Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Demenza e ricerca: non è solo una questione di neuroni

Giovanna Lalli'Accettare l'Alzheimer' di Hokyoung Kim

La demenza è la più grande sfida del mondo in termini di costi sociali e sanitari. In Gran Bretagna, sono previsti 1 milione di casi nel 2020 ad un costo di 26 miliardi di sterline (28,2 miliardi di Euro); entro il 2040 i costi dovrebbero raggiungere £ 55 miliardi. A livello globale, 50 milioni di persone sono colpite da una demenza e questo numero aumenterà a 152 milioni entro il 2050.


Ma, al di là delle statistiche, quasi tutti conoscono una persona che soffre di demenza. L'UK Dementia Research Institute mira a unire ricercatori, medici e scienziati nella battaglia contro questa gamma di condizioni ancora poco comprese. L'UK Dementia Research Institute (UK DRI), fondato per lavorare sul futuro della cura e della ricerca della demenza, si è impegnato a guidare uno sviluppo significativo per capire l'area enormemente complessa delle malattie neurodegenerative.


La direttrice delle questioni scientifiche di UK DRI, la dott.ssa Giovanna Lalli, spiega di più cosa motiva lei e i suoi colleghi nella lotta continua per capire perché nasce la demenza, e per sviluppare misure terapeutiche e preventive.

 

Puoi dirci di più sul tuo viaggio all'UK DRI oggi?

Sono una biologa delle cellule neuronali per formazione. Mi sono addestrata in Italia, negli Stati Uniti e poi a Londra, dove ho ottenuto il dottorato di ricerca e ho continuato come postdottorato. Ho ottenuto la docenza al King's College di Londra, dove stavo studiando le cellule staminali neuronali nel cervello dei mammiferi. Poi mi sono trasferita al Wellcome Trust dove ho supervisionato il portafoglio della neuroscienza molecolare e cellulare. Ci sono stata tre anni, anche come capo ad interim della neuroscienza e della salute mentale per dieci mesi, ed è stata un'esperienza di apprendimento incredibile. Dal lavoro in laboratorio per studiare i miei percorsi di segnalazione preferiti, improvvisamente mi sono trovata di fronte l'intero portafoglio di progetti di ricerca sulle neuroscienze. Ho dovuto adottare una prospettiva più ampia e ‘allargarmi’ molto oltre la mia zona immediata di competenza.

 

Ci puoi spiegare la visione dell'UK DRI e come stai lavorando per realizzare questa visione?

La nostra missione è condurre ricerca multidisciplinare, non solo nel morbo di Alzheimer (MA), ma nello spettro delle malattie neurodegenerative che causano la demenza. Vogliamo guidare un cambiamento radicale nel modo in cui capiamo queste malattie; per accelerare la scoperta e la fornitura di interventi per diagnosticare, trattare ed infine prevenire la demenza.

Di recente abbiamo anche aperto un nuovo centro di ricerca sull'assistenza e la tecnologia per poter avere un impatto ancora più veloce su pazienti con demenza. Stiamo prendendo slancio e il fatto che siamo in grado di attrarre giovani talenti da tutto il mondo è entusiasmante; abbiamo bisogno di pensiero fresco e nuove prospettive per affrontare questo problema.

I nostri finanziatori fondatori sono il Medical Research Council e le due maggiori no-profit della GB, Alzheimer’s Research UK e Alzheimer’s Society, che insieme hanno fatto un investimento totale di £ 290 per i primi cinque anni. Stiamo riunendo una massa critica di ricercatori eccellenti che possono catalizzare e coinvolgere il resto della ricerca sulla demenza nel Regno Unito e portare collaborazioni con il settore biofarmaceutico.

 

Stai dicendo che la collaborazione è fondamentale per andare avanti?

La collaborazione è essenziale e noi lo vediamo chiaramente all'interno dell'UK DRI, perché abbiamo sette centri in sei istituzioni, tre a Londra, e altri a Cardiff, Cambridge ed Edimburgo. Promuoviamo fortemente la collaborazione all'interno e tra i centri, ma siamo consapevoli che UK DRI non può essere una comunità chiusa; dobbiamo basarci sulla forza della ricerca e della scienza già presente nel Regno Unito e costruire ponti attraverso i confini.

 

Puoi dirci di più sulla nuova partnership tra UK DRI e Eisai?

Abbiamo recentemente completato una partnership con Eisai, con la quale stiamo lanciando un programma cofinanziato post-dottorato per identificare nuovi biomarcatori o meccanismi biologici che possono portare a obiettivi di sviluppo terapeutico. Questa partnership offre un messaggio molto importante in questo campo, soprattutto nel momento in cui molte aziende si stanno tirando fuori dalla ricerca sulla neurodegenerazione dopo il fallimento di grandi studi clinici. Abbiamo bisogno di nuovo coinvolgimento con l'industria, e questo è solo la prima delle nostre collaborazioni.

 

Fino a che punto la ricerca di base, o di laboratorio, e la ricerca clinica, che lavora con pazienti e dati, si traducono in risultati medici?

È importante avere la libertà di fare ‘blue sky research’ (ricerca aperta, senza chiari obiettivi, ricerca di base) per far avanzare la conoscenza, ma è fondamentale avere un impatto reale sulla salute umana. Ci concentriamo su meccanismi fondamentali alla base della neurodegenerazione, ma abbiamo anche ricerca clinica in corso, e vogliamo promuovere le interazioni tra i flussi di base e clinici. Un risultato positivo per noi, non è solo fare pubblicazioni molto citate, ma anche il lavoro che può portare a nuovi approcci nelle terapie, perché questo è ciò che vogliamo ottenere: modi per diagnosticare presto e forse prevenire, e anche trattare, la demenza.

 

Dove credi che vada la ricerca sulla demenza, e credi che gli obiettivi stiano cambiando?

Abbiamo nuovi metodi e tecnologie per studiare come interagiscono i tipi diversi di cellule nel cervello, come la microscopia ad alta risoluzione, il sequenziamento a cella singola, la neuroscansione di avanguardia, e le sonde speciali in grado di registrare l'attività di centinaia di neuroni contemporaneamente. Sfruttando la potenza di tutte queste tecniche, insieme alle informazioni degli studi genetici sui pazienti, possiamo capire meglio non solo come funziona il cervello, ma anche come si sviluppa la demenza.

Gli studi genetici indicano un ruolo importante della microglia, le cellule immunitarie del cervello coinvolte nella risposta alle placche amiloidi che sono una caratteristica tipica del MA. Le microglia possono essere protettive, ma alcuni studi puntano chiaramente a queste cellule come coinvolte in modo cruciale nel MA. Il cervello comprende neuroni e altri tipi di cellule, come gli astrociti, le microglia, le cellule endoteliali, e nuove direzioni di ricerca sulla neurodegenerazione stanno studiando la comunicazione tra questi tipi diversi di cellule. Genetica, immunobiologia, biologia vascolare: mettere insieme tutto questo ci fa capire meglio cosa accade nella neurodegenerazione; non è solo una questione di neuroni!

 

La ricerca sulla demenza ha benefici per altre condizioni degenerative, come la sclerosi multipla?

È molto importante non pensare in silo; stiamo indagando diversi tipi di demenza, che sono caratterizzati da stati infiammatori, da errato ripiegamento o da aggregazione di proteine ​​tossiche. Questi principi e fenomeni si trovano anche in altre condizioni degenerative. Possiamo imparare molto; comprendendo come stanno funzionando male questi processi, possiamo anche capire meglio altri tipi di condizioni.

 

Il DRI sta aiutando l'avvio di quelle conversazioni tra i diversi ricercatori?

I nostri scienziati di base sono desiderosi di saperne di più sulle manifestazioni cliniche di diversi tipi di demenza. Abbiamo scienziati clinici distribuiti in tutta la rete, molti di loro sono inseriti nei laboratori di ricerca di base, quindi ci stiamo chiedendo, "Come possiamo promuovere queste interazioni, e come possiamo sfruttare al meglio le competenze disponibili?"

Ci dovrebbe essere più dialogo tra i medici (le persone che vedono realmente i pazienti e analizzano i loro sintomi) e i ricercatori di base, che a volte sono confinati nei propri laboratori, studiando le proprie proteine. Una visione più ampia di come differiscono i pazienti e i loro sintomi può fornire indizi importanti sui meccanismi fondamentali di queste malattie. Siamo ancora abbastanza indietro nel nostro sviluppo visto che abbiamo iniziato solo nel 2017, ma vogliamo impegnarci di più con i sistemi della rete sanitaria, quindi stiamo tentando ora di raggiungere i NIHR [la Rete di Ricerca Clinica] per cercare i modi di collaborare meglio e usare i dati medico-paziente. Inoltre, abbiamo creato un gruppo di pazienti coinvolti, così che i nostri ricercatori possano raccogliere riscontri di prima mano.

 

Puoi dirci di più sul nuovo centro UK DRI all'Imperial College e sulle tecnologie per creare 'case sane' amichevoli con la demenza?

Il Care Research & Technology Centre di UK DRI è stato aperto nel mese di giugno presso l'Imperial College di Londra (ICL). Sta creando tecnologie per monitorare misure chiave correlate alla demenza, come i disturbi del sonno, l'infezione, la diagnosi in casa; filoni di ricerca che richiedono dati sostanziali del paziente.

Il centro è guidato dal prof. David Sharp dell'ICL in collaborazione con i colleghi della University of Surrey. Essi ottimizzano una serie di tecnologie in un ambiente domestico modello per studiare il modo in cui la demenza progredisce a casa. Il punto è mantenere realmente il paziente a casa, invece di mandarlo in ospedale. Svilupperanno anche un sistema AI [intelligenza artificiale] di sicurezza che permetterà di migliorare l'autonomia sanitaria prevedendo gli eventi clinici e svilupperanno dispositivi robotici in grado di monitorare e gestire l'ambiente per migliorare la sicurezza del paziente e la qualità della vita, in modo che il team clinico possa formulare un piano di assistenza sanitaria altamente personalizzato.

 

Collabori con i ricercatori d'oltreoceano?

La maggior parte dei nostri ricercatori hanno già collaborazioni con ricercatori di tutto il mondo. La Brexit potrebbe avere un effetto importante sul modo in cui la GB è in grado di attrarre ricercatori provenienti da tutta l'UE e se i nostri ricercatori saranno in grado di accedere a finanziamenti dell'UE, come quelli del Consiglio Europeo della Ricerca; non è ancora chiaro.

Mi auguro che possano essere adottate misure per continuare a consentire la collaborazione efficace e il finanziamento attraverso le frontiere con l'UE, permettendo il movimento dei ricercatori e l'accesso ai finanziamenti, altrimenti questo potrebbe avere effetti enormi sulla nostra ricerca e sulla ricerca del Regno Unito in generale.

Ho avuto interazioni con l'Alzheimer's Association e i National Institutes of Health negli Stati Uniti, che stanno cercando di spingere veramente la ricerca sulla demenza. Quando parliamo a pazienti che, a causa di mutazioni genetiche, svilupperanno la demenza precoce nella loro vita, essi dicono, "Non voglio che questo accada ai miei figli". Il contatto diretto con i pazienti apre sempre una prospettiva diversa e ci ricorda perché siamo qui e perché dobbiamo affrontare questa malattia devastante. In tutti i paesi e le popolazioni dobbiamo lavorare insieme per sconfiggere la demenza.

 

 

 


Fonte: The Good Men Project (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Interleuchina3: la molecola di segnalazione che può prevenire l'Alzheimer…

20.07.2021 | Ricerche

Una nuova ricerca su esseri umani e topi ha identificato una particolare molecola di seg...

Gli interventi non farmacologici per l'Alzheimer sono sia efficaci che co…

19.04.2023 | Ricerche

Un team guidato da ricercatori della Brown University ha usato una simulazione al computer per di...

Ecco perché alcune persone con marcatori cerebrali di Alzheimer non hanno deme…

17.08.2018 | Ricerche

Un nuovo studio condotto all'Università del Texas di Galveston ha scoperto perché alcune...

Cerca il tuo sonno ideale: troppo e troppo poco legati al declino cognitivo

28.10.2021 | Ricerche

Come tante altre cose buone della vita, il sonno fa meglio se è moderato. Uno studio plu...

La consapevolezza di perdere la memoria può svanire 2-3 anni prima della compa…

27.08.2015 | Ricerche

Le persone che svilupperanno una demenza possono cominciare a perdere la consapevolezza dei propr...

Sciogliere il Nodo Gordiano: nuove speranze nella lotta alle neurodegenerazion…

28.03.2019 | Ricerche

Con un grande passo avanti verso la ricerca di un trattamento efficace per le malattie n...

Fruttosio prodotto nel cervello può essere un meccanismo che guida l'Alzh…

29.09.2020 | Ricerche

Una nuova ricerca rilasciata dalla University of Colorado propone che il morbo di Alzhei...

Il Protocollo Bredesen: si può invertire la perdita di memoria dell'Alzhe…

16.06.2016 | Annunci & info

I risultati della risonanza magnetica quantitativa e i test neuropsicologici hanno dimostrato dei...

L'impatto del sonno su cognizione, memoria e demenza

2.03.2023 | Ricerche

Riduci i disturbi del sonno per aiutare a prevenire il deterioramento del pensiero.

"Ci...

'Ingorgo' di proteine nei neuroni legato alla neurodegenerazione

12.09.2022 | Ricerche

Un nuovo studio condotto da ricercatori dell'EPFL rivela che un complesso proteico malfunzionante pu...

Relazioni personali ricche migliorano il funzionamento del cervello

22.06.2020 | Ricerche

Come interagiscono gli individui, come si percepiscono uno con l'altro, e i pensieri e i...

I possibili collegamenti tra sonno e demenza evidenziati dagli studi

24.11.2017 | Ricerche

Caro Dottore: leggo che non dormire abbastanza può aumentare il rischio di Alzheimer. Ho avuto pr...

Zen e mitocondri: il macchinario della morte rende più sana la vita

20.11.2023 | Ricerche

Sebbene tutti noi aspiriamo a una vita lunga, ciò che è più ambito è un lungo periodo di...

Meccanismo neuroprotettivo alterato dai geni di rischio dell'Alzheimer

11.01.2022 | Ricerche

Il cervello ha un meccanismo naturale di protezione contro il morbo di Alzheimer (MA), e...

Studio dimostra il ruolo dei batteri intestinali nelle neurodegenerazioni

7.10.2016 | Ricerche

L'Alzheimer (AD), il Parkinson (PD) e la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) sono tutte ...

Pensaci: tenere attivo il cervello può ritardare l'Alzheimer di 5 anni

21.07.2021 | Ricerche

Mantenere il cervello attivo in vecchiaia è sempre stata un'idea intelligente, ma un nuo...

Ritmi cerebrali non sincronizzati nel sonno fanno dimenticare gli anziani

18.12.2017 | Ricerche

Come l'oscillazione della racchetta da tennis durante il lancio della palla per servire un ace, l...

I ricordi potrebbero essere conservati nelle membrane dei tuoi neuroni

18.05.2023 | Ricerche

Il cervello è responsabile del controllo della maggior parte delle attività del corpo; l...

Il ruolo sorprendente delle cellule immunitarie del cervello

21.12.2020 | Ricerche

Una parte importante del sistema immunitario del cervello, le cellule chiamate microglia...

Variante della proteina che causa l'Alzheimer protegge dalla malattia

15.02.2021 | Ricerche

Le scoperte di un nuovo studio sul morbo di Alzheimer (MA), guidato da ricercatori dell...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)