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Scoperto nuovo potenziale farmaco per l'Alzheimer

Ricercatori della University of California, San Diego, della Medical University of South Carolina e dell'American Life Science Pharmaceuticals di San Diego hanno dimostrato che la somministrazione orale di un inibitore delle proteasi cisteina, l'E64d, non solo riduce l'accumulo di β-amiloide (Aβ) nel cervello di modelli animali di Alzheimer, ma comporta anche un notevole miglioramento nel deficit di memoria.

Un documento contenente i risultati è stato pubblicato on-line ed apparirà nella versione stampata del 6 settembre del Journal of Alzheimer's Disease. Vivian Y. H. Hook

Secondo la ricercatrice principale, Vivian YH Hook, (foto a sinistra) professore della Facoltà di Farmacia e Scienze Farmaceutiche Skaggs dell'UC San Diego e professore di neuroscienze, farmacologia e medicina alla School of Medicine dell'UC SanDiego, questa è una notizia importante per gli scienziati che studiano la malattia di Alzheimer.

"La scoperta è particolarmente emozionante perché l'E64d si è già dimostrato sicuro per l'uso in esseri umani, quindi crediamo che il composto ha un forte potenziale per essere una nuova terapia per l'Alzheimer", ha detto Hook. Maggiori livelli di Aβ nel cervello sono associati con perdita di memoria e sviluppo di placche amiloidi, il segno distintivo dell'Alzheimer. I peptidi Aβ sono "ritagliati", da una proteina più grande chiamata precursore della proteina amiloide (APP), da una "forbice" enzimatica chiamata β-secretasi, e aggregati a formanre placche nelle regioni del cervello responsabili della memoria.

L'E64d riduce l'Aβ proibendo alle "forbici" β-secretasi di "tagliare" la catena dell'APP in piccoli peptidi Aβ tossici. Ma in questo studio, i ricercatori hanno scoperto che il composto in realtà aumenta l'attività di una proteasi chiamata BACE1 che, ad oggi, è stata considerata come il principale β-secretasi. Invece, l'E64d sembra diminuire l'Aβ nel cervello, inibendo l'attività β-secretasi di un'altra proteasi, la Catepsina B. "Lo studio indica la Catepsina B come un nuovo obiettivo terapeutico per l'inibizione della produzione di Aβ e la successiva funzione di miglioramento della memoria", ha detto la Hook. "Questo è una scoperta importante, perché si dimostra che l'inibizione della β-secretasi può verificarsi con l'inibizione della Catepsina B e senza l'inibizione della BACE1".

I ricercatori hanno studiato topi transgenici di Alzheimer, sia vecchi che giovani, e hanno scoperto che la perdita di memoria viene migliorata in entrambi. Nei topi giovani, l'immissione di E64d ha impedito la perdita di memoria; in quelli vecchi con memoria già pregiudicata, l'ha migliorata.

Lo studio si basa sul lavoro pubblicato nel marzo 2008 che per primo ha dimostrato che gli inibitori della catepsina B hanno comportato il miglioramento della memoria e la riduzione di Aβ e delle placche amiloidi, ma in questo studio, il farmaco è stato somministrato direttamente nel cervello dei topi con AD. In questo nuovo studio, la somministrazione orale del farmaco è risultata efficace e potrebbe aprire la strada alla sperimentazione clinica nell'uomo.

Co-autori dello studio sono Gregory Hook of American Life Science Pharmaceuticals di San Diego, e Mark Kindy della Medical University della Carolina del Sud, così come il Ralph H. Johnson VA Medical Center, e l'Applied Neurotechnology, Inc., di Charleston/South Carolina. G. Hook è un dipendente e ha partecipazioni della American Life Science Pharmaceuticals (ALSP), Vivian Hook è presidente del consiglio scientifico della ALSP e detiene partecipazioni nella società, e Kindy detiene partecipazioni in Applied Neurotechnology, secondo rapporti divulgati dalle istituzioni stesse.

Lo studio è stato sostenuto in parte dal National Institute on Aging dei National Institutes of Health e dall'Alzheimer's Drug Development Foundation. Contatto: Kain Debra, Telefono: (619) 543-6163, E-mail: ddkain@ucsd.edu

 


Pubblicato in University of California News il 31 maggio 2011 - Traduzione di Traduzione di Franco Pellizzari.

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Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.

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