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Trovati nuovi colpevoli e potenziali bersagli terapeutici per l'Alzheimer

leaky brain blood barrier capillaryRappresentazione artistica di un vaso sanguigno del cervello che perde o è permeabile. (Fonte: Arthur Toga)

I capillari deboli nel cervello fanno presagire l'insorgenza precoce del morbo di Alzheimer (MA), in quanto segnalano un deterioramento cognitivo prima che compaiano le proteine ​​tossiche tipiche della malattia, come dimostra una nuova ricerca eseguita alla University of Southern California.


I risultati, apparsi il 14 gennaio su Nature Medicine, potrebbero aiutare nella diagnosi precoce e suggeriscono nuovi bersagli per i farmaci che potrebbero rallentare o prevenire l'insorgenza della malattia.


Sono 5 i farmaci per il MA approvati dalla Food and Drug Administration degli Stati Uniti, che alleviano temporaneamente i problemi di memoria e di pensiero, ma nessuno tratta la causa sottostante della malattia o ne rallenta la progressione. I ricercatori ritengono che il trattamento di successo alla fine coinvolgerà una combinazione di farmaci che puntano più obiettivi.

 

Studio quinquennale

Lo studio quinquennale della USC, che ha coinvolto 161 anziani, ha dimostrato che le persone con i peggiori problemi di memoria avevano anche il numero maggiore di perdite nei vasi sanguigni del loro cervello, indipendentemente dal fatto che fossero presenti proteine ​​amiloide e tau anomale.


"Il fatto che vediamo fuoriuscite dai vasi sanguigni, indipendenti dalla tau e dall'amiloide, quando le persone hanno un deficit cognitivo di livello lieve, suggerisce che potrebbe essere in atto un processo completamente separato o molto precoce", ha detto l'autore senior Berislav Zlokovic, direttore dell'Istituto Neurogenetico Zilkha dell'USC. "È sorprendente che questa rottura della barriera emato-encefalica sia presente in modo indipendente".


Nei cervelli sani, le cellule che formano i vasi sanguigni si uniscono così strettamente da formare una barriera che impedisce alle cellule vaganti, ai patogeni, ai metalli e ad altre sostanze malsane di raggiungere il tessuto cerebrale. Gli scienziati chiamano questo 'barriera emato-encefalica'. In alcuni cervelli invecchiati, le cuciture tra le cellule si allentano e i vasi sanguigni diventano permeabili.


"Se la barriera emato-encefalica non funziona correttamente, allora c'è un danno potenziale", ha detto il co-autore Arthur Toga, direttore del Mark e Mary Stevens Neuroimaging and Informatics Institute dell'USC. "Ciò suggerisce che i vasi non forniscono correttamente i nutrienti e il flusso sanguigno di cui hanno bisogno i neuroni. Ed è possibile che entrino proteine ​​tossiche".

 

La serie di test determina il 'punteggio clinico di demenza'.

I partecipanti allo studio hanno valutato la loro memoria e capacità di pensiero attraverso una serie di compiti e test, risultando in valori della funzione cognitiva e in 'punteggi di valutazione clinica della demenza'. Sono stati esclusi gli individui con diagnosi di disturbi che potrebbero spiegare i deficit cognitivi.


I ricercatori hanno usato l'analisi delle neuroscansioni e del liquido spinale cerebrale per misurare la permeabilità (le perdite) dei capillari che servono l'ippocampo del cervello, e hanno trovato una forte correlazione tra danno e perdita.


"I risultati ci hanno davvero aperto gli occhi", ha detto il primo autore Daniel Nation, assistente professore di psicologia dell'USC. "Non importava se le persone avevano una patologia amiloide o tau; avevano comunque problemi cognitivi".


I ricercatori hanno avvertito che le loro scoperte rappresentano un'istantanea nel tempo. Negli studi futuri, sperano di avere una migliore percezione del momento in cui si presentano i problemi cognitivi dopo il danno ai vasi sanguigni.


Zlokovic ha detto che è improbabile che gli scienziati abbandoneranno presto l'amiloide e la tau come biomarcatori del MA, "ma dovremmo aggiungere alcuni biomarcatori vascolari al nostro kit di strumenti".

 

 

 


Fonte: Leigh Hopper in University of Southern California (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Daniel A. Nation, Melanie D. Sweeney, Axel Montagne, Abhay P. Sagare, Lina M. D’Orazio, Maricarmen Pachicano, Farshid Sepehrband, Amy R. Nelson, David P. Buennagel, Michael G. Harrington, Tammie L. S. Benzinger, Anne M. Fagan, John M. Ringman, Lon S. Schneider, John C. Morris, Helena C. Chui, Meng Law, Arthur W. Toga, Berislav V. Zlokovic. Blood–brain barrier breakdown is an early biomarker of human cognitive dysfunction. Nature Medicine, 2019; DOI: 10.1038/s41591-018-0297-y

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Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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