Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Onde cerebrali più lente legate ai primi segni di cellule in tilt per la demenza

researcher and study participant with MRI cap at Baycrest Per far tornare indietro il tempo nel morbo di Alzheimer (MA), molti ricercatori stanno cercando il modo per diagnosticarlo prima efficacemente.


Un modo potenziale per farlo è tracciare l'attività delle onde cerebrali di una persona, che rallenta in alcune regioni del cervello destinate probabilmente a essere colpite successivamente dalla malattia, secondo scoperte recenti dei ricercatori del Baycrest.


Lo studio, pubblicato online sulla rivista Human Brain Mapping, ha scoperto che gli individui che sono potenzialmente nelle prime fasi del MA (lieve deterioramento cognitivo) e quelli con una rara forma di demenza del linguaggio (afasia progressiva primaria), hanno onde cerebrali lente e segni sottili di danni nelle regioni del cervello responsabili della memoria e della pianificazione.


Questi individui mostravano solo problemi minori di memoria e di pensiero, ma il rallentamento delle onde cerebrali prediva la gravità della loro condizione, come il loro grado di perdita di memoria.


"Attraverso le scansioni cerebrali, siamo riusciti a determinare che questo rallentamento dell'attività elettrica si verifica in regioni specifiche che non hanno ancora perso le cellule cerebrali, ma sono influenzate negativamente dalla malattia", afferma il dott. Jed Meltzer, autore senior e docente di ricerca in neuroscienze cognitive al Rotman Research Institute del Baycrest. "Ciò significa che queste aree potrebbero essere più reattive ai trattamenti poiché le cellule cerebrali non sono ancora morte e stanno iniziando a subire danni".


Queste onde cerebrali possono anche cambiare in risposta agli interventi, aggiunge il dott. Meltzer.


"Il nostro lavoro identifica un potenziale biomarcatore che indica quando le cellule cerebrali iniziano a funzionare male e apre la porta a trattamenti cerebrali mirati durante le prime fasi dei disturbi neurodegenerativi", dice il dott. Meltzer, che è anche un assistente professore di psicologia e patologia del linguaggio all'Università di Toronto.


Sorprendentemente, lo studio ha anche scoperto che gli anziani sani mostravano onde cerebrali più 'accelerate' dei giovani adulti, fatto che contrasta con la traiettoria degli anziani con demenza.


"Una delle sfide nella diagnosi del MA è differenziare se i cambiamenti nella struttura del cervello fanno parte del normale invecchiamento o dei primi segni del disturbo", afferma il dott. Meltzer. "Sulla base di questi risultati, i ricercatori potrebbero potenzialmente usare la misurazione dell'attività delle onde cerebrali prima e dopo un intervento per testarne l'efficacia in modo più rapido e chiaro".


Lo studio ha analizzato l'attività elettrica del cervello e le strutture cerebrali di 64 adulti quando non erano focalizzati su alcun compito (stato di riposo). E' stata usata la magnetoencefalografia (MEG) per misurare le onde cerebrali e individuare la loro posizione specifica, e la risonanza magnetica (MRI) per valutare la perdita di cellule cerebrali. I partecipanti alla ricerca hanno anche avuto valutazioni per testare le loro capacità cognitive.


Come prossimi passi, il team sta esplorando l'uso della stimolazione cerebrale come modo per rallentare la progressione dei disturbi neurodegenerativi, come il MA. Con ulteriori finanziamenti, il team potrebbe approfondire l'uso dell'attività cerebrale come indicatore affidabile di salute per i primi segni di demenza.


I ricercatori potrebbero anche espandere il loro lavoro per determinare i modi efficaci per arrestare lo sviluppo dei disturbi neurodegenerativi o curare i cambiamenti prematuri del cervello attraverso la stimolazione elettrica non invasiva.

 

 

 


Fonte: Baycrest Centre for Geriatric Care (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Priyanka P. Shah-Basak, Aneta Kielar, Tiffany Deschamps, Nicolaas Paul Verhoeff, Regina Jokel, Jed Meltzer. Spontaneous oscillatory markers of cognitive status in two forms of dementia. Human Brain Mapping, 2018; DOI: 10.1002/hbm.24470

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Con l'età cala drasticamente la capacità del cervello di eliminare le pro…

31.07.2015 | Ricerche

Il fattore di rischio più grande per l'Alzheimer è l'avanzare degli anni. Dopo i 65, il rischio r...

Perché le cadute sono così comuni nell'Alzheimer e nelle altre demenze?

4.09.2020 | Esperienze & Opinioni

Le cadute hanno cause mediche o ambientali

Una volta che si considerano tutte le divers...

Che speranza hai dopo la diagnosi di Alzheimer?

25.01.2021 | Esperienze & Opinioni

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia che cambia davvero la vita, non solo per la pe...

Fruttosio prodotto nel cervello può essere un meccanismo che guida l'Alzh…

29.09.2020 | Ricerche

Una nuova ricerca rilasciata dalla University of Colorado propone che il morbo di Alzhei...

Perché dimentichiamo? Nuova teoria propone che 'dimenticare' è in re…

17.01.2022 | Ricerche

Mentre viviamo creiamo innumerevoli ricordi, ma molti di questi li dimentichiamo. Come m...

La consapevolezza di perdere la memoria può svanire 2-3 anni prima della compa…

27.08.2015 | Ricerche

Le persone che svilupperanno una demenza possono cominciare a perdere la consapevolezza dei propr...

Colpi in testa rompono i 'camion della spazzatura' del cervello acce…

5.12.2014 | Ricerche

Un nuovo studio uscito ieri sul Journal of Neuroscience dimostra che un...

Nuova teoria sulla formazione dei ricordi nel cervello

9.03.2021 | Ricerche

Una ricerca eseguita all'Università del Kent ha portato allo sviluppo della teoria MeshC...

Ecco perché alcune persone con marcatori cerebrali di Alzheimer non hanno deme…

17.08.2018 | Ricerche

Un nuovo studio condotto all'Università del Texas di Galveston ha scoperto perché alcune...

Meccanismo neuroprotettivo alterato dai geni di rischio dell'Alzheimer

11.01.2022 | Ricerche

Il cervello ha un meccanismo naturale di protezione contro il morbo di Alzheimer (MA), e...

Ricercatori delineano un nuovo approccio per trattare le malattie degenerative

8.05.2024 | Ricerche

Le proteine sono i cavalli da soma della vita. Gli organismi li usano come elementi costitutivi, ...

Le cellule immunitarie sono un alleato, non un nemico, nella lotta all'Al…

30.01.2015 | Ricerche

L'amiloide-beta è una proteina appiccicosa che si aggrega e forma picco...

'Ingorgo' di proteine nei neuroni legato alla neurodegenerazione

12.09.2022 | Ricerche

Un nuovo studio condotto da ricercatori dell'EPFL rivela che un complesso proteico malfunzionante pu...

Livelli di ossigeno nel sangue potrebbero spiegare perché la perdita di memori…

9.06.2021 | Ricerche

Per la prima volta al mondo, scienziati dell'Università del Sussex hanno registrato i li...

Dosi basse di radiazioni possono migliorare la qualità di vita nell'Alzhe…

6.05.2021 | Ricerche

Individui con morbo di Alzheimer (MA) grave hanno mostrato notevoli miglioramenti nel co...

Trovato legame tra amiloide-beta e tau: è ora possibile una cura per l'Al…

27.04.2015 | Ricerche

Dei ricercatori hanno assodato come sono collegate delle proteine che hanno un ruolo chiave nell...

I dieci fattori legati a un aumento del rischio di Alzheimer

27.07.2020 | Esperienze & Opinioni

Anche se non c'è ancora alcuna cura, i ricercatori stanno continuando a migliorare la co...

L'Alzheimer è composto da quattro sottotipi distinti

4.05.2021 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è caratterizzato dall'accumulo anomale e dalla diffusione del...

L'esercizio fisico genera nuovi neuroni cerebrali e migliora la cognizion…

10.09.2018 | Ricerche

Uno studio condotto dal team di ricerca del Massachusetts General Hospital (MGH) ha scop...

Districare la tau: ricercatori trovano 'obiettivo maneggiabile' per …

30.01.2019 | Ricerche

L'accumulo di placche di amiloide beta (Aβ) e grovigli di una proteina chiamata tau nel ...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)