per capire come convertire una grande varietà di tipi cellulari, comprese le cellule staminali, in cellule beta funzionali."
Secondo l'American Diabetes Association, 25,8 milioni di bambini e adulti negli Stati Uniti, l'8,3 per cento della popolazione, soffrono di diabete. Hanno finanziato questo studio The National Institute of Diabetes and Digestive and Kidney Diseases, la Juvenile Diabetes Research Foundation, e l' Helmsley Trust. Co-autori dello studio sono Sangeeta Dhawan, Senta Georgia, Shuen-ing Tschen e Guoping Fan, tutti dell'UCLA.
Fonte: Materiale della University of California - Los Angeles Health Sciences.
Riferimento: Sangeeta Dhawan, Senta Georgia, Shuen-ing Tschen, Guoping Fan, Anil Bhushan. Pancreatic β Cell Identity Is Maintained by DNA Methylation-Mediated Repression of Arx. Developmental Cell, 2011; 20 (4): 419 DOI: 10.1016/j.devcel.2011.03.012
Pubblicato su ScienceDaily il 30 aprile 2011 Traduzione di Traduzione di Franco Pellizzari.
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